Nell’eremo benedettino di Camaldoli, nel 1943, dal 18 al 24 luglio, si ritrovarono intellettuali cattolici, mossi da un concreto sentimento politico. Il cattolicesimo italiano fu capace di tradurre in realtà l’anima politica, redigendo un documento che gettò le basi della democrazia moderna, la cui stesura permise di mettere sul tavolo le idee che poi avrebbero portato alla Costituzione Italiana. Era un tempo di grande tormento sociale, un tempo assai delicato, oppresso dal regime fascista di Benito Mussolini, e occorreva pensare al futuro dell’Italia. S. Ecc. Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, in quel tempo era nella segreteria di Stato vaticana, fu fautore dell’incontro di Camaldoli. Dopo la stesura nel 1943, il Codice di Camaldoli uscì nel 1945. Sette i punti fondamentali: Stato, Famiglia, Educazione, Lavoro, Produzione e scambio, Attività economica, Vita internazionale.
Ma chi erano questi temerari pensatori di costrutto, di azione cattolica, figli di un sentimento di costruzione politica e di liberazione sociale, attenti al senso di Bene Comune e all’armonia sociale dell’Italia?
Presso l’eremo di Camaldoli si riunì, per una settimana, un gruppo di studiosi. Al Movimento Laureati di Azione Cattolica, fondato nel 1932-33 da Igino Righetti, già presidente della FUCI, con l’impulso, appunto, dell’assistente Giovanni Battista Montini, appartengono gran parte della cinquantina di studiosi riuniti nella settimana di studio 18-23 luglio 1943, coordinati dal vescovo di Bergamo, e assistente dei Laureati, mons. Adriano Bernareggi. Tra essi Giuseppe Dossetti, Mario Ferrari Aggradi, Guido Gonella, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Gesualdo Nosengo, Giulio Andreotti, Giuseppe Capograssi, Paolo Emilio Taviani, Ezio Vanoni. Il documento trae ispirazione da: Tommaso d’Aquino, Politicorum, Ethicorum, Summa theologiae; Atti degli Apostoli 4,20; Paolo di Tarso, Romani 12,1-13,5; Leone XIII, Rerum novarum; Pio XI, Mit brennender Sorge; Pio XII, radiomessaggio alla vigilia del Santo Natale 1942. La redazione definitiva si deve alle cure di Sergio Paronetto, a Pasquale Saraceno, che provvide al coordinamento di tutto il materiale, a Gesualdo Nosengo, Ludovico Montini, Ezio Vanoni. In una nota a piè di pagina, la Presentazione elenca coloro che variamente hanno contribuito alla redazione del testo, o sono stati consultati su argomenti specifici. La lista non può oggi non colpirci: da Giuseppe Capograssi a Vittore Branca, da Ferruccio Pergolesi a Guido Gonella, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Paolo Emilio Taviani, ai teologi Carlo Boyer, Angelo Brucculeri, Carlo Colombo. Il Codice di Camaldoli, in linea con il magistero della Chiesa, è un condensato di enunciati che muovono, innanzitutto, dal superamento del corporativismo. I due pilastri sono costituiti da ‘il bene comune’ e ‘l’armonia sociale’, due fari che devono guidare l’azione politica e sociale dei cattolici. Si diede vita,così, a una sorta di Carta dei principi che influenzerà la scrittura della Costituzione e le scelte di politica economica e sociale della Democrazia Cristiana.
Gli amici cattolici del cenobio di Camaldoli sentirono il bisogno di superare l’inquieto offuscamento da cui era avvolto l’incombente domani italiano, preanunciante il crollo del regime fascista e l’avvicinarsi della fine della guerra. Nonostante i Patti Lateranensi del 1929, il rapporto fra regime e cattolici fu attraversato da gravi tensioni: il 15 luglio, tre giorni prima dell’inizio dei lavori, Giorgio La Pira inizia in clandestinità le pubblicazioni del periodico ‘San Marco’, subito soppresso dal regime. Il giorno dopo l’inizio dei lavori, il 19 luglio, gli Alleati angloamericani bombardano per la prima volta Roma, colpendo particolarmente il rione di San Lorenzo e il 13 agosto la zona di San Giovanni in Laterano-Prenestino-Tuscolano. In entrambe le occasioni Pio XII accorre tra i romani. Il 24-25 luglio il Gran Consiglio del fascismo destituisce Benito Mussolini. Le bombe portano a un’accelerazione dei lavori. L’armistizio dell’8 settembre 1943, l’invasione tedesca dell’Italia e la Resistenza spezzano la Penisola in due e impediscono agli amici cattolici di ritrovarsi per la versione definitiva del Codice di Camaldoli, che appare nel 1945 sulla rivista degli universitari cattolici. Erano riusciti in appena una settimana a stilare un programma per la rinascita dell’Italia dalle macerie della guerra, e della prepotenza immonda dei fascisti, ridisegnano un modello di ordine sociale intriso di vita nuova. Pensarono d’anticipo sul cosa ne sarebbe stato dell’Italia, sul come il Popolo italiano si sarebbe potuto riprendere, determinando, con impegno intellettuale e spirituale, i capisaldi valoriali che costituirono e costituiscono fortezza di aggregazione sociale, culturale. Era necessario riflettere sul come si sarebbe dovuto costruire e ricostruire, soppesando speranza e incertezza, ardimento e inquietudine. Formularono idee, riflessioni di costrutto, capacità proprie di una politica che ha creduto nel servizio al bene comune, non spogliandosi del senso del sacro, piuttosto lasciandosi da questo motivare, con sentimento fermo di fortezza, nutrendo un’azione concreta, coerente. L’intento pregevole fu quello di nutrire queste idee non limitandosi al gruppo di studiosi amici, piuttosto favorire un agire cristianamente orientato, radicandolo sempre di più nella società.
È dell’anima politica del Codice di Camaldoli che oggi abbiamo bisogno, a quel sentimento occorre ripensare e così ritrovare la consapevolezza che la politica è una cosa seria, fatta per persone serie, che hanno a cuore il bene comune, capaci di mettere al centro dell’interesse politico la Persona. La Cultura Cattolica può, anche oggi, farsi pietra d’angolo di una visione e di un’azione politica ispirata, avviare una nuova stagione di rinnovamento. Sussiste un vasto campo di lavoro per i cattolici, aggregazioni, associazioni, movimenti, soprattutto in questo tempo in cui gli effetti della secolarizzazione si mescolano alle pericolose spinte relativiste, fluide, che rende la società sempre più illiberale, innaturale, disarmonica, priva di giustizia sociale, orfana di senso del sacro. Ieri come oggi necessita sentire, urgente, il tumulto morale dei cattolici. Certo i tempi sono diversi, non viviamo il tempo del fascismo, ma forse viviamo ancora nostalgie, autarchie, prepotenze che non rendono alla società civile italiana una giustizia sociale equa e libera. Occorre rilanciare, con lo spirito di Camaldoli, l’azione politica dei cattolici.
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