lunedì 23 ottobre 2023

S. Nicodemo da Sikròs, e l’indotta questione socio-politica avversa alla verità storica

La sollecitudine con cui l’Ulisse di Dante - nel verso 119 del canto 26 dell’Inferno, chiede ai propri compagni di pensare alla propria origine, e li sprona con l’espressione: “Considerate la vostra semenza; fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”, mi sembra opportuno ìncipit con cui addentrarci nel tema che andremo a esaminare. La forza poetica e narrativa di questa esortazione ha il rango e la pienezza di un manifesto indelebile.

In questa tappa, vengo a mostrare la risultanza della ricerca storica su S. Nicodemo da Sikros ma, al contempo, corre l’obbligo di denudare un agire improprio, volto a ostacolare conoscenza da parte di una faziosa attività messa in opera da chi chiamerò ‘frangia degli empi’.

Va da sé che la verità storica cammina da sola, ed è facilmente consultabile, riscontrabile. Certo, le questioni di cultura sono a pannaggio di chi ne esalta reale essenza, in autonomia, e senza condizionamenti altri.

Ho sempre piacere a interagire, dialogare per meglio comprendere questioni, come ho rispetto per il dissenso civile, laddove questo abbia motivo di esistere con supportati elementi di ragionevolezza. Tratteremo argomento che ha destato, e non certo nell’ambito accademico, scossa culturale in Cirò, mio paese natale, questione aperta nel 2017, a seguito, vedremo del mio non silenziarmi sulla storia di S. Nicodemo. Questione che ancor più ha determinato la mia fermezza al giusto rispetto a un agire, dalla suddetta frangia, che ho trovato ‘assai curioso’. E, si sa, i movimenti tellurici sono sempre accompagnati da altre scosse, che abbiamo visto nell’analisi confutata su Luigi Lilio essere un italico matematico mistero, attuale quaestio disputanda.

Le questioni di storia -amava ripetere il Card. P. George Marie Cottier, domenicano, teologo della casa pontificia che ho avuto il privilegio di conoscere e frequentare - non si possono ridurre a quello che raccontano i nonni, seppure da apprezzare, hanno bisogno di elementi documentali di ragionevolezza.

Quanto vengo a espletare, l’ho già ribadito in altre sedi, fa anche parte della storia nel territorio, certo deprecabile, vergognosa per chi l’ha agita e cerca ancora, in modo ossessionato, di agire e che nulla centra con la storia di S. Nicodemo.

Quanti non si sottomettono alle pretese insensate del silenzio, come la sottoscritta, e donna, in un contesto sociale sappiamo ‘complesso’, può darsi vengano considerati ignoranti, in cerca di glorie, attribuendo epiteti che non vengo a ripetere, ma con cui fluidi approssimativi si sono permessi di giudicare, proiettando però solo se stessi. Circa, tuttavia, la gloria, la sottoscritta ne è stata pregiata dal sudore dei miei genitori, e dal proprio lume d’intelletto, senza arrampicate su e a beni di altri, lume pulito, dono del cielo riservato ai fuoriclasse. Non ho bisogno di patacche né di tifoserie proni, qualcuno ha definito tutto ciò, agire di manifesta cretinite acuta.

S. Nicodemo, era creduto nativo di Cirò ma ne vedremo esplicitato l’errore.

La ricerca sulla figura di s. Nicodemo mi venne richiesta nell’aprile 2017, quindi prima delle elezioni amministrative poi svoltesi in giungo 2017, dall’allora vice sindaco dell’esecutivo Caruso, nonché attuale ex sindaco avv. Paletta. A sua discolpa, e per onestà intellettuale, posso dire che non credo sapesse dei dati storici di cui però lo informai, come informai la sua ex-vicesindaco. Non posso, al contempo, e in nessun modo certo giustificare quando, resa nota la questione, egli non riuscì a gestire la cosa, a controllarla, addirittura in un articolo di ‘servizio’ dichiarò di non conoscermi personalmente, né avere contezza di chi fossi, dunque non mi aveva fatto nessuna richiesta, e l’accanimento della ‘frangia degli empi’ è diventata denigrazione, dileggio alimentata nella stessa comunità.

Ci fu anche un carteggio tra il Comune di Mammola e di Cirò: il 19-11-2018 il Comune di Mammola inviò Rimostranze vs Cirò su Nicodemo circa la storia ampiamente chiarita. A questa fece seguito risposta 7gennaio2019 del Comune di Cirò con lettera Prot. n. 57. Dunque, l’amica città di Mammola, e il Centro Studi Nicodemei, non stettero a guardare e offrirono una voce di chiarezza che non fu ascoltata, piuttosto fu rigettata con la solita storia, ormai superata da oltre 60 anni, ma di fatto determinata. Gli amici di Mammola, dunque, hanno piena contezza che la storia è altra e che ci fu errore sul luogo di nascita. Questo tra realtà civili non altera né rapporti, nè devozione.

Chi è poi succeduto nella amministrazione della cosa pubblica, in Cirò, attuale esecutivo Sculco, ha addirittura, e se possibile, peggiorato agire, e verso questi alcuna discolpa, poichè la questione era ampiamente nota dal 2017, ma comunque anche con loro interagii, resi disponibilità a chiarire ulteriormente, al fine di non alimentare menzogna locale/culturale, ma non mi spreco oltre per l’agire usato.

