E allora occorre interrogarsi: a quali condizioni, a cominciare dai diritti umani, è stato consegnato un paese ai talebani? Come si fa a riconoscere autorità di governo a chi con mitra in pugno fa credere di essere migliorato? L’attenzione dell’occidente che oggi si straccia le vesti per quanto succede in Afghanistan dov’era quando si sanciva la resa, e si riconsegnava potere ai talebani?
Proviamo a capire:
· Videtur quod: sembra che ci sia stato un accordo, noto come accordo di Doha, Qatar, sottoscritto il 29 febbraio 2020 tra l’Amministrazione Trump e i talebani. Questo accordo -non conosciuto nei suoi termini- ha concesso agli estremisti il ritiro completo dall’Afghanistan dei soldati americani, dopo vent’anni di guerra, e li ha riportati di fatto al potere. L’amministrazione USA, con l’accordo, decise il disimpegno militare.
· Sed contra: perché i talebani danno per scontato che il sistema democratico non ha fondamento in Afghanistan? Cosa è la sharia?
È noto che l’Islam è una religione laica, non ha sacerdoti. Chiunque può ergersi a interprete della sharia e guadagnarsi un seguito. In questo laicismo si possono infilare movimenti come al-Qaeda, ISIS, i talebani, e tutti affermano di rappresentare l’autentico Islam. Ma, rimanendo sui talebani, l’applicazione della sharia, per loro si è spesso mischiata con altre cose. Lo storico pakistano Ahmed Rashid scrive che per il popolo pashtun, l’etnia di cui fa parte la stragrande maggioranza dei talebani, i confini fra le leggi tribali pashtun e la sharia sono sempre state molto labili.
· Respondeo: sharia in arabo significa sentiero, retta via, e non si riferisce a un corpo legislativo, ma a principi morali ed etici tratti dal Corano - libro sacro dell’Islam, delle rivelazioni che il profeta Maometto avrebbe ricevuto da Dio nel VII sec. d.C. -, e dalla sunna, azioni e detti del profeta stesso. Da soli, però, non bastano per indicare la retta via: a tradurre la sharia in leggi scritte e particolari sono i giuristi, e quindi possono esservi interpretazioni diverse, talvolta anche contraddittorie. I contenuti della sharia si dividono in due macro categorie: quelli che regolano il rapporto fra l’uomo e Dio, e quelli che regolano i rapporti fra gli uomini. Fra i primi ci sono i cosiddetti cinque pilastri dell’Islam: la professione della propria fede, la preghiera, l’elemosina, il digiuno nel mese sacro di Ramadan e il pellegrinaggio alla Mecca. Fra i secondi ci sono, invece, le norme da tenere nei confronti delle altre persone e delle cose: per esempio l’indicazione che uomini e donne hanno pari dignità davanti a Dio, o le norme che impongono ai fedeli di essere giusti nei loro affari, di astenersi dalle bugie, di promuovere sempre le cose giuste e rifiutare quelle sbagliate.
I musulmani hanno tradizionalmente riconosciuto che una società islamica dovrebbe essere governata in modo coerente con la sharia. 𝗘𝗱 è 𝗾𝘂𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝘀𝗰𝗲𝗻𝗮 𝗹𝗮 𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗮. I valori della sharia prevalgono su quelli democratici nell’immaginario etico popolare. Non è un caso che i talebani abbiano immediatamente assunto l’impegno a dichiarare l’Emirato Islamico e l’applicazione della sharia. E la sharia, dunque, non è democratica perché le leggi di Dio devono avere la priorità sulle leggi umane. L’Islam può essere vissuto correttamente solo in uno Stato governato esclusivamente dalla sharia, il che è quanto sostengono i talebani.
Sed: siamo davanti, -e occorre tenerlo sempre presente-, a modelli culturali e a forme di civiltà diversi tra oriente e occidente. Il punto è capire come i talebani decideranno di applicare la sharia, con che livello di integralismo, e capire se le aperture mostrate sono di facciata, per ottenere legittimità e evitare l’isolamento internazionale. Certo è che al suo interno il martoriato Popolo Afghano deve poter trovare modo di reagire, secondo la propria cultura.
Non può l’occidente credere di diffondere i propri sistemi in realtà sociali e culturali lontani dalle proprie visioni, non perché esseri umani diversi, ma perché esseri umani che vivono ‘cultura’ diversa, in sistemi di vita sociale e religiosa, diversa. Ciò che però deve accomunare gli stati, è il rispetto delle persone, dei popoli, la salvaguardia di una umanità che anela diritti e tutela sociale, il dovere di favorire vita e pace sociale.
Non si girino dall’altra parte i potenti della “terra”, siano parte del Tutto, soprattutto sappiano rispettare e dialogare, è il primo approccio politico con i popoli. Non si riconoscano legittimati gli assetati di potere, fino a che garanzie di equa amministrazione e diritti umani non si raffermino.
Quando interessi di parte non calcolano i rischi, e non mettono la cura del territorio e la vita della propria gente al primo posto, l’unica politica vincente non è populista, né sovranista, ma la risultanza illuminata del fattore ‘terzo’: il sovranazionale, di concertazione e sostegno reale da parte della comunità internazionale ai diritti/doveri civili.
La caduta del senso dell’etica, nel vivere sociale moderno, è il dato realisticamente più grave. Le culture della materialità, privati del senso del sacro - e il sacro comprende il rispetto di ogni persona -, che tutti accomuna, divorano ogni senso di umanità, ogni criterio del giusto. Siamo parti del Tutto e, non solo di risorse minerarie, di armi, o di oppio. Nel Tutto, gli occhi dei bambini sono l’attenzione primaria per cui si rende necessario sedare ogni insensata presa di potere che non dia garanzie di affidabilità. La storia insegna che l’agire di singoli, con i loro gesti di altruismo, nel donarsi, testimoniano che il concetto di umanità è sovranazionale, è superiore a ogni interesse di potere, di parte. Ed è nell’amare, nel desiderio reale del bonun facere, che si genera fecondità sociale. Amare implica Conoscere, Capire, Agire, mai giudicare. Realisticamente, con Ivan Illich, abbiamo perso, -in questa opulenta società-mercato-, il senso che il comportamento virtuoso è confacente all’essere umano. Questo senso lo abbiamo perduto con la nascita del concetto di valore. E, mentre il BENE È ASSOLUTO, i valori possono essere positivi o negativi. Ciò cui è necessario aspirare è il Bene, occorre cercare il Bene, che è un’esperienza non un valore, quell’esperienza che rende Vita alla vita, asciuga gli occhi bagnati dei bambini rendendogli sorriso, riconosce Umanità all’umano agire!
L’uomo, scriveva Salvatore Quasimodo, grida dovunque la sorte d’una patria. E il ‘dovunque’ vive nel mondo intero!
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