domenica 6 agosto 2023

VALORE INALIENABILE DELLA DIGNITÀ E DELLA LIBERTÀ

Che sia la Persona a fare il ruolo, e non il ruolo a fare la persona è concetto che sovente sostengo. In Nudità dell’Essere svesto il pensiero filosofico, politico, sociologico, etico, spirituale, lasciandolo emergere nella sua compiutezza, e argomento soprattutto sul dato che per le cose comuni, nell’amministrazione della cosa pubblica, basta un delegato mediocre; per le cose straordinarie, invece, è opportuno un Politico straordinario, in cui abiti la consapevolezza del bonum facere. Per mutare sistemi settari, tossici, infruttuosi allo sviluppo in Calabria, e nel nostro territorio in particolare, occorre il coraggio di un linguaggio chiaro, che non fa da sponda a particolarismi, al fine di spronare le coscienze al radicale mutamento socio-politico, coscienza nel senso inteso da Tommaso d’Aquino, e cioè conoscenza, che implica sapere.

Perciocchè, quale scuola, istituto, Chiesa non apre orizzonti alla sana conoscenza ma permette formazione di scarso approfondimento, soprattutto del territorio? Quale genitore, se non è in sè degenerato, vuole che il proprio figlio venga indottrinato all’insignificanza, al relativismo o alla superficialità? E cosa vi è di sano allorquando è il genitore a indottrinare al malsano sapere, al favoritismo clientelare, il cui deprecabile uso immorale, di insulto al fare Politico e alla meritocrazia, cagiona danni per altri? Quale comitato che si affaccenda come promotore di santi, tralascia di conoscerne storia, usandoli a mera raccolta fondi per baldanza festaiola? Chi è che prezzola i giornalai compiacenti per scrivere castronerie e divulgarle come nauseante spazzatura a danno di sana informazione e credibilità del territorio, già segnato dalla mala pianta della 'ndrangheta? E ancora: comitati, associazioni di promozione sociale, incluse proloco, le cui finalità comportano il ‘fare’ pro valorizzazione del territorio, sensibilizzando comunità e che, provvisti di sentimento ‘altruistico’, si costituiscono con lo scopo di svolgere attività di utilità, promozione e sviluppo socio-culturale, queste realtà, dedite al sociale, possono operare a nocumento di verità del territorio, favorendo fazioni similpolitiche, imbarazzanti per iniziative di marketing ingannevole, e per questo riceverne patrocinio, e/o assegnazione di sostegni economici? Il marketing ingannevole è rispondente alle esigenze delle comunità locali unitamente all’inganno verso i propri compaesani? Che sistema è, e come si definiscono coloro che beneficano comitati, associazioni, giornalai e soggetti legati da vincoli di parentela o affinità con componenti di giunta e consiglio?! È ancora una democrazia rappresentativa quella che amministra con pericolosa permalosità la cosa pubblica? E a Cirò che tipo di sistema socio-politico vige?! Cosa è in gioco? L’efferatezza di una realtà svilita di senno, di capacità critica, e avvezza al servilismo? Si è ancora liberi, e di esprimere autonomamente pensiero critico? A Cirò si crede davvero di disporre della cosa pubblica, o della Chiesa e sue questioni, cercando di silenziare, intimorire, non tenendo conto della presenza di chi ne evidenzia malefatte?! Certo i tiepidi esistono, tuttavia, e anche a Cirò, esistono le persone che reagiscono, che investono sul valore della dignità, della libertà e la alimentano cercando il giusto della verità.