La questione sorgeva perché si predisponeva un progetto, percorso di valorizzazione storico religioso sulla figura di San Nicodemo, e più di qualcuno/a in modo specifico si accaniva e in modo ossessivo nell’asserire e divulgare la superata storia del santo, ma soprattutto a dileggiarmi. Capivo che c’era qualcosa che non andava. Mi ritrovai aggredita, e per una ricerca storica, da un agire immorale, che ha attaccato impropriamente la mia persona, il mio lavoro, non potendo contraddire lo studio storico. L’attacco doveva essere alla mia persona, perché evidentemente, come don Puglisi, rompo le scatole, o probabile le ‘uova’ nel paniere, nel più assordante ipocrita silenzio di quanti professano, a chiacchiera, legalità, giustizia, cultura.

Vedo sempre però il lato positivo delle cose, niente succede per caso, tutto serve per capire, discernere, affinché certi sistemi agiti siano sempre più chiari rimanendone distinti e distanti. Per questo, e per onestà intellettuale mi corre l’obbligo di ringraziare l’avv. Paletta che, pur cercando di frenare naturale percorso del cambiamento, ha indotto -senza volere- alla reale svolta culturale a Cirò, e a causa della mia determinazione.

Vengo a condividere, per dare quadro dell’assurdo, solo -tra le infinite- qualche meschinità, agite dalla ‘frangia degli empi’: censurare l’informazione, condizionandola, impedendo la pubblicazione dell’esito ricerca/testo sui media locali, la nemmeno tanto velata intimidazione alla mia famiglia, tralascio epiteti e elucubrazioni mentali di professori e scienziati appassionati solo di media e social; da menzionare, inoltre, l’ottuso agire vergognoso della chiesa locale, per cui chiesi anche al vescovo attenzione o, l’intimare -ad opera della ex vicePaletta, con supporto di penna distorta - l’allora presidente dell’Associazione Fidapa, sez. di Cirò Marina, che prevedeva riconoscimento per i miei meriti culturali, ma ne pretesero eliminazione e ritiro riconoscimento -luglio 2019. Così fu, temevano che forse potessi ‘parlare’, mi disse poi la Presidente, e io non dovevo parlare! Solo questo fatto dovrebbe attenzionare sull’agire malsano di tali realtà miserabili. 
Questi sono metodi di?(!) A voi inquadrare il genere!

In una condizione di normalità sociale, la vergogna di vergognarsi dovrebbe assalire questa gente, che dimora e si alterna incontinuità nel palazzo municipale, ma tant’è: agere sequitur esse!

La mia risposta è stata, e sempre sarà UNA: la Cultura, il fare culturale! Sull’argomento, pubblicai nel gennaio 2018 ricerca storica: S. Nicodemo monaco di Calabria. Fuoco manifesto di magnanimità nella Rivista di Ascetica e Mistica, edita da Nerbini. Successivamente, nel dicembre 2021 pubblicai il libro: S. Nicodemo da Sikròs. Monaco eremita del Kellarana, edito da IlTestoEditor.

Diventa però un problema di tutti, in una Comunità. Occorre riflettere su sistemi prevaricanti in cui si tende a limitare libertà, agire volto a tacitare, screditare, denigrare persona, come se questo desse più credibilità alla menzogna che si cerca di usare e da parte di soggetti, a mio avviso, indefinibili, e con evidentemente interesse altro, che non è certo né la cultura, la conoscenza, tantomeno il povero santo. Consentitemi: una società civile, con speranza di futuro, deve sapersi spogliare da sistemi, mere croste, modi d’agire, di cui le cronache purtroppo sono piene, che parzializzano il bene comune.

Chiudo qui explicatio che si commenta da sola, al fine di chiudere il parlare ciarliero - avrebbe detto Caterina da Siena- atto a chiarire l’agire insano avverso a chi ha fatto il proprio dovere, e non rinuncerà mai a perseguire il giusto, persuasa come sono che la vita è degna di essere vissuta nel bene civile della veritàe di un agire sano.

Occorre sentirsi interpellati al bene della conoscenza, a essere, con s. Caterina da Siena, esagerati ‘briganti’ d’amore, di verità, di giustizia, persone etiche, capaci di fare uso del pensiero critico. L’etica implica la contemplazione e l’interiorizzazione perché sia autentica, e ATTENZIONE, ha bisogno solo di persone libere. La libertà è l’essenza dell’etica e del testimoniare la Verità, dell’innestarsi in essa. È ardua la sfida che si prospetta al nostro oggi, l’attenzione però deve potersi riaccendere sul dato che non siamo ‘detentori’ di verità, la nostra condizione è di mera perfettibilità, dunque custodi perfettibili di un Tesoro Verità che siamo chiamati, sempre mendichi, a ricercare, ponendoci la questione non solo di ‘cosa sia buono’, ancor più di ‘cosa buono sia’ per la conoscenza della verità, nella visione della renovatio sociale.

