giovedì 3 luglio 2014

Superare la deprecabile consuetudine del "così fan tutti"

Svegliarsi nella coscienza è necessario affinché si superi la deprecabile consuetudine del così fan tutti. Il clientelismo, vizio recidivo di ogni società, che genera connivenze e, quindi, coscienze dormienti, indica il rapporto tra chi, pur godendo dello status libertatis, si trova in condizione di dipendenza da un patronus e s’innesca, così, un legame di equivoca dipendenza. Le relazioni patronus - connivente, sono penetrate nel cuore delle istituzioni, creando scambi interpersonali, quand’anche scambi tra le organizzazioni per l’utilizzo delle risorse, elementi che hanno promosso la formazione e il mantenimento di clientele.


È necessario non chiudere gli occhi e fare la differenza, oltre che prendere le dovute distanze! Quando una società, nelle sue espressioni di professionalità umane, rinuncia pregiudizialmente, poiché così fan tutti, a un comportamento irreprensibile e consociato al male, abdica a un genere di confronto di fecondità e apertura intellettuale, capace di generare nuova linfa di vita sana, legale e pulita, in ogni ambito del sistema società, politico, economico, imprenditoriale, sociale in genere, si finisce con il rimanere nella stagnazione, in uno stadio di sospensione, come in un limbo. Permanendo, con un tale atteggiamento, al di fuori dei problemi reali, che persistono irrisolti, quant’anche accentuandone l’immutabilità, si rimane, come società, ingabbiati e, condizione peggiore, si lascia alimentare la sofferenza di chi di questo male subisce i torti. Aberrante è la cultura del ‘così fan tutti’: clientelismo, corruzione, favoreggiamento, concussioni, raccomandazioni. Riesce l’essere umano, dal comportamento insano, in tutta la sua naturale mediocrità, a rendere fecondo il vizio in ogni sua degenerante forma, piuttosto che alimentare la conoscenza bella delle virtù nella vita, uniche luci capaci di renderci consapevoli del nostro essere Persone. Dice S.S. Papa Francesco: “La corruzione odora di putrefazione, la corruzione sociale è il frutto del cuore malato e non solo di condizioni esterne. Non ci sarebbe corruzione senza cuori corrotti. Il corrotto non ha amici ma utili idioti”. 

Diventa, pertanto, obiettivo impellente perseguire lo sradicamento di questo male pervasivo della dignità umana. Fame e sete di giustizia, e quest’ultima non può sussistere senza verità, né senza carità, implicano una responsabilità reattiva, capace di ribellarsi alla cultura della chiusura mentale, della connivenza miserevole che alimenta povertà umana.

Rinunciare a reagire ha in sé il prestare consenso, essere consociati del male, che pure formalmente si rifiuta, e non vi è altro mezzo per combatterlo se non guardarlo negli occhi, piuttosto che abbassare lo sguardo, girarsi dall’altra parte o peggio continuare la litania del così fan tutti. Fatali, com’è assai ben chiaro, sono i suoi effetti sulla vita di ognuno. Inadeguato è anche il sistema che alimenta un sottaciuto clientelismo attraverso forme di assistenza pro bonum ego, il cui unico obiettivo è annichilire le menti impotenti di reazione, perché magari si trovano in stato di bisogno, e avallare quindi uno stadio di parassitismo assistenziale, pregiudizio per ogni capacità di nuova impresa. L’unica cosa che dona dignità all’uomo è il lavoro, l’unico sistema capace di rendere dignità alla società è quello in grado di creare produttività e operatività sociale, diversamente si alimentano menti amebe, prive della loro dignità. Una società, e con essa i suoi amministratori, che non si rendono capaci di favorire  e produrre impresa, procreazione competitiva nel lavoro per dare lavoro, fallisce poiché salvaguarda il suo proprio bene e non il bene comune.

Urge nel confronto politico il superamento di questo male, che attanaglia in via trasversale ma univoca ogni società, è necessario acquistare consapevolezza della reale sussistenza e del suo impedimento vincolante al progresso, all’effettiva libertà della società democratica, è doverosa una analisi che si trasformi in un severo giudizio critico, in una rigorosa presa di distanza.

Vocazione del politico è tutelare sempre il bene comune e in questo deve emergere, come valore assoluto, la tutela della persona, della vita umana, della sua dignità. La coscienza del cattolico in politica deve urlare, deve saper reagire coraggiosamente con verità e convinzione, l’impegno che fa la differenza è nell’essere consapevoli della propria libertà, consapevolezza propria di ogni cristiano che sanamente si riconosce libero da qualsiasi vincolo di connivenza: l’uomo vive non solo di pane ma di quanto esce dalla bocca del Signore, e ‘levatevi dal timore servile’ implora con voce ferma Caterina da Siena, uscire dalla condizione servile è necessario per rispettare la dignità umana, poiché, con Dante:Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. (Inferno, canto XXVI). Il fine dell’autorità politica è il bonum commune multitudinis, che consiste, anzitutto, nell’operare la pace, la pace sociale che non nasce dalle iniquità, dalle sperequazioni, dal malaffare o dall’indifferente quiescenza, ma dal rispetto delle posizioni, dalla mitezza rivoluzionaria, dalla carità intellettuale che è propositiva e onesta. Svegliarsi nelle coscienze è necessario affinché si superi il degenerante così fan tutti, tale è il modo di fare di chi, mancando di coraggio, incoraggia gli altri a essere suo simile, spregiudicato dormiente di coscienza, “inutile idiota”!


[Foto: Michelangelo, Il Sogno della vita umana]



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