martedì 20 agosto 2024

DISTINTA E DISTANTE. Cammino verso la scoperchianza

M'incammino per le vie del mio Paese. È possibile penetrare il senso dei luoghi, concependo anche l’essere umano come ‘luogo nel luogo’. Mi trovo a decifrare, e a non confondere, le voci di quanti hanno vissuto la sapienza contadina, da altri che, come gattopardi, abusano, e anche politicamente, i luoghi, con la menzogna e disservizi. Distinguo sguardi limpidi da sguardi torbidi che si incrociano, è l'agire improprio, reiterato, a produrre danno. Trovo disgregazione e indifferenza, che ha generato una paralisi sociale imbevuta di egoismi intrisi di non senso. Rifletto sul come sia stato possibile avallare, e ancora perorare la pubblica ignoranza, l'inviluppo, l’ignomia del Paese, servendosi di ruoli pubblici e, con malsana azione, di figure mediocri, rendendo un territorio luogo di disastro morale, di relativismo, fluidità sociale, dimora dei cettola. Poi rifletto: se non fossero stati mediocri, pantalone, che cerca sempre suoi simili su cui contare, secondo testo e contesto, non li avrebbe scelti.

Bisogna, però, fare i conti con la storia, affrontare le ragioni delle proprie radici, scardinare vacuità, sodalità promiscua, non chiudere gli occhi alla verità, con l’arroganza o la pretesa del silenzio, imponendo la perversione di togliere giustizia, senso del sacro, libertà. Al contempo, di una Chiesa connivente alla menzogna anche Dio se ne guarda bene, e sta distante, e non certo per paura ma per giusto ritegno spirituale e morale.
Ed è risaputo: il male è stupido, ignorante, non ha fantasia, è fluido, cerca la massa belante. Si fa vittima. Ripetitivo nelle sue nefandezze, incarna la menzogna, confonde, ha come unico fine il proprio interesse. Con il male non si dialoga. Punto!!! 

Nell'incedere dei miei passi, colpisce stridente il rumore di un silenzio ipocrita, che inquieta. All’imbrunire la luce fioca diventa delicata, una leggera brezza carezza il viso, rapisce lo sguardo. Ne subisco il fascino e mi lascio turbare dal suo incanto. Seguo tracce della storia, le attraverso, calzo orme della semplicità bella del passato, di quel popolo fatto di lavoro, sacrificio, sembra ancora di udire suoni di zoccoli che percorrono mulattiere, profumo di sudore grondante da fatiche di contadini fieri, odore di onestà, mondo di sistemi diversi ma con il senso del rispetto e non dell'indifferenza. Nel seguire tracce di genuinità, scorgo l’antitesi: non incontro coscienze vigili, trovo voragine di ignoranza resa museo, mummie statiche ingessate di dissacrante arretratezza, falsi miti da idolatrare per ingrassare piatti incrostati, servi scrivani, bulli sgrammaticati costringenti il naturale fluire dell’esistenza libera. E si affrettano -malamente- ad accentuare apparenze, fumo negli occhi di cui la gente per bene non tollera più l'acre odore. Percepisco presenze ammucchiate a fornicare nel puzzo di vicoli deserti, ombre ostili, servi del male che del male stesso si nutrono, incuranti dei disastri che seminano. 

Un richiamo al coraggio soggiunge a scuotere il mio incedere per, e ancora, preservare quanto già da tempo produco: verità, e che da sempre manifesto: dignità! Focalizzai che quello che stavo camminando, in quei vicoli, in quelle strade che mi avevano visto crescere, era il racconto dolente di una storia locale resa spoglia di memoria etica, tutta da riscrivere, e l’unico strumento valido, credibile, poteva essere la Cultura, via di speranza, il cui esclusivo fine è edificare alla conoscenza, che innova e sprona a un’azione cattolica democratica, poiché chi per e in nome del Popolo avrebbe dovuto agire, di certo popolo minore, invece, se ne è servito e si serve per avallare menzogna, nefasto male del territorio di Calabria. Una politica matura sa che quando vengono poste questioni, le stesse si devono affrontare.

Come l’errante che cerca se stesso, mi sono trovata a fissare il ricordo di amenità assiologiche, quei valori che rendevano la comunità una Comunità, semplice e genuina. L'ho trovata sfruttata da laute mediocrità incapaci di affrontare interazione, con la supponenza però di imporre impotenza frustrata, propria di un settarismo atavico. La storia reale del luogo disvela un disastro morale, le ombre dei vicoli assumono forme innaturali che rantolando sguazzano bavosi nel puzzo di spaccio ciarliero, immonda fluidità a sazio mascherato di solidarietà. 

Ed ecco, mi imbatto nella scoperchianza: con l'operosità libera della sana Cultura, mi trovo a scoprire, a togliere il coperchio a un pentolone ricolmo di brodaglia ingannevole, il cui odore disgustoso palesa il marcio di un territorio abusato.

Riprendo il cammino per le vie del mio Paese, procedo libera, Distinta e Distante dall'inculturazione. È scesa la notte, la strada si illumina di luna, dal suo chiarore mi lascio inondare per più ancora capire. E mentre il rumore del silenzio inquieta il domani, sento vivido l'orgoglio, fiera di non far parte di un mondo privo di dignità, in cui non è dato sapere, ma si esige, con sciatta stoltezza politica, di non fare il proprio dovere intellettuale. 

Nasco libera e vivo dignità, gustando la pura luce del mattino, sorgiva di splendore, consapevole che la potenza della Cultura sana ha già cambiato storie del territorio di Cirò, surclassato dalla visione umana, innovatrice, di un'anima profonda. 
Maria Francesca Carnea

* Incipit tratto da Romanzo storico "DISTINTA E DISTANTE. Cammino verso la scoperchianza" (MFCarnea). 


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