Monaco basiliano, calabrese, si riconosce amante dell’Amato e ispirato dal suo profondo sguardo indagatore, attratto dalla rinomanza dei Padri Basiliani
di Tauriana, della provincia di Reggio Calabria, peregrinò da giovanissimo e
chiese di essere ammesso nell’ordine. Quando, infatti, fu accettato, impressionò
i confratelli con la sua continua preghiera, protratta oltre i normali limiti
umani, i patimenti fisici e le esaltazioni mistiche.
Costretto a fuggire dal Mercurion dalle continue
incursioni saracene trovò rifugio sul Kellarana, allora luogo completamente
selvaggio ma nelle cui vicinanze si trovava la strada della Seja che
collegava il Tirreno con lo Ionio, attirando nel tempo, grazie alla sua fama di
santità, numerosi altri asceti e pellegrini.
Visse da penitente nelle boscaglie del Monte
Cellerano, curando spiritualmente i primi abitanti di Mammola (RC);
santificatore delle loro anime e grande operatore di miracoli, ancora oggi i
Mammolesi lo pregano e venerano con altissima devozione.
L'insegnamento di san Nicodemo è per molti aspetti
somigliante a quello di san Francesco d’Assisi. Leggende, racconti pervenutici lo
descrivono mentre difende un lupo dai contadini che lo vogliono uccidere
dimostrandone la socievolezza, oppure mentre impedisce a un confratello di
colpire uno scorpione poiché anch'esso "creata da Dio per stare sulla
Terra".
Le sue ossa riposarono sul
Monte Cellerano sino al 16 ottobre 1588 quando, per decreto dell’Università di
Mammola e del suo Barone D. Indico da Aragona de Ajerbis, Bolla Pontificia di
papa Sisto V e editto del Vescovo di Gerace, Ottaviano Pasqua, con imponente
solennità, sono state trasportate in Mammola.
A Cirò fu donata un’insigne reliquia che si conserva
nell'oratorio al Santo dedicato.
[Foto: S. Nicodemo Abate]
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