A proposito di speranza, per avere una giusta
comprensione del suo contenuto, dice Tommaso d’Aquino: “La speranza, come
ogni altro moto appetitivo, deriva da un certo amore, cioè dal fatto che uno
ama il bene che attende. Ma non ogni speranza proviene dalla carità, bensì i
soli moti della speranza formata, in forza della quale uno spera il bene da Dio
come da un amico”.
Necessita trovare oggi i logoi più
suadenti, in linea con interessi fondamentalmente etici, politici, educativi.
Concetto chiave di ogni confronto è la “persuasione”, da sempre parola d'ordine dei sofisti. Ne è esempio evidente
l'affermazione nel Gorgia secondo cui la parola è un pharmakon, cioè un potente narcotico ambivalente, in
grado di produrre sia il bene sia il male. La potenza della ‘parola’ priva di
conoscenza specifica, si rivela infelicemente superiore al possesso della
scienza. Bisogna reagire contro questa esasperata esaltazione della
persuasione. Ciò cui è necessario opporsi è all'arte di persuadere in quanto
tale, priva di contenuto: Gorgia negava di insegnare alcunché, ma sosteneva di
essere in grado di persuadere qualunque ascoltatore su qualunque argomento. È
impellente, invece, la necessità di persuadere sì, ma solo a partire dal possesso della verità da comunicare e
concretizzare con operosa responsabilità fattiva. E quale altro metro abbiamo per
rendere più umana la società civile se non la profonda bellezza misterica della
“Parola”, la consapevolezza della salus animarum nell'amore sconfinato, nell'actio
immanens? La comprensione di ciò,
fonte di progresso e di dinamismo della vita individuale e sociale, sollecita e
svela l’attuazione di una condizione effettivamente umana, emblema dell’amore
immenso, follia degli arditi pensatori che da sempre hanno avuto la comprensione
che l’Amore smuove le coscienze,
animandole di umanità e azione. Una società esanime non è una società,
piuttosto la non vita, negazione del motore che tutto muove.
Svegliarsi nella coscienza è necessario
affinché si superi la deprecabile consuetudine del così fan tutti. Uscire fuori da vizi perniciosi quali il clientelismo,
vizio recidivo di ogni
società, che
genera connivenze e, quindi, coscienze dormienti, indica il
rapporto tra chi, pur godendo dello status
libertatis, si trova in condizione di dipendenza da un patronus e
s’innesca, così, un legame di equivoca dipendenza. Le relazioni patronus
- connivente, sono penetrate nel
cuore delle istituzioni, creando scambi interpersonali, quand'anche scambi tra le organizzazioni per l’utilizzo delle risorse, elementi che hanno promosso la
formazione e il mantenimento di clientele.
È necessario non
chiudere gli occhi e fare la differenza, oltre che prendere le dovute distanze!
Quando una società, nelle sue espressioni di professionalità umane, rinuncia
pregiudizialmente, poiché così fan tutti,
a un comportamento irreprensibile e consociato al male, abdica a un genere di
confronto di fecondità e apertura intellettuale, capace di generare nuova linfa
di vita sana, legale e pulita, in ogni ambito del sistema società, politico,
economico, imprenditoriale, sociale in genere, si finisce con il rimanere nella
stagnazione, in uno stadio di sospensione, come in un limbo. Permanendo,
con un tale atteggiamento, al di fuori dei problemi reali, che persistono
irrisolti, quand'anche accentuandone l’immutabilità, si rimane, come società,
ingabbiati e, condizione peggiore, si lascia alimentare la sofferenza di chi di
questo male subisce i torti. Dice Papa Francesco: “Il corrotto non ha amici ma utili idioti”.
Diventa, pertanto, proposito impellente
perseguire, con trasparenza, obiettivi di costrutto operosi, capaci di avere e
donare gusto rinnovato alla valorizzazione del bene-fare e del bene-dire, la
parola ha la sua importanza. Inadeguato è anche
il sistema che alimenta un sottaciuto clientelismo attraverso forme di
assistenza pro bonum ego, il cui unico
obiettivo è annichilire le menti impotenti di reazione, perché magari si
trovano in stato di bisogno, e avallare quindi uno stadio di parassitismo
assistenziale, pregiudizio per ogni capacità di nuova impresa. L’unica cosa che
dona dignità all'uomo è il lavoro, l’unico sistema capace di rendere dignità
alla società è quello in grado di creare produttività e operatività sociale,
diversamente si alimentano menti amebe, prive della loro dignità. Una società,
e con essa i suoi amministratori, che non si rendono capaci di favorire e
produrre impresa, procreazione competitiva nel lavoro per dare lavoro, fallisce
poiché salvaguarda il suo proprio di bene e non il bene comune.
La coscienza del cristiano/cattolico
in politica deve urlare, deve saper reagire coraggiosamente
con verità e convinzione, l’impegno che fa la differenza è nell'essere
consapevoli della propria libertà, consapevolezza propria di ogni cristiano che
sanamente si riconosce libero da qualsiasi vincolo di connivenza: l’uomo vive
non solo di pane ma di quanto esce dalla bocca del Signore, e ‘levatevi dal timore servile’ implora con
voce ferma Caterina da Siena, uscire dalla condizione servile è necessario per
rispettare la dignità umana, poiché, con Dante: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma
per seguir virtute e canoscenza”. Il fine dell’autorità politica è il bonum commune multitudinis, che
consiste, anzitutto, nell'operare la pace, la pace sociale che non nasce dalle
iniquità, dalle sperequazioni, dal malaffare o dall'indifferente quiescenza, ma
dal rispetto delle posizioni, dalla Mitezza Rivoluzionaria, dalla carità intellettuale che è propositiva e onesta.
Svegliarsi nelle coscienze è necessario affinché si superi il degenerante così fan tutti, tale è il modo di fare
di chi, mancando di coraggio, incoraggia gli altri a essere suo simile, spregiudicato
dormiente di coscienza che, parafrasando Papa Francesco, definisco “inutile idiota”!
Ergo,
urge un taglio netto, alla radice, anche con retaggi di apparente buonismo e
scegliere da che parte stare, e qui non si tratta di bandiere, perché non c’è
bandiera più alta e per cui vale la pena spendersi se non il Bene Comune,
legato indissolubilmente alla salvaguardia della dignità della persona umana. Il dialogo costituisce la forma
comunicativa più immediata e coinvolgente. E, in un passo del Fedro Socrate
dice: la potenza del logos, da intendere come discorso o
ragionamento, non è nient'altro che una conduzione
dell'anima. In questo concetto si riconosce l'idea dell'educazione: anche
in latino educare contiene l'idea del ducere, cioè
del guidare a uno scopo.
Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare, dice Eraclito, e l’essenza
della fiducia di ogni affidamento, non è soltanto guardare al di là della
situazione presente, ha più ampi orizzonti il senso della vista, è una forza
vitale, capace di credere, perché ama dell’amore di cui è innestato, una forza capace
di tenere alta la testa, di sopportare le ingiustizie, una forza che non lascia
mai il futuro agli iniqui, ma il futuro lo pretende per sé.
[Foto: Michelangelo Buonarroti, Giudizio Universale, particolare lunetta
destra]
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