«Voi avete speranza! Voi avete il tempo! Avete più tempo per sognare, organizzare e compiere il bene. Voi siete il presente e tra le vostre mani già si sta costruendo il futuro! E avete l’entusiasmo per cambiare il corso della storia! La vera resistenza al male non è il male, ma l’amore, capace di guarire le proprie ferite, mentre si curano quelle degli altri». Così SS. Papa Leone XIV incoraggia e saluta i giovani accorsi a Bkerké, nel piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti.
Gioventù Libanese, Siriana, Irachena, una moltitudine di giovane speranza, ha testimoniato che si può vivere nelle diverse culture, con amore di prossimità e rispetto della dignità umana. Il Papa esorta al principio di vita nuova, la speranza che viene dall’alto: Cristo! Incanta quando asserisce: «Non si ama davvero se si ama a termine, finché dura un sentimento: un amore a scadenza è un amore scadente. Al contrario, l’amicizia è vera quando dice “tu” prima di “io”. Questo sguardo rispettoso e accogliente verso l’altro ci consente di costruire un “noi” più grande, aperto all’intera società, a tutta l’umanità». Sull’esempio di san Charbel, sollecita: «In un mondo dominato da distrazioni e vanità, riservate un tempo per chiudere gli occhi e guardare a Dio, che a volte sembra silenzioso o assente, ma si rivela a chi lo cerca nel silenzio», ciò apre alla consapevolezza di un mistero infinitamente più grande: avere Dio nell’animo. Esorta a cuore aperto i giovani libanesi: «Crescete vigorosi come i cedri e fate fiorire il mondo di speranza!».
Da questa appassionata tappa finale del primo viaggio internazionale di Papa Leone XIV in Turchia e Libano, dal 27 novembre al 2 dicembre 2025, introduco all’importanza storica che ne è scaturita.
1700 anni dal Concilio di Nicea
Il viaggio in Turchia di Papa Leone XIV è stato di ispirata intuizione: si è celebrata la ricorrenza dei 1700 anni del Concilio di Nicea e, al contempo, è stato scritto un capitolo importante nella storia della Chiesa. L’evento riporta con determinazione alla radice dell’unità del cristianesimo, al Credo imprescindibile, a Cristo fondamento della Chiesa. Il Papa ha offerto un discorso di cristologia radicato nella Tradizione della Chiesa, richiamando la dottrina dei Concili e dei Padri, ribadendo l’unicità dell’Incarnazione del Verbo e la centralità della Persona divina di Cristo. Un linguaggio che si concentra sulla natura divina di Cristo, che è Dio con noi. Papa Leone ha voluto sottolineare la professione di fede del Concilio di Nicea sia come memoria della necessità dell’unità cristiana basata sulle affermazioni del Credo della Chiesa, sia come conforme monito contro quel tipo di giudizio privato che ha distorto la Rivelazione e ha portato a un indebolimento della testimonianza cristiana nel corso dei secoli. Ecco che Nicea ritorna a farsi fonte di acqua viva. Il Papa e i Patriarchi, hanno pregato insieme dove i Padri del 325 hanno difeso la fede in Cristo consustanziale al Padre, un ritorno alle sorgenti poiché Nicea, oggi Iznik, ha ricordato chi è Cristo. Chi professa il Credo niceno sta dentro la stessa radice, Cristo, che non è un’autorità politica, né un’identità culturale. Roma e Costantinopoli si sono ritrovate per riconoscere che, nonostante infinite incomprensioni, il cuore è rimasto comune. È sembrato di assistere all’incontro tra Pietro e suo fratello Andrea, primo apostolo, i due fratelli testimoni della stessa fede, che ancora oggi parlano.
Perché il Concilio di Nicea
Sono, dunque, trascorsi 1700 anni dal Concilio di Nicea, convocato nel 325 dall’imperatore Costantino, in cui i Padri conciliari approvarono il Credo. La storia narra fatti e l’impegno della Chiesa, fin dai suoi albori, ha parlato di fatti. Nel Concilio si affrontarono innanzitutto questioni dottrinali, e la trattazione principale riguardò la lotta ad Ario e all’arianesimo che negava la divinità di Gesù. È noto che per esprimere la verità di fede, il Concilio adottò due parole – “sostanza” (ousia) e “consustanziale” (homoousios) – che non si trovano nella Scrittura. L’intenzione del Concilio non era quella di sostituire le affermazioni bibliche con la filosofia greca, piuttosto usare questi termini proprio per affermare con chiarezza la fede biblica e distinguerla dall’errore di Ario, che era profondamente influenzato dall’ellenismo. Il Concilio di Nicea condannò severamente la posizione di Ario, poiché dottrina contraria alla fede, le cui affermazioni e descrizioni blasfeme, oltraggiavano il Figlio di Dio. Per dirimere la controversia ariana, i Padri conciliari rifiutarono il modello del monoteismo propagato da Ario, confermando il credo secondo cui Gesù Cristo, come Figlio di Dio, è consustanziale al Padre. Questa confessione è diventata la base della comune fede cristiana, essendosi svolto il Concilio di Nicea in un’epoca in cui la cristianità non era stata ancora lacerata dai numerosi scismi che si sarebbero verificati in seguito. Papa Leone XIV sottolinea come «il Credo niceno ci invita a esaminare la nostra coscienza» (1).
Oltre alla confessione cristologica, il Concilio si occupò di questioni disciplinari e canoniche, problemi e preoccupazioni pastorali della Chiesa all’inizio del IV secolo. La questione pastorale più importante che si affrontò fu quella della data della Pasqua. Il merito del Concilio di Nicea è aver posto la questione e cercato una regola uniforme (2): si stabilì di legare la resurrezione di Cristo al calendario di Cesare, utilizzando l’equinozio di primavera come riferimento fisso per la determinazione della Pasqua cristiana. E si stabilì: la Pasqua cadrà la prima domenica successiva al primo plenilunio, dopo l’equinozio di primavera. La Pasqua varia tra il 21 marzo e il 25 aprile perché deve tener conto di tre fattori: l’equinozio di primavera; il 14 della prima luna, memoria della Pasqua ebraica; la domenica, memoria della resurrezione di Gesù.
Una nuova situazione venne a prodursi nella storia del cristianesimo nel XVI secolo, in seguito anche al Concilio di Trento (1545-1563), che fu convocato come risposta alla riforma protestante e