Essere
dentro il fiume della storia di cui
si vuole essere parte viva, propositiva, che sa guardare avanti, verso
orizzonti e nuove frontiere di pensiero, capace di fare differenza valoriale,
significa rivolgere lo sguardo con cuore puro all'edificazione dell’uomo,
principio e fine di ogni proponimento sociale. Viviamo nel tempo
in cui si è sviluppato un fare politico distorto, inteso come occasione speculativa
da gestire, dimentico del suo essere di ‘servizio’, virtù pro bonum facere; assoggettato a un’impalcatura costruita sull'inconsistenza che ha per fondamenta l’arroganza dell’ego.
L’insegnamento
sociale cristiano possiede un’imprescindibile dimensione pratica: è chiamato a evitare
la dannosa divisione che separa la fede pratica, l’azione che nasce dalla
passione politica di coscienza, dalla vita effettiva, separazione che oggi,
purtroppo, si sperimenta. Una società che non reagisce davanti alle
ingiustizie, peggio non cerca di alleviarle, non è all'altezza della propria
sostanza umana. Kant sosteneva che ogni motivazione o
finalità utilitaristica corrompe l’atto morale nella sua purezza. Egli intende
il dovere come libertà di un essere razionale che interroga se stesso e obbliga
se stesso, lega così il dovere all'essenza stessa della moralità. Subentra
Nietzsche che alla morale del dovere, sostituisce la morale del volere. Il mio
pensare è volto a unire i due concetti rendendoli utili al tempo attuale, per
cui accanto alla morale del dovere è necessaria la morale del volere. Entrambe
le categorie hanno necessità d’essere e divenire per edificare l’umanità. Ergo: la politica emotiva non è
politica, l’emotività non è il soggetto della politica, soggetto della politica
è l’intelletto speculativo che induce all'azione responsabile, capace
sicuramente di emozionare, toccare profondamente l’anima, ma nell'esercizio pratico della carità intellettuale, che pone al centro della sua azione la
Persona.
E,
allora, è impellente la necessità di testimonianze concrete, del buon fare, di
modi di agire che siano specchio del sentire serio, equo, che superi le
sperequazioni perpetrate ignobilmente, che solo hanno determinato crescita del
divario dei ceti sociali. C’è bisogno di sapienza, di cognizione di causa, di
capacità di pensare, non di idee prevaricanti, di cattedre inamovibili, di
nemmeno troppo velate campagne marketing, ma di comunione di idee, di
edificante dialogo. Parafrasando, per
analogia, il miracolo operato da Gesù sulla bambina che non camminava, c’è
bisogno che forte si levi l’esclamazione, Talikà
kum: Fanciulla alzati!(Mc 5,21-43).
È dalla
conversione del cuore, dalla sana presa di coscienza che scaturisce la
sollecitudine all'impegno per risanare le istituzioni, gli organismi, le
condizioni di vita antitetiche alla dignità umana. Un impegno politico non
sorretto da valori interiori, dalle virtù, dal credo di un pensiero di bene
comune, è debole oltre che di breve durata. Anelare al senso sano della libertà
è un dovere. L’impegno che fa la
differenza è nell'essere consapevoli della propria libertà, consapevolezza
propria di ogni cristiano che sanamente si riconosce libero da qualsiasi
vincolo di connivenza: l’uomo vive non solo di pane ma di quanto esce dalla
bocca del Signore, e ‘levatevi dal timore
servile’ implora con voce ferma Caterina da Siena, uscire dalla condizione
servile è necessario per rispettare la dignità umana, poiché, con Dante: “Considerate la vostra semenza: fatti non
foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Urge, nella
raccomandazione di Caterina, superare in politica il sonno della negligenza,
ovverosia, i vizi di
cui l’uomo politico si rende schiavo: evitare la contesa, rimandare la decisione, tollerare il male. La metodologia politica deve essere sorretta da un’antropologia
qualitativa, che miri a ottenere la fiducia autentica dei cittadini sempre più
lasciati soli.
La pace sociale non nasce dalle iniquità. dalle sperequazioni, dal malaffare o dall'indifferente quiescenza, ma dal rispetto delle posizioni, dalla mitezza rivoluzionaria, dalla carità intellettuale che è propositiva.
Il bene ha sempre un orizzonte profondo, che tende all'infinito, alla comprensione piena dell’umanità, e procede con un passo oltre
ciò che è meramente percepibile. Il progetto di bene non è mai circoscritto; le
problematiche innescate dai flussi migratori, da una scarsa capacità alla
comprensione umana, dal volere a tutti i costi delimitare e confinare i popoli
in territori di cui non si sentono più parte, rischia di far passare in secondo
piano la ricchezza che costituisce il Mediterraneo, ponte di dialogo e sviluppo
economico, così come è elusa e denigrata la potenzialità dell’Europa che ha
responsabilità mondiali da assolvere sul piano politico, economico, culturale e
spirituale. Essa deve recuperare le sue radici culturali umanistiche e
cristiane che sono già state in passato la vera anima culturale dell’Europa. Non
si possono chiudere gli occhi di fronte verità, bontà, utilità, triade
imprescindibile per il bonum facere;
allo stesso tempo, non possiamo negare che l’Europa moderna si è formata su una
filosofia basata sul primato dell’io di alcuni Paesi a discapito di altri, della
soggettività, considerando l’altro come un concorrente, un antagonista. La
filosofia della soggettività, ne dà doloroso riscontro la storia, ha prodotto le
visioni totalitaristiche del nazionalismo, del fascismo, del comunismo.
L’Europa di domani dovrà potersi costruire su una filosofia diversa, non più
basata sul primato di alcuni Paesi, quindi dell’io, ma sul primato dell’altro,
deve saper fare propria la vocazione alla solidarietà, e il volto dell’altro,
il volto del prossimo, soprattutto del prossimo bisognoso e sofferente, deve occupare
il primo posto in ogni proponimento di sviluppo.
La politica è fatta di contenuti; la sua crisi troverà la soluzione ricominciando un cammino nuovo là dove la politica è nata, cioè nelle città: l'ingovernabilità della società comincia dall'ingovernabilità delle città; l'immoralità dilagante ha la sua anagrafe nell'immoralità delle città. Per i teologi del medioevo, la città è per definizione la casa della giustizia, della fraternità, della condivisione.
Come la personalità umana è sempre la risultante di un
progetto e di cure assidue, così una conquista di civiltà è il frutto delle
energie più sane della società, che hanno la capacità di lottare per tradurre
un ideale dal piano delle enunciazioni teoriche a quella della realtà vissuta. All'educazione del singolo fa riscontro quella del corpo sociale, nel quale
ognuno di noi è inserito: non si può migliorare l’umanità se non attraverso la
formazione dell’individualità. Occorre formare l’uomo, se si vuole una società
che sia a misura d’uomo e che non corra il rischio di esser travolta dall'irrazionalità ingannatrice dei ciarlieri. Il significato della vita umana
e la dignità dell’uomo sono strettamente connessi a un’agire responsabile. C’è bisogno che forti si levi l’esclamazione, Talikà kum: Fanciulla alzati!(Mc 5, 21-43).
[Foto: Giulio Cesare Procaccini, The Ecstasy of the Magdalen]
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