Nell’insensato esercizio della forza verbale e armata non si fa altro che seminare odio. Occorre fermarsi, eccidi non si assecondano, poiché, asseriva Dyre, se il possesso mette catene ai polsi, l’appartenenza mette radici nell’anima. E dell’appartenenza occorre farsi portatori sani, è un’appartenenza che accomuna alla stessa radice. La similpolitica, incapace, rovina ogni rapporto che trae origine dallo stesso innesto. È nel dialogo la risposta per gli Stati che anelano riconoscimento dovuto. Quando non si affrontano i problemi, seppelliti nel sonno della negligenza avrebbe detto Caterina da Siena, si ripresentano i nodi più cruenti di prima, e continua il sangue innocente a scorrere. Deponete le armi, fermate il fuoco: i Popoli sono stanchi dell’inadeguatezza dei politici, cui unico fine è lo scriteriato potere da brandire, da esercitare con le armi, dimentichi della salvaguardia dei diritti umani e di una storia sacra che ci accomuna.
Fermatevi, una terra grondante sangue non è una conquista, è un cimitero di innocenti. E la terra non deve seppellire i suoi figli per cause legate all’incapacità di trovare un accordo, la pace non è una parola, È UNO STATO, e deve partire dal cognoscimento di sé!
Fermati ISRAELE, ritorna a amare la Terra Santa, ricorda la tua radice: il Patriarca ABRAMO fu Capostipite delle religioni monoteiste perché dalla sua discendenza nascono con Ismaele i Popoli Arabi, e con Isacco le dodici tribù di Israele. E di terra ce n’è abbastanza per tutti! Siamo figli dello stesso padre: Abramo è il Patriarca dell’Ebraismo, del Cristianesimo, dell’Islam. Il Signore lo rese padre di una moltitudine di popoli (Gn 17,5).
La Torah riporta Abramo nativo di Ur dei Caldei, una città dell’area babilonese nell'odierno IRAQ. Abramo visse in una società in cui l'uomo non era mai stato considerato come il creatore del proprio destino, l'uomo era un ingranaggio senza volto in un complesso meccanismo sociale. Se, per qualche motivo, rompevi con il vecchio ambiente, diventavi un emarginato. Ma Abramo ruppe, e deliberatamente, tutti i legami, egli seguì Dio.
Abraham discende dalla genealogia di Shem, primo figlio di Noè. Shem ebbe cinque figli, e Abramo discende da Arpacsad, terzo figlio di Shem che, nel Libro dei Giubilei è considerato il fondatore della città mesopotamica di Ur dei Caldei, "Ur Kaśdim", città sumera sulla sponda meridionale dell'Eufrate.
Noè ebbe tre figli: da Shem discesero i Semiti, da Cam discesero i Camiti, che popolarono l'Africa, e da Jafet gli Europei. Guillaume Postel, nel XVI sec. propose di rinominare l'Europa con Iapezia, in quanto terra dei discendenti di Jafet. La proposta serviva a sostituire la dedica pagana a Europa, figura della mitologia greca. Ed è opzione, a mio avviso, su cui riflettere, se non altro per includerne comune radice che non ha nel sangue confini o delimitazioni.
Al tempo di Abramo, circa 2000 anni a. C., la nazione di Israele non esisteva neppure. È da Abramo, tramite suo figlio Isacco, che Dio trasse il suo Popolo. Troviamo quindi la traccia del piano di Dio in questa discendenza: Adamo (Gn 5:1); Set (Gn 5:4); Noè (Gn 5:29,32); Shem (Gn 11:10); Abraamo (Gn 11:27); Isacco (Gn 21:3); Popolo di Israele; Gesù (Mt 1:1-18; Lc 3:23-38).
Tutto, dunque, parte da un uomo chiamato Abramo e in seguito Abraamo. Costui era figlio di Tera (Gn 11:26) ed era nativo della città caldea di Ur, nel paese di Sinar, presso l’attuale confluenza del Tigri e dell’Eufrate, nell’attuale Iraq. Ur si trovava circa 240 km a sud-est della Babilonia. Era una città imbevuta di idolatria babilonese e dedita al culto del suo protettore, il dio-luna Sin (Gs 24:2,14,15). La famiglia stessa di Abramo era dedita all’idolatria. Tuttavia Abraamo dimostrò di essere un uomo che aveva fede nel vero unico Dio, come i suoi antenati Shem e Noè.
