Si sente sempre più spesso parlare di responsabilità
sociale e di comunicazione sociale,
cosa s’intende?
Effettivamente, il panorama della comunicazione
sociale è multiforme, notevolmente variegato nelle sue peculiarità e propaggini.
C’è un fattore comune?
Certo, ci sono (o ci dovrebbero essere) elementi di
carattere pedagogico-informativo e l’obiettivo di sensibilizzare al
rispetto di un determinato aspetto, al fine di trovare modalità per agire su di
esso e migliorarlo. L’intento è di rendere reattiva la collettività
rispetto agli effetti dannosi di determinati comportamenti. Così è stato
per l’ecologia o, più recentemente, per le politiche di accoglienza. Bastano
questi esempi per comprendere che dentro la comunicazione sociale albergano attività che promuovono
valori o benefici.
A cosa serve la comunicazione
sociale?
È evidente che la comunicazione sociale è il
modello di comunicazione del terzo settore, ma è molto presente in istituzioni,
regioni, comuni, associazioni non profit, come anche imprese private che
attuano iniziative di carattere sociale e non direttamente orientate a un
profitto economico.
Come si colloca la comunicazione
sociale al servizio di questi valori?
Per me, la cura del bello espressivo, della parola
pensata a servizio della verità e delle vicende storiche, nei diversi ambiti
culturali e sociali, toccano il cammino e la vita dell’uomo, da cui non può
astrarsi il pensiero e la ricerca scientifica, che sono la mia specializzazione
professionale, nemmeno possono astrarsi le aziende e le imprese, le diverse
tipologie applicative dei media, il mondo dell’economia in genere.
C’è più idealismo o scienza nella comunicazione sociale?
Formazione e informazione scientifica crescono
insieme. Gli obiettivi dell’offerta comunicativa puntano a valorizzare “il
soggetto promotore”, fidelizzando l’ambito di competenza operativa proprio sulle
affinità intellettuali, avvalendosi del rapporto tra linguaggio e immagine che,
nella comunicazione, ha una storia antichissima.
La comunicazione
sociale è diffusa in Italia?
Certo, anche se non ha espresso ancora tutte le sue
potenzialità. Infatti innumerevoli novità si collegano a svariati temi del
quotidiano vissuto, della scienza intellettuale e dell’informazione culturale.
Nella comunicazione è la risposta esaustiva, testante veridicità propositiva,
di molti settori della cultura, con novità di linguaggio comunicativo che
coinvolgono Università, Istituti formativi, Centri di Ricerca.
Come si caratterizza la tua attività di comunicatore sociale?
Il proposito fondamentale della mia comunicazione
sociale racchiude un fine di costrutto operativo univoco, capace di individuare
i punti focali per una cooperazione produttiva, congrua, valente esortazione
per un percorso favorevole di crescita e affermazione. Partendo dalla Comunione
d’intenti si arriva all'Azione e quindi all'attivazione di una programmazione
su più fronti della produttività imprenditoriale, la cui efficacia sociale si
presenta, pertanto, trasparente oltre che coesa.
Non è difficile coniugare idealismo e prassi professionale?
Non proprio, perché seleziono accuratamente le
proposte di cui occuparmi. Personalmente, credo fermamente che una buona
comunicazione diventi strategica per progettare con coerente filosofia di
pensiero, una meta comunicativa di persistente impegno solidale, sviluppando la
base delle risorse, sia umane sia economiche, testimoniando così autenticità.
Questo tipo di comunicazione si caratterizza per la sua vocazione civile e
sociale, per il fatto di collegarsi a temi vicini al benessere collettivo,
capace di sensibilizzare l’opinione pubblica nell'affrontare quesiti di
carattere e interesse sociale, partendo dal mutamento, contestuale
miglioramento di atteggiamenti e comportamenti degli individui e dei gruppi
sociali. La comunicativa diviene perciò elemento considerevole,
aggregante, poiché espressione di una comunicazione responsabile, attraverso
cui l’impegno etico al sociale aderisce e si consolida in operosità
produttiva.