Appare
sempre più chiara la necessità di partire dal concetto fondamentale di dottrina
sociale della dignità della persona umana: se l’uomo è segno altissimo
dell’immagine divina, se questo segno è dato dalla sua libertà soprattutto,
ecco allora che la società degli uomini non può avere altro tessuto connettivo che
quello della carità, una carità ovviamente che va ben oltre una solidarietà
esistenzialmente necessitata. La carità, oltre che valore centrale dell’etica
cristiana, è anche fonte inesausta di una vera civiltà.
Il
bene comune trascende la prospettiva dei beni esclusivamente terreni e
materiali, la loro gestione e il loro utilizzo nell’interesse della società;
investe, invece, tutti i fini dell’uomo ed il fine complessivo stesso della sua
esistenza. È la società al servizio dell’uomo e non già l’uomo al servizio della
società, secondo anche una chiara tomistica concezione della sussidiarietà del
pubblico rispetto al privato. La politica, gestione complessa di tutto il
relazionale umano nella prospettiva del governo civile della società, si
presenta come condizione indispensabile nell’esaltare la dignità dell’uomo, nel
fornirgli gli strumenti per una vita migliore possibile, nel tutelare la sua
libertà, nel garantirgli la giustizia nei contatti umani, in definitiva nel
rendere questo mondo il migliore possibile, nell’attuazione di un bene
universale comune.
L’uomo
in quanto essere dei bisogni e dei desideri, non è solamente l’essere
economico, né può essere soltanto quello politico. L’uomo è, piuttosto, un
essere unico ed esclusivo, con la sua dignità, la sua ragione e la sua libertà
essenziale. Ha bisogno di ragioni esistenziali, d’orientamento della libertà,
di valori per i quali possa trascendere se stesso. Proprio perché libero,
l’uomo è chiamato ad assumersi le responsabilità che da un lato gli vengono dal
suo essere inserito nella vita civile e dal fatto di essere un soggetto morale,
capace di distinguere il positivo dal negativo, dall’altro gli derivano dagli impegni
professionali.
La
dignità umana ci sta di fronte come domanda che attende una risposta. Per
trovare una soluzione occorre un metodo adeguato. Il pensiero umano ha
progredito sul cammino della verità nella misura in cui è stato capace di
trovare le metodologie valide, tenendo conto di tutte le condizioni che
comporta l’avvicinamento alla verità ricercata. Tra queste condizioni
distinguiamo:
–
l’attenzione per la totalità.
La dignità umana riguarda la totalità dell’umano, nella sua unità e nella sua complessità.
Non sono perciò tollerate soluzioni parziali. Ebbene, lo sguardo sulla totalità
implica l’attenzione sia all’essere che al farsi dell’uomo, poiché
egli è degno e si rende degno o indegno. L’uomo non è un essere
isolato, bensì un soggetto personale che però convive in società e comunità
umane; il suo farsi, disfarsi e rifarsi ha a che vedere con queste due sfere
della sua esistenza: individualità personale e socievolezza;
–
la trascendenza. Nell’uomo
c’è qualcosa che supera l’umano. L’uomo in quanto essere finito, non si trova
al mondo incidentalmente, né per necessità, non è un atomo privo di senso sperduto
nell’immensità dello spazio. È frutto di un progetto, è un pensiero di Dio. Ha
una vocazione e un destino trascendenti. La dignità umana non basta a se
stessa, ma esige il fatto di entrare in relazione con l’assoluto;
–
la terza è l’universalità.
Ogni uomo è degno. Questa è la grande verità. Questa dignità originaria è
connaturale all'essere umano, è un dono, un regalo. Alla dignità regalata si
deve unire la dignità conquistata e la dignità gratificante. Distinguiamo che
l’uomo è degno per ciò che è piuttosto che per ciò che ha. Il filosofo Marcel
ha lanciato questa sfida all'essere umano facendo vedere come spesso gli uomini
dimenticano il loro essere, dato che sono troppo preoccupati di dominare e di
avere le cose del mondo. In realtà è all’essere che compete la supremazia sull'avere. Uno vale per ciò che è e non per ciò che ha. La
dignità attiene alla sfera dell’essere più che dell’avere. Per questa ragione
la si deve cercare partendo dalla totalità e percorrendo la via dell’essere dell’uomo.
Ogni uomo è degno, è dignità, come dice Kant. La conquista della dignità,
altresì, ha molto a che vedere con la promozione della giustizia. Dove non c’è giustizia
non può esserci dignità.
La
vita pubblica porta con sé alti incarichi, rappresentanze, dignità, deve
pertanto rispondere a una realtà di giustizia, per realizzare il bene comune e
per dare a ognuno il suo. L’uomo si rende degno conquistando la verità,
dominando la materia nella misura in cui può plasmarla, in modo da lasciare la
sua impronta nel mondo, e soprattutto compiendo le sue azioni con libertà e
orientandole al bene.
Cfr.
M. F. Carnea, Il
concetto di giustizia in S. Tommaso d'Aquino, pp. 43-47.
[Foto:
Giuseppe Carnovali -il Piccio- Aminta baciato da Silva]
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