giovedì 9 febbraio 2012

Congiunture: Bellezza e Amicizia in San Tommaso d’Aquino



È ancora ragionevole tendere a queste peculiarità, si può nella società attuale pensarli sussistenti? 
Proviamo a dare una risposta grazie alle sollecitazione cui l’Aquinate ci conduce.

La bellezza, fino al Medioevo, tempo fecondo e produttivo per la Cultura, è intesa come consonantia et claritas, armonia e luce. San Tommaso con la sua celebre affermazione “Pulchrum est quod visum placet” (S. Th., I, q. 5, a. 4, ad 1um) indica che del bello conta l’apprensione e il diletto: il bello è “gradevole alla conoscenza” (S. Th., II-II, q. 27, a. 1, ad 3um), perché il bello richiede di essere “conosciuto”, proprio come l’Amico nell’Amicizia.  

La bellezza, quindi, intrattiene un particolare rapporto con la vista, e con ciò che si contempla con interesse: l’intelligenza è attratta dal bello quando la verità si presenta con chiarezza e armonia di pensiero; come anche bellezza si riscontra nella vita contemplativa, nella quale la luce interiore è l’habitus nel quale dispone in armonia le sue proporzioni.

Un'opera d'arte, quale potrebbe essere la persona in sé, contribuisce e aiuta l'uomo nel suo perfezionamento, tuttavia può anche distoglierlo. Pertanto vi è un bello "formale", che si ferma alla sola bellezza, e un bello "integrale", che partecipa, nello stesso tempo, e della bellezza e del bene. L’esercizio etico dell’osservare, liberato dal sedimento mondano, è perfino atto estetico di purificazione. C’è qualcosa di mistico nella trasformazione fenomenologica, che è ben altro di una tecnica, di un gesto esteriore. Configura, infatti, l’operare di uno sguardo genuino nel mondo al punto da restituircelo come se si vedesse per la prima volta e, incessantemente, ci chiama a consegnarci a esso. Il dispiegarsi della vita estetica si forgia nella natura del bene rappresentato e vissuto. Lo sguardo genuino sul mondo è, pertanto, l’apertura all’ammirazione, bellezza in armonia e luce, attraverso cui il dinamismo della realtà appare nella sua essenzialità e semplicità, come carne viva in un corpo vivo, ardimento del bello in un’anima intrisa di bellezza, proprio come l’Amico nell’Amicizia.  

Come cogliere la congiuntura con l’amicizia?

Secondo San Tommaso l’amicizia consiste essenzialmente in un amore scambievole tra simili: è un rapportarsi ad altri come a se stessi. “L’amore col quale uno ama se stesso è forma e radice dell’amicizia: abbiamo, infatti, amicizia per gli altri in quanto ci comportiamo con loro come verso noi stessi” (S. Th., II-II, q. 24, a. 4).
L’amor amicitiae è benevolenza e dono: la benevolenza consiste nel volere il bene; il dono è la dedizione all’amato e ogni dono diventa impegno. Al dono segue l’unione affettiva, la reciprocità dei sentimenti. Il bene dell’altro diventa il bene proprio e il bene proprio diventa il bene dell’altro. L’amor amicitiae è vero amore dell’altra persona, perché amo l’amato senza desiderare un vantaggio per me, senza volerci ‘guadagnare’ nulla.
L’amor amicitiae, pertanto, riprende attivamente la gratuità, la generosità, che si trova nel primo momento dell’amore, l’amore come bellezza di armonia e luce nella reciprocità dei sentimenti.

Va ripristinato, quindi, il circolo virtuoso per cui soggetto conoscente e oggetto conosciuto non si separino come termini e terreni contrapposti. Ci insegna il Dottore Angelico che La contemplazione di Dio è la felicità degli uomini”. Si tratta, in pratica, d’imparare a essere persone felici in questa vita, penetrando la realtà di tutti i giorni con lo sguardo rivolto alla trascendenza, quindi alla bellezza e all’amicizia nel Bene.
Ergo: afferriamo la congiuntura!
 

[Foto: Picasso, Amicizia] 

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