Mi torna in mente il Grande Inquisitore poema inserito nel romanzo “I fratelli Karamazov” di F. Dostoevskij. Il motivo conduttore è il libero arbitrio e la capacità di discernere il bene dal male. Nella leggenda, raccontata dall’ateo Ivan Karamazov al fratello Aloşa, Gesù riappare sulla terra a Siviglia, ai tempi della Santa Inquisizione, e viene imprigionato come eretico. Il Grande Inquisitore si reca da lui nella notte, e lo apostrofa ampiamente sul problema del valore della libertà per l’uomo. Alla libertà, dono ‘terribile’ che Dio ha voluto fare agli uomini, il Grande Inquisitore oppone il miracolo, il mistero e l’autorità. Una “correzione” dell’opera divina, più confacente agli uomini deboli, tiepidi, quelli che non “hanno la forza di disprezzare il pane terreno per quello celeste”. La società del Grande Inquisitore è una società saldamente gerarchizzata dove l’apice -‘burattinaio’- si prende la responsabilità di scegliere cosa è giusto o sbagliato, di condannare o assolvere. Una società talmente diseguale, squilibrata, da far paura, e in cui il Grande Inquisitore è l’incarnazione di un pessimismo della ragione, privo di speranze. Tuttavia esiste una speranza, la troviamo al termine della leggenda: Gesù non risponde alle accuse e minacce dell’inquisitore che ha ascoltato fino in fondo e in silenzio, ma inaspettatamente si alza e lo bacia dolcemente, come a suggerire nell’amore la risposta, la terza via.

Non c’è alcun male a esigere conoscenza, è un dovere morale darne. Fu H. Arendt a parlare di ‘banalità del male’ e di come l’uomo privo di pensiero si limitasse a mettere in pratica gli ordini ricevuti, caratterizzati dalla negazione della realtà effettiva. La lontananza dalla realtà e la mancanza di coscienza rappresentano, tuttora, i pericoli potenziali e i presupposti dell’autocrazia. Il filosofo G. Marcel ha lanciato una sfida all’essere umano dimostrando come spesso gli uomini dimenticano il loro essere, poiché troppo preoccupati di dominare e di avere le cose del mondo, di ricoprire ruoli che non gli competono. In realtà è all’essere che spetta la supremazia sull’avere. Uno vale per ciò che è e non per ciò che ha. La dignità, dunque, attiene alla sfera dell’essere più che dell’avere e l’uomo si rende degno conquistando la verità, dominando la materia nella misura in cui può plasmarla, in modo da lasciare la sua impronta nel mondo e, soprattutto, compiendo le sue azioni con libertà, orientandole al bene.

Affinando concetto: per ogni filosofo il giusto pensare ha l’esigenza dell’infinità, ma spesso ciò è avversato, dicendola con F. Nietzsche, da piccoli cervelli di miseri esseri umani fugacemente viventi. La modernità, infatti, impatta con l’ebbrezza del vortice dionisiaco irresistibile, con l’eccitazione narcotica e lo scatenamento degli impulsi, quelli più bassi. Nella visione del mondo dionisiaco si anticipano le intuizioni de ‘La nascita della tragedia’, ed è presentimento riferito ai limiti umani che conducono, inesorabilmente, alla narcotizzazione dell’ammonimento apollineo, il gnòhi seautòn: conosci te stesso. L’eccesso dionisiaco, infatti, si svela come dato straripante: l’estasi dionisiaca approda a perdersi nella inconcludente insensatezza dell’ebbrezza e del disgusto. Ne consegue che dai cinocefali dionisiaci occorre stare distanti e rimanerne distinti, poiché il pensiero libero, come aquila in volo, nella sua esigente ricerca di infinità, diventa faro di edificazione umana.

È in questa dimensione che la cultura rimane indispensabile forma e forza di lungimiranza, capace di rivoluzionare, schiodare sistemi tossici atti a cercare di intimare, silenziare, e che vorrebbero proiettare al fine vita. Sì, urge scardinare uno status quo moralmente invivibile, quanto eticamente inaccettabile, espressione del niente mischiato con il nulla. Sfido chiunque a sostenere che indici di mediocrità culturale rientrino nella concezione politica 'adulta' di cura e attenzione al Bene della propria gente e territorio. La libertà esiste in quanto la si esercita attraverso il pensiero e l’azione. Per essere liberi occorrono impegno e fatica, è questo a donare consapevolezza e innovate prospettive in cui ad emergere è il valore inalienabile della dignità e della libertà.

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