Mi incammino per le vie nel mio Paese, Cirò con in testa un pensiero: I Care, io ci tengo al suo sommo bene, alla sua sana cultura, che si contrappone al ‘me ne frego’ assunto dai predatori del proprio territorio. È possibile penetrare il senso dei luoghi, concependo anche l’essere umano come ‘luogo nel luogo’. Mi trovo a decifrare le voci di quanti hanno raccontato di sapienza contadina, da altri che, come gattopardi, usano i luoghi abusandoli con stupidità e interessi di tasca. Distinguo, e non confondo uno sguardo limpido con gli sguardi torbidi che si incrociano. E non trovo che Comunità disgregata dal non senso.
Rifletto sul come sia stato possibile avallare - senza opporre battito di ciglia - la pubblica ignoranza, l'ignomia del Paese, far diventare un territorio luogo di disastro morale, di relativismo e fluidità. Bisogna fare i conti con la storia, con le proprie reali radici, scardinare vacuità, disonestà, sodalità promiscua, non chiudere gli occhi alla verità, senza pretendere il silenzio di alcuno, arrogandosi la perversione di togliere verità, giustizia, senso del sacro e libertà. Occorre scegliere se rimanere nella sequela di un sistema malato, viziato, che per alcuni servi è l'ideale, oppure imparare a studiare, a leggere, non servirsi, a propria mercè, di finanziamenti pubblici o di altari sacri. Il male è stupido, ignorante, non ha fantasia, è fluido. Si fa vittima. Ripetitivo nelle sue nefandezze, incarna la menzogna, confonde. Con il male non si dialoga. Va estirpato. Punto!!!E colpisce stridente il rumore di un silenzio inquietante. All’imbrunire la luce fioca diventa delicata, una leggera brezza carezza il viso, rapisce lo sguardo. Ne subisco il fascino e mi lascio turbare dal suo incanto. Seguo tracce della storia, le attraverso, calzo orme della semplicità del passato, sembra ancora di poter udire suoni di zoccoli che percorrono mulattiere, profumo di sudore grondante dalla fronte di contadini fieri, che un fazzoletto asciuga e, bagnato di onestà, viene riposto in tasca, sudore di una fatica che ha garantito ai propri figli il pane quotidiano. Ma nel seguire tracce di genuinità, scorgo l'antitesi, trovo voragini di ignoranza rese museo, mummie statiche ingessate di arretratezza, falsi miti da idolatrare, costringenti il naturale fluire della storia, dell'esistenza nell'espressione libera. E percepisco delle strane presenze errare, sguaiate risate a fornicare nel puzzo di vicoli deserti, ombre ostili, malevoli servi del male che del male stesso si nutrono, incuranti dei disastri che seminano. Un richiamo soggiunge a scuotere il mio incedere, uno svelamento mi induce, e ancora, a preservare quanto già da tempo produco: verità, e che da sempre manifesto: dignità!
Focalizzai che quello che stavo camminando, in quei vicoli, era il racconto dolente di una storia tutta da riscrivere, pulire, e l’unico strumento valido, credibile, coerente poteva essere la Cultura, via di riscatto, di speranza, espressione attiva, civile, democratica, della buona comunicazione poiché chi, per e in nome del Popolo avrebbe dovuto agire, di certo popolo minore, invece, se n’è servito e si serve. Ma per alcuni ruoli, pagati, occorre responsabilità non pressapochismo o relativismo becero. Ed è questo popolo minore ad essere concausa di ciò di cui si lamenta, l'avvilimento del Paese reso zimbello per cronache indecenti, immorali, e che sono indifendibili per quanto ignobili.
La disonestà non ha attrattori altri che disonesti. Ma lasciare che questi sporchino, senza freni, e rimanere nel silenzio più degenere, è indice certo, in questi termini, che CIRÒ È STATO UCCISO! Decenni di parassitismo, collusioni, falsi personaggi resi mummie da musei, dissacrato il senso del sacro fin sul pulpito, sono la risultante della degenerazione morale attuale. Per questo si devono ringraziare succedutisi paesani amministratori comunali, giunte che lì sono giunte per i propri insani interessi, la sporca e malintesa tradizione piantata nel mentecatto sistema di reciprocità di favori malati, la scuola che diseduca, associazioni para 'altro' massoneria, chiesa locale, 'ndrangheta, tutti assemblati nel criterio a loro più calzante e giusto collante: l'ignoranza.
Vigliacchi e irresponsabili, avete perso la vergogna di vergognarvi, questa volta e a giusto titolo in Chiesa e non dal pulpito, LUOGO RISERVATO ESCLUSIVAMENTE ALLA PAROLA DI DIO, chiedete perdono per quanto nel territorio avete aggravato - posto che abbiate coscienza e senso della fede - potete recitare preghiera: mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa!
Mi sento discendente di una tradizione di onesti viandanti, pronta a commuovermi di fronte le bellezze del paesaggio, della natura; pronta a meravigliarmi, sorprendermi, ma anche a decisamente indignarmi con veemenza per le rovine provocate dai predatori del proprio territorio, quelli stessi che l’hanno reso arido per incuria, abusi e mal governo. Mi sono trovata spesso, come l’errante che cerca se stesso, a fissare il ricordo di amenità assiologiche, quei valori che rendevano la comunità una Comunità, semplice e genuina, l’ho trovata sfruttata da imbarazzante falsità e laute mediocrità. Fare significa avere idee di senso, progetti da alimentare con elementi di ragionevolezza per il bene comune, voglia di non sentirsi di passaggio, o di servizio per capi bastone, ma costruire verità con dignità: la storia reale del luogo disvela, per contro, un disastro, demoni che sguazzano bavosi di fluidità per immondo sazio. E senza alcun timone!
L’uso scorretto della parola, sappiamo bene è un pharmakon, cioè un potente narcotico ambivalente - disponibile nelle farmacie, nelle scuole trastullo, nelle associazioni sodali al lassismo, nei portali spazzatura, nelle chiese che servono satana, nei palazzi comunali dormienti al bene comune -, ambivalenza in grado di produrre sia il bene che il male, e trasformarsi in un grande boomerang. La potenza della parola spogliata di senso vero, buono, utile, infarcita di personalismo interessato, si rivela infelice rispetto al possesso della conoscenza che sa essere libera e incarnare ciò in cui crede.
Va da sé che il valore della dignità non ha prezzo, mentre la disonestà platealmente si svende anche per un paio di pantaloni rattoppati.
Faccio mio il pensiero di Corrado Alvaro: “Dei Greci, i meridionali hanno preso il loro carattere di mitomani. E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna. A chi come me si occupa di dirne i mali e i bisogni, si fa l'accusa di rivelare le piaghe e le miserie, mentre il paesaggio, dicono, è così bello. La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile".
Riprendo il cammino, utile, per le vie del mio Paese. È scesa la notte, ne tocco anfratti, mi lascio inondare dal fascino della luna, cui guardo con speranza, mentre il rumore del silenzio inquieta il domani, e la potenza della Cultura ha cambiato già la sua storia. Guardo al mistero, fulgore che dalla luna si estende e, con S. Caterina da Siena, voglio, infinite volte voglio il sommo bene, ho a cuore il bene comune: I Care Cirò, poiché il nuovo non può essere mai il vecchio e MI OPPONGO ai predatori del mio territorio. Popolo sano opponiti anche tu, con la tua indignazione, alza la voce come Comunità, distinta e distante, a questo insano predare.
Maria Francesca Carnea
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