Veniamo ora a enunciare la storia di S. Nicodemo da Sikròs

Procediamo nel coltivare con semi fecondi il territorio, attraverso il ricercato processo evolutivo, corredato da tracce del senso del sacro, tracce rispettose del bene della verità che attraverseremo con abituale onestà intellettuale, entrando nella conoscenza di S. Nicodemo, che ha cambiato, e per più aspetti, la storia di Cirò, antica Chone. Naturalmente, ed è metodo didattico che conforta la conoscenza, non possiamo addentrarci nella comprensione di un argomento senza uno sguardo al prezioso contesto storico.

La parte storica di Cirò, antica Chone, come da studi archeologici emerge, risiede nei tre colli: Cozzo Leone, Sant’Elia, Serra Sanguigna. Le frazioni si sono successivamente estese sull’ampio territorio, a seguito anche di incursioni predatorie da cui difendersi, territorio che è stato progressivamente ampliato, fortificato con cinta muraria, alle pendici dell’imponente maniero, prezioso fiore all’occhiello di Cirò, il castello che, magnifico, sovrasta tutto il territorio, e di cui l’Arch. Isabella Gaudino nel suo testo: Le fortificazioni dell’Antico territorio di Cirò, da un documento del 1838, punto 15, ne riporta carateristiche: “Un fabbricato sotto il nome di castello, sito nell’abitato di detto comune di Cirò formato in quattro bracci composto di 38 membri tra stanze superiori, bassi rispettivi e da altri accessori, ed ha un gran vaglio.bDunque un grande valore presidia Cirò, la sua imponenza ce lo ricorda.

Cirò, dunque, fu caratterizzato da più nuclei abitati, è bene tenerlo chiaro, di cui la frazione più ampia era la frazione Ypsicron nucleo situato in una posizione sicura rispetto agli altri e, per questo motivo continuò a ingrandirsi. Scrive Giovan Francesco Pugliese in Descrizione ed istorica narrazione dell’origine, e vicende politico-economiche di Cirò: “Giornalmente s’ingrossava Ypsicron, il quale consisteva in un tratto bislungo ed estremo che dicesi attualmente Portello, anticamente Girifalco, fino alla Chiesa di S. Giovanni Battista. E siccome la parte orientale del monte era folto bosco, così i primi unitisi continuando a porvi le loro abitazioni si estesero fino all’attuale piazza grande, edificando a preferenza la Chiesa di S. Maria de Plateis (la cui costruzione risale al XVIII), e proseguirono sempre dal lato meridionale verso la porta detta cacovia, e così man mano rimuovendo il bosco, costituirono l’attuale Cirò”.

Cirò/Chone ha dunque una storia molto articolata, antica e portentosa.

Quando si parla di storia, come più volte sottolineato, si intende la narrazione di fatti la cui veridicità poggia su documenti. Nel caso di S. Nicodemo, il più antico documento a noi pervenuto, è il suo bios, che è fonte inderogabile, è l’atto documentale da cui non si può prescindere per ogni confutazione. Naturalmente nel mio testo San Nicodemo da Sikròs, monaco eremita del Kellarana, sono esplicite note e bibliografia di riferimento.

Nella ricerca storica su S. Nicodemo, approfondendo testi, vengo ad appurare che la credenza verso che il santo fosse nativo di Cirò, viene vissuta ufficialmente nel territorio di Cirò solo dal 1696. Curiosità intellettuale mi ha portato a non accontentarmi di quanto la consetudine tramandava, ho trovato necessario approfondire. Esercitavo collaborazione -come docente invitato presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo in Roma - ciò ha arricchito ulteriormente la mia esperienza e formazione alla ricerca. Consultare testi in diverse biblioteche, e le consiglio, sono la migliore delle compagnie, si trovano amici fidati, colti, colmi di sapere. Testi riuscii a reperire anche attraverso contatti di Professori, monaci benedettini, è stata esperienza edificante. Dall’esito, fonti hanno evidenziato l’acclarato errore di attribuzione del luogo di nascita di s. Nicodemo a Cirò, dato riportato e conosciuto, ne presi atto, già dalla fine del 1960.

Sono pienamente consapevole di attirarmi le antipatie dell’inculturazione ‘ricercata’, così come sono consapevole che la tradizione ha certo il suo valore, ma dobbiamo stare attenti a non subirla passivamente, né assumerla acriticamente. Quando la verità storica è a servizio della conoscenza può solo nobilitare territori, sua cultura, sua stessa vita comunitaria. Occorre ritornare all’uso della sana conoscenza, riaccendere lume di onestà intellettuale troppe volte eluso, soprattutto ritrovare il senso del rispetto. L’indagine storica insegna che, nella ricerca dei contenuti, spesso le risposte trovano altro riferimento, sintomo di crescita, edificazione culturale che non può essere trascurato. Occorre in cocienza riconoscerlo. Ne consegue che meravigliarsi in pienezza, nello studio e nella ricerca della verità, è dato arricchente, per cui non si può impedire che il sole sorga, tantomeno che la luna non illumini le notti. Dio volle comandare a uomini liberi, ci ricorda Erasmo da Roterdam.