Mentre Abramo viveva ancora ad Ur – “Mentr’egli era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran” (At 7:2) – Dio gli comandò di trasferirsi in un paese per lui straniero, lasciandosi dietro amici e parenti. “Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava” (Eb 11:8).
Quando Abramo ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: ‘Io sono il Dio onnipotente; cammina alla mia presenza e sii integro; non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abraamo, poiché io ti costituisco padre di una moltitudine di nazioni. Ti farò moltiplicare grandemente, ti farò divenire nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. A te e alla tua discendenza dopo di te darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan [la Palestina], in possesso perenne; e sarò loro Dio”. (Gn17:1-8).
Dio aveva quindi rivolto la sua attenzione ad un uomo di fede, l’unico che Dio ha chiamato “l’amico mio” (Is 41:8). Fu con quest’uomo, Abraamo, che Dio fece un patto che valeva anche per la sua discendenza. Ecco allora che alla luce di tutto ciò diventa più chiaro il passo di Is 41:8, citato: “Tu, Israele, che io ho scelto, discendenza di Abraamo, l’amico mio”.
ATTENZIONE: Dio non si scelse un popolo fra gli altri popoli, lo creò.
Sono i discendenti di Abraamo, che passano per Isacco, ad essere chiamati ebrei. La prima volta che compare nella Bibbia, il nome “ebreo” è applicato proprio ad Abraamo: “Abramo, l’Ebreo (Gn 14:13). Il nome deriva da Eber, pronipote di Shem e antenato di Abraamo (Gn 11:10-26). Gn10:21 definisce Shem “padre di tutti i figli di Eber”. Nm 24:24 profetizza “piegheranno Eber”, questo denota che una certa popolazione sarebbe stata chiamata così, dato che il nome Eber è qui patronimico, ovvero un nome che indica la discendenza paterna, maniera comune nella Bibbia per indicare una popolazione. Il patronimico collega gli israeliti a una delle famiglie discese da Noè. (Gn10:1-32). Il termine “ebreo” si applica in maniera specifica agli israeliti. La promessa divina fatta ad Abraamo passò a suo figlio Isacco e poi a Giacobbe figlio di Isacco e nipote di Abraamo. Il nome di Giacobbe fu cambiato da Dio in “ISRAELE”: “Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele” (Gn 32:28).
La bellezza di questo percorso NON PUÒ ESSERE DIMENTICATO, deve aprire cuori, fratellanza deve saper emergere. Abramo è stato benedetto e con lui la sua discendenza: Ebraismo, Cristianesimo, Islam. Quanto di grave succede in questo tempo di guerra, soffoca i Popoli e nulla ha a che vedere con la vita donata e voluta da Dio. Il male del conflitto va debellato e i Popoli necessitano di ritrovarsi nell’appartenenza comune.
FERMATI ISRAELE, i fratelli Palestinesi sono figli dello stesso Padre tuo, ABRAMO! Basta politica becera e terrorismo interessato alla morte dei fratelli. Il Popolo esiga il giusto e non un’insana politica, Netanyahu sembra sordo al cuore della sua origine, non sceglie il dialogo, bene ricercato della pace, ma opera con lo stesso terrorismo che offusca e conduce al seme dell’odio. La tua radice Israele è legata alla vita, amala!
Rimanga accesa la Menorah, continui come rovo ardente a fare sentire la voce di Dio alle menti che seminano sangue innocente, cercando vendetta, sia la Sua luce fonte di speranza. Si faccia tesoro della propria origine arginando il male della morte che condiziona la vita dei giusti. Si fermi una guerra fratricida che i Popoli non vogliono. Abramo ruppe e deliberatamente tutti i legami, egli seguì Dio. Seguite il Patriarca, Popoli della Terra Santa, poiché se il possesso mette catene ai polsi, generando ingiustizie, l’appartenenza mette radici nell’anima e dona quella speranza di pace che è vita.
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