E mi trovai in una selva oscura, abitata da
azzecca garbugli di manzoniana memoria. Vestito preferito era il profano,
l'inganno, gente la cui coscienza, meschina, si prostrava asservita a
personali interessi e particolarismi. Seduti ai tavoli, con su scritto: qui
la mafia non entra, spartivano sudore e sacrificio della gente, succhiando loro
sangue e lasciando solo deserto. Il para stato avallato da squallidi bavosi,
amanti di potere e di erbe tossiche, lasciava morire interi territori da cui
pretendeva servitù, con il placet dei garbugliosi settari, i noti
qualunquamente idioti.
In ogni settore presenti, sacro e profano,
amministrazioni comunali, attività economiche, imprese, feste paesane, portali pilotati di
falsa informazione, tutto per confondere comunità, far finta di cambiare per
rimanere tali e quali: strade impervie, strutture ricettive assenti, mezzi di
trasporto costringenti a viaggi di speranza, per quanto assenti, chiese chiuse,
castelli fatui, tetti pericolanti e pericolanti valori di cui si sente la
mancanza nell'agire quotidiano. E il lavoro, la sanità, la giustizia? Il mega
affare porti, termovalorizzatori, differenziata speculare? Rientrano
nell'equazione delle rotatorie: giro giro tondo giriamo tutto intorno, creando
disagi e nessun beneficio alle comunità ma, certo, soldi pubblici a sbafo
allettano gole profonde.
Ecco che, fino a quando persisteranno quanti hanno ridotto la terra di Calabria in queste condizioni, con avallo di consociati solidali, sbandierando vitelli sacrificali per ingozzare le pance e i cervelli vuoti, clientele di ogni risma, non si potrà che lottare, lottare con l'unica arma che defenestra: la Cultura alta, quella capace di far volare e liberare da settarismo, quella che fa pensare, e regala verità ai territori, producendo reale cambiamento. La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società - ci ricorda Corrado Alvaro - è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. Ed è per questo che è necessario mantenere capacità critica, e mai essere passivi.
Dio ci salvi da coloro che,
chiamati a compiere il proprio dovere, pagato, non si rendono conto di essere
servitori del popolo, ma ne esigono la sottomissione e il grazie per un
esercizio dovuto! Fare il bene comune, è un dovere sociale che non ha meriti
altri se non l'esercizio concreto del mandato.
Ergo: si aprano gli occhi
di intelletto, si riaccenda attenzione sul valore RISPETTO, delle comunità, dei
territori, delle capacità umane. Si superi l'inefficienza dell'ente Regione,
divenuto serbatoio di clientela, si valorizzino le Province ritornando loro
dignità. Non
esistono salvatori della patria, possono però esservi persone che, coraggiosamente,
mantengono, nel cuore e nell'intelletto, il senso Vero, Sano, Leale del Bene
Comune. Germogli un senso civico utile alla nostra società civile, inclusivo, che non dia fiato improprio a scissioni insensate, siamo Italia, Una Nazione Unita, e non occorre foraggiare idiozie. Si operi con strategie programmatiche che guardino al
futuro di tutti, al rispetto delle istituzioni, al bene dire, bene fare. Rialzati Calabria!
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