Lo sviluppo dell’elaborato esplica tratti sostanziali del bios di San Nicodemo, narrati, riconosciuti e acclarati da studi scientemente compositi. Immettersi negli eventi della storia è sempre ardua impresa, penetrare la storia di cui il caso ha voluto farmi parte, storia che cambia la storia di Cirò, antica Chone, è senz’altro un grande privilegio. Anche perché una madre, non ignora mai il proprio figlio perché c’è una storia nuova da raccontare, piuttosto si mette in ascolto, civilmente, educatamente per capire le ragioni del cambiamento che edifica. Chiaro?!

Dal 1696, in Cirò, è mantenuto il culto verso San Nicodemo, anno in cui viene proclamato Santo Patrono e Protettore, questo anche perché il Santo era creduto nativo della cittadina che da allora custodisce Sacra Reliquia -consistente in una mascella con due molari-, richieste e ottenute dal, in quel tempo, Principe feudatario D. Carlo Francesco Spinelli. Certo, la tradizione ha il suo valore, ma dobbiamo stare attenti a non schierarci in modo acritico dalla sua parte, con superficialità, relativismo o, peggio ancora, con sentimentalismo o campanilismo. Non siamo più ai tempi del geocentrismo con Tolomeo, ma siamo passati all’eliocentismo con Copernico. Per cui, non è accettabile, tanto meno condivisibile che, per partito preso si chiudano gli occhi davanti all’evidenza documentata. Se vogliamo essere coerenti, liberi da ingessature costringenti la cultura, e non strumentalizzarla a fini altri, e vogliamo conoscere veramente la storia del Santo, di cui tanto si dice esserne devoti, dobbiamo avere il coraggio di mettere in discussione tutto, proprio tutto, anche le nostre posizioni, per ricercare quei documenti che resistono alla critica e ci assicurano la verità storica.

Dall’indagine emerge come spesso, nel passato, errate interpretazioni, abbiano indotto molti studiosi in errori che, poi, si sono tramandati nel tempo, condizionando una più autentica lettura della storia. È necessario poter andare oltre quegli elementi che la pietà popolare ha introdotto nel corso dei secoli narrando fatti tramandati spesso oralmente, la gran parte dei quali amplificati o minimizzati dalla spinta emozionale. A conferma di quanto sopra riportato citando ilteologo della casa pontifica Card. George M. Cottier, O.P.

S. Nicodemo nasce prima dello scisma, quando la Chiesa era unita ad Oriente e Occidente, seguiva dunque la Liturgia Bizantina e celebrava la sacra Eucaristia in rito greco - la Divina Liturgia di san Giovanni Crisostomo. Per convenzione, e più semplice identificazione, parliamo di S. Nicodemo come di un monaco basiliano, ma, S. Nicodemo era un monaco eremita italo-greco. Infatti, solo il 1° novembre 1579, papa Gregorio XIII, con la bolla “Benedictus Dominus”, riunì in un unico ordine i monaci di tradizione bizantina presenti nella penisola e nelle isole (sia italo-greci, sia italoalbanesi), perché nascesse la Congregazione d’Italia dei Monaci Basiliani. Dunque ai tempi di S. Nicodemo non esisteva la congregazione dei monaci basiliani.

Il più antico documento afferente la vita di S. Nicodemo è il suo bios, che si conserva presso la Biblioteca Universitaria di Messina. È la copia tradotta che nel 1307, Daniele, monaco del SS. Salvatore, monastero greco di Messina, fece del Sermone sulla vita del santo padre Nicodemo, sermone scritto da un monaco, un certo Nilo, che non dobbiamo confondere con S. Nilo da Rossano, piuttosto è, probabilmente, lo stesso autore della vita di s. Filareto, ipotesi accreditata dalla studiosa Melina Arco Magrì.

E ci chiediamo, innazitutto: quando il monaco Nilo scrive il testo?
Parlando di Nilo, lo stesso autore che compose, in giovane età, la vita di Nicodemo, e in tarda età quella di Filareto, che lui ha conosciuto presso le Saline, nel Monastero di s. Elia il Giovane, ed era suo coetaneo, possiamo credere che Nilo nacque non più tardi del 1040 e che il bios di s. Nicodemo sia stato composto verso il 1060-1065. Nel 1307 l’amanuense Daniele traduce, dunque, il bios di s. Nicodemo e dall’originale dell’antico manoscritto riporta che S. Nicodemo nacque nelle Saline (en salinais), in un villaggio denominato Sikròs.

Apollinare Agresta, autore da cui nasce l’errore storico topico circa attribuzione natali, non poteva conoscere l’originale del bios, piuttosto la sua già avvenuta trascrizione (quella del 1307) -diversamente ne avrebbe riportato comparazione, perché tacerne? Ma, comunque, Agresta, e inoltre, non tenne conto di quanto nel bios riportato, preferendo attingere a tradizioni orali o fantasie. Va da sé che il bios di Nicodemo, trascritto dall’originale del 1060-65 dal monaco Daniele nel 1307, è l’unica fonte esistente, documento tangibile, possiamo definirlo, altresì, il primo testo che tratta della vita di S. Nicodemo. Dal bios non si prescinde.

Dallo stesso documento conosciamo il luogo di nascita: Sikròs, che non è Cirò, e in cui, quindi, non esiste una casa natale, tanto meno una mai menzionata in alcun testo, fantomatica fontana, mera fantasia, favola a favore di creduloneria, alimentata a precipuo uso marketing ingannevole, e che solo danneggia ogni senso del sacro, non parliamo poi dell’immane danno culturale al territorio. Nel bios viene altresì riportata la data di morte del Santo, 12 marzo all’età di 70 anni, mentre non si fa menzione di alcuna data di nascita. Ergo: la festa liturgica di S. Nicodemo è disposta al 12 Marzo. Se ne festeggia l’onomastico il 12 marzo.

La studiosa Melina Arco Magrì colloca la data di nascita di S. Nicodemo, tra il 950 e il 955, e quella di morte a poco dopo il 1020. Uno studio più recente, fatto dalla Follieri e dalla Perria, evidenzia come la trascrizione dell’indizione del 1020 deve essere corretta riportandola al 1010/1012 e così la data di nascita deve arretrare verso il 940.

Sulla vicenda legata a S. Nicodemo, vi è un documento - atto del notaio Giuseppe Fortuna del 14 gennaio 1696 -, che si trova nell’Archivio di Stato di Catanzaro, fogli 1-2v del relativo protocollo.

D. Carlo Francesco Spinelli, Principe di Tarsia e Marchese di Cirò, avanti al notaio, al regio giudice e ai testimoni, presenta una reliquia, cioè una mascella con due molari del Corpo di S. Nicodemo. Trattandosi di un Santo cui molti si rivolgevano per le sue qualità morali e spirituali, uomo giusto, e che per giunta si credeva essere cittadino di Cirò, detto Principe -Carlo Francesco Spinelli-, volendo anche dimostrare il suo ‘paternum affectum’ verso questa cittadina, promette di consegnare la sopraddetta reliquia ai suoi abitanti; la consegna avverrà purché la reliquia stessa venga custodita in una ‘capsula argentea’ che sarà donata dal medesimo Principe, da chiudersi con due chiavi diverse, e da tenersi nella chiesa matrice in un luogo idoneo alla venerazione; le due chiavi dovranno rimanere in possesso, rispettivamente, dell’arciprete e del sindaco. Il popolo di Cirò, l’Università di Cirò all’unanimità decide di proclamare S. Nicodemo suo Protettore e Patrono. Al documento notarile è allegata la lettera autografa, di Apollinare Agresta, Abate Generale Basiliano, diretta all’“Ecc.mo Signor Principe di Tarsia”, cioè a D. Carlo Francesco Spinelli, che appunto gli aveva chiesto la reliquia: Messina 15 Agosto 1695. Altri due documenti sono riportati sull’autenticità della reliquia in questione, e sulla profonda devozione a S. Nicodemo. Segue, ancora, l’esposto del sindaco dei nobili di Cirò, diretto a D. Francesco Verchio, vicario generale della diocesi di Umbriatico, a quel tempo dimorante nel palazzo vescovile di Cirò. Il vicario diocesano, visti gli attestati sull’autenticità della reliquia prelevata dal Corpo di S. Nicodemo, custodito nel monastero basiliano di Mammola, e sulla venerazione verso tale Santo, in data 14 gennaio 1696, concede il suo beneplacito su quanto sopra richiesto dal sindaco. Ne riporto, in interezza, nel mio testo.

Ergo: la consegna delle reliquie si verifica per interessamento del feudatario del tempo, il Principe D. Carlo Francesco Spinelli, e non a titolo di transazione tra le due Università di Cirò e Mammola e, cioè, come conclusione di un processo che mai ci fu per la custodia delle spoglie mortali di S. Nicodemo. E, come risulta dal documento, la proclamazione di S. Nicodemo a Patrono e Protettore di Cirò, avviene il 14 gennaio 1696.

Ne consegue che, il culto che vuole S. Nicodemo nativo di Cirò non è antichissimo, affonda le sue radici nella seconda metà del XVII secolo. Dal documento notarile, sopra citato, risulta chiaramente che il popolo di Cirò, l’Università di Cirò, volle proclamare S. Nicodemo suo Patrono e Protettore proprio perché persuaso, in assoluta buona fede, che fosse suo concittadino. Per cui si può dedurre che il popolo stesso non aveva proprio conoscenza di un S. Nicodemo, tanto meno dell’essere concittadino, e almeno fino al 1663, anno in cui elesse S. Antonio di Padova a suo Protettore e, per giunta, dopo che nel 1634 aveva già eletto un altro Santo Patrono, cioè S. Francesco da Paola.

Inoltre, ed è dato storico assai importante, in un documento del 1769, custodito nella Biblioteca Nazionale di Napoli, recentemente rinvenuto e confutato dalla sottoscritta, autore Giuseppe Toscano Mandatoriccio, Per l’Università di Cirò e per essa per D. Antonio Caporale nella causa che ha nel S. C. con il Canonico Pignataro. Degnissimo Commessario il Signor D. Stefano Patrizj. Presso lo scrivano Rosa. In banca di Rubin, rinveniamo argomento significativo per la storia di Cirò. Tale documento narra particolarmente le vicende legate alla Chiesetta in Cirò sotto il Titolo di S. Cataldo. Dal prezioso documento emerge molto di più di quello che narra.

Ci troviamo, con questo documento, nel 1641, anno che ci permette di aprire uno squarcio sul tempo storico legato alla conoscenza di S. Nicodemo. Vi leggiamo: Vi fu nella Città di Cirò una Cappella col titolo di S. Cataldo, la quale abbandonata e non curata incominciò a rovinare; così che ne’ principi del secolo passato ritrovavasi già diruta. Quindi, la chiesetta di S. Cataldo, esisteva già, e Pietro Trusciglio, che ne richiese padronato, mosso da pia devozione, volle riedificarla. A Cirò, nel 1641 S. Nicodemo non era nemmeno conosciuto, mentre S. Cataldo sì, e in un tempo ancora precedente, cioè ne’ principi del secolo passato.

Ma perché questa comparazione con il tempo di culto di S. Cataldo?

In seguito al rinvenimento di un dipinto nell’antica Chiesa Madre di S. Giovanni Battista in Cirò, si è voluto attribuire impropriamente e forzatamente il nome di s.Nicodemo, ma il dipinto rinvenuto è, e rappresenta, un Santo Vescovo, non un abate, e l’affresco risale al XV secolo. Esegesi critica del dipinto dimostra l’inappropriatezza dell’abuso di attribuzione di nome. Ma sarà argomento da esplicitare con più accuratezza, in altra tappa.

Chiaramente, dalle date di riferimento e segni più che caratterizzanti che presenta, il soggetto del dipinto non può essere riferito a S. Nicodemo, ma un Santo Vescovo latino e, il Santo Vescovo Cataldo che è conosciuto in Cirò ne’ principi del secolo passato al 1641, trova evidentemente quota marcata.

Dunque, prima della pubblicazione del libro di Apollinare Agresta, del 1677, la notizia di Nicodemo cittadino di Cirò non era conosciuta. Tanto è vero che, Gabriele Barrio nel 1571, in De antiquitate et situ Calabriae, parla di S. Nicodemo di Locri, e Girolamo Marafioti nel 1601, in Croniche et Antichità di Calabria, scrive: è stato nativo cittadino Locrese il Beato Nicodemo monaco dell’ordine di S. Basilio; e ancora, ricorda Gallucci, nel 1630 Paolo Gualtieri, in Glorioso trionfo over Leggendario dei Santi di Calabria, lo menziona come S. Nicodemo di Mammola. Se a tali studiosi, ai loro tempi, fosse stato noto che S. Nicodemo era originario di Cirò, lo avrebbero riportato, come pure ne avrebbe dato notizia Ottaviano Pasqua, vescovo di Gerace che, invece, ebbe modo di indicare S. Nicodemo addirittura come cittadino di Gerace - Civis …Hieracensis fuit - nell’Editto che emanò nel 1588 in occasione della seconda traslazione delle reliquie del Santo e, cioè, dalla chiesetta di S. Biagio, che sorgeva presso l’abitato di Mammola nell’attuale cimitero, alla nuova chiesa abaziale costruita nel 1583.

Da dove, quindi, l’Agresta apprese la notizia che S. Nicodemo fosse nativo di Cirò?

Consultò, abbiamo sopra visto il bios trascritto dal calligrafo Daniele su S. Nicodemo. Nell’antico manoscritto, Agresta apprese che S. Nicodemo nacque nelle saline (en salinais), in un villaggio denominato Sikròs. In tempo antico Cirò era suddivisa in più frazioni, la più popolossa delle quali veniva indicata con l’appellativo Ipsycrò o Psycrò; era noto che non lontano da tale frazione, esistevano le saline del fiume Neto. In questo stato di cose l’Agresta, in buona fede, ma certamente con approssimazione, fu indotto a identificare Sikròs con Psycrò e le saline del fiume Neto con le saline menzionate nel bios di S. Nicodemo.

Ora, circa le saline, -ed è importante soffermarcisi-, si tratta di un territorio geograficamente molto articolato, che include la costa, con centri portuali come Taurianum, la pianura, Piana di Gioia Tauro, la montagna, Aspromonte, e i fiumi, tra cui il Metauro-Petrace. Nel 1954 Giuseppe Schirò tradusse dal greco e pubblicò la Vita di S. Luca, vescovo di Isola Capo Rizzuto, il cui manoscritto, composto fra il 1116 e il 1120, si conserva nel codice 29 della biblioteca universitaria di Messina. Vi si legge precisa indicazione sull’ubicazione del territorio delle saline: “Nella regione calabra delle Saline (Chora Salinòn) vi è un paese chiamato Melicuccà”, cioè la patria di S. Luca; quindi le Saline si trovavano nell’attuale provincia di Reggio Calabria, nel versante del mar Tirreno. Ma perché si avesse piena convinzione dell’errore geografico commesso dall’Agresta, bisogna aspettare il 1962, anno in cui Giuseppe Rossi Taibbi pubblicò il testo greco del Bios di S. Elia il Giovane, che costituisce una pietra miliare nel campo dell’agiografia bizantina. L’autore dopo aver esaminato le varie fonti storiche in cui è menzionata la regione delle Saline - Vita di S. Elia il Giovane, Vita di S. Luca d’Isola, Vita di S. Filareto, Vita di S. Nicodemo, Vita di S. Elia lo Speleota, Le cronache di Goffredo Malaterra, un cronista normanno del secolo XI -, conclude che il territorio delle Saline corrispondeva al circondario di Palmi, per cui il villaggio di Sikròs, ricorrente pure in due passi della Vita di S. Elia lo Speleota, non può essere identificato con Cirò. Inoltre, che le Saline ricorrenti nelle agiografie sopra indicate, non sono quelle del fiume Neto, lo conferma anche il fatto che queste ultime, sin dai tempi antichi, vengono indicate con la specifica ‘del fiume Neto’-salina Neti-, specifica che non esiste nelle agiografie medesime. In Vita di san Nicodemo di Kellarana, Melina Arco Magri scrive: nel bios si legge che la famiglia del Santo dimorava in Saline, in un villaggio chiamato Sikròs. Si trattava di un borgo della Valle delle Saline, vale a dire dell’attuale Piana di Gioia. Sikròs sorgeva nei pressi di Palmi, nella località denominata Sigrò. Nel volume Storia dell’Italia bizantina (VI-XI): da Giustiniano ai Normanni, di Salvatore Cosentino, è menzionato Nicodemo di Cellerana, senza alcun riferimento a Cirò, e si afferma che fosse nato a Sigrò presso Palmi, nella Calabria Citeriore. Giungono altresì a supporto 47 pergamene greche del periodo 1050-1065, relative alla diocesi di Oppido, pubblicate dallo storico francese André Guillou nel 1972 (La Théotokos de Hagia-Agathè, Oppido, -1050-1064-1065-, Città del Vaticano, 1972): in esse figurano cinque atti di donazione riguardanti beni situati nel villaggio di Sikròs, nella regione delle Saline (eparchia Salinòn); tale regione, in linea di massima, corrisponde all’area geografica - circondario di Palmi - proposta da Rossi Taibbi, desunta dal confronto delle cartine geografiche pubblicate dai due studiosi.Ne deriva che S. Nicodemo è originario di Sikròs. A questo si aggiunge la storia del monachesimo che non ha toccato il territorio di Cirò, e ne tratto ampiamente nel mio testo.

È dunque la STORIA CHE CAMBIA LA STORIA e che converte alla più sana conoscenza.

La ricostruzione dell’Agresta presenta diverse lacune storiche, probabile abbia attinto a tradizioni orali, o anche alla propria inventiva per arricchire il suo testo con dati e notizie, di cui d’altra parte, non troviamo riscontri. Lui fa riferimento per il luogo di nascita a Psycrò, definendolo ‘attuale Zirò’, ma la denominazione Cirò era già riscontrabile dal 1579, e ricordo che il testo sulla Vita di S. Nicodemo viene stampato nel 1677.

Potremmo chiederci: perché Agresta volle riprendere vecchio riferimento di una frazione del territorio, che lui scrive essere attuale Zirò, saltando il dato conosciuto, e in uso di Cirò, non menzionandolo?

Non sappiamo, altresì, da dove l’Agresta abbia preso le notizie che scrive nel suo libro circa i nomi dei genitori, a suo dire Theofano e Panta. Nel bios, attenzione, non sono riportati nomi, tanto meno il cognome, frutto di aggiunta prodotta da Zavaglia, né le condizioni economiche familiari, per cui quanto si dice di più, è frutto di accurata enfatica devozione, ma non di dato storico. Tanto più riguardo l’uso del cognome, il cui periodo di origine consegue all’applicazione dei decreti del Concilio di Trento nel 1564. È evidente che, con S. Nicodemo, siamo in un tempo assai diverso, per cui è pura fantasia attribuirgli cognome, come fantasia è il precettore Galatone, di cui non c’è alcuna menzione nel bios.

Cirò, comunque, dal 𝟏𝟔𝟗𝟔, anno in cui viene proclamato Santo Patrono e Protettore di Cirò, mantiene il culto verso s. Nicodemo. La documentazione notarile su menzionata, inoltre, certifica l’attribuzione e consegna delle Sante Reliquie, richieste e ottenute civilmente, ripeto, -senza alcuna disputa- dall’allora Principe feudatario D. Carlo Francesco Spinelli. Orgoglio per Cirò sarà offrire ai fedeli che venerano il Santo, ma anche a tutti coloro che si volessero accostare alla sua potente spiritualità, la possibilità di venerarne Reliquia attualmente custodita nell’oratorio dedicato a S. Nicodemo, sito nella zona Portello di Cirò, -che non è quindi casa natale del santo- oratorio ottenuto dalla trasformazione di un vano offerto, donato, dal proprietario con atto, appunto, di donazione al Comune del 22 luglio 1843, per notar Iuzzolini Emilio, documento a tutt’oggi conservato nell’Archivio notarile di Catanzaro. Il luogo preposto delle Reliquie era, però, e deve essere, Chiesa Madre, l’attuale S. Maria de Plateis. E auspico davvero che le reliquie di S. Nicodemo possano trovare loro primigena destinazione, cioè la Chiesa Madre.

La tradizione popolare ha creduto, in totale buona fede, che il Santo fosse nativo di Cirò, arricchendone la vicenda con amplificati racconti e leggende. La buona fede non si può però riconoscere dal 2017, anno in cui la storia si è chiarita. La verità, desunta da ricerca storica, e bibliografia a seguito, ha appurato che il luogo natio di S. Nicodemo è Sikròs (RC).

La Storia cambia la storia, e a Cirò la storia è cambiata, sotto molti punti di vista. S. Nicodemo, a Cirò non è nato, né mai vi è stato, mai venuto, ma perdura il culto verso il Santo Patrono e Protettore. E, se da una parte, un errore, quale quello dell’errato divulgato luogo natio, può destabilizzare convinzioni in soggetti ‘ossessionati’, e meramente interessati ad altro, piuttosto che alla storia del Santo, dall’altra parte l’unico elemento che nobilita i territori è la verità che rende liberi da errori e orrori, rafforzando semmai relazioni e rapporti con il luogo in cui s. Nicodemo ha vissuto, e cioè Mammola. È un richiamo a emanciparsi da stereotipi che imprigionano saperi poiché, lo abbiamo visto anche con Luigi Lilio, la storia cambia la storia, soprattutto alimenta capacità critica con cui confrontarsi. Elementi di ragionevolezza persuadono a stabilire i dati storici acclarati sull’argomento.

Sono persuasa, e lo ripeterò all’infinito, che la Cultura è l’unica forma che può determinare innovazione sociale e a liberarsi da stereotipi che frenano la bellezza del divenire.

E giunge a sollocitare comprensione S. Caterina da Siena che pone la verità come condizione attraverso la quale l’uomo perviene al cognoscimento di sè, verità che deve essere sovrana, se non lo è, è schiava, per esempio del ‘potere’, -che è quello che vediamo-, per cui si rende -l’uomo politico- cosa, piuttosto che persona, perdendo ogni riferimento di responsabilità di cui invece si fascia. Ecco l’urgenza di una renovatio socio-culturale, che non si accontena di ‘storie’ raccontate nell’azzardo di un luccichio inteso intoccabile.

Di rigore intellettuale, di acuta intelligenza abbiamo bisogno, per un futuro di costrutto in cui sperare. Intelletto e cuore savi sono gli unici elementi, l’unico calendario che può dettare il tempo della cultura, dell’ impiantare semi all’innovazione. Va da sé che, penetrare la grazia del so di non sapere, che è l’arte del buon sapere, dà senso alla vita, alla sana conoscenza che diventa ratio di impegno concettuale che, nel caso del nostro argomento, tramuta lo studio su S. Nicodemo in una quaestio disputata, non dunque tesi disputanda, ma converte a verità determinata.

La presenza spirituale del Santo nel territorio di Cirò, valica ogni desiderio di arroccarsi a una tradizione che ha portato avanti un credo, in assoluta buona fede, ma che necessita di convertirsi al lavoro di attendibilità della storia, che nulla toglie alla devozione. È dalla conversione del cuore, da una presa di coscienza, che scaturisce la sollecitudine per l’uomo di avvertire, come onere, l’impegno per prodigarsi verso l’umile servizio alla verità. Un impegno culturale, non sorretto da valori interiori, è debole.

Rimango grata a S. Nicodemo, mi ha dato la forza di capire che i diletti umani sono diversi, gli interessi particolari anche, che il limite umano è abissale, ma che il dato spirituale, la luce di intelletto che si accende in purezza, riesce a convogliare il vero del cuore e la compiutezza dell’intendere, e sa coglierne contenuto di senso intero e mai interessato. Mi piace ricordare un concetto propositivo cui esorta Tommaso d’Aquino, secondo cui la fede emotiva non è fede, le emozioni non sono il soggetto della fede, soggetto della fede è l’intelletto speculativo, attraverso cui addentrarsi nella bellezza delle virtù e della canoscenza, poichè fatti non fummo per vivere come bruti.

Credo che, alla luce di ciò, si possa restituire tributo di riconoscenza e continuata devozione al santo patrono san Nicodemo da Sikròs, poiché a Cirò ha voluto spiritualmente esserci.

Dott.ssa MARIA FRANCESCA CARNEA





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*Maria Francesca Carnea, La bellezza di un ritrovamento, in Monastica.eu: https://www.monastica.eu/2021/04/24/santo-vescovo-ciro

*Maria Francesca Carnea, San Nicodemo da Sikròs, IlTesto editore, 2021.


*Isabella Gaudino, Federico Cordella, Le fortificazioni dell’Antico territorio di Cirò, Storia e architettura, Michelangelo 1915 Editore, 2020.

*Giuseppe Toscano Mandatoriccio, Per l’Università di Cirò e per essa per D. Antonio Caporale nella causa che ha nel S. C. con il Canonico Pignataro. Degnissimo Commessario il Signor D. Stefano Patrizj. Presso lo scrivano Rosa. In banca di Rubino, Biblioteca Nazionale di Napoli, 1769.

*Giovan Francesco Pugliese, Descrizione ed istorica narrazione dell’origine, e vicende politico-economiche di Cirò, Vol. I., Napoli, 1849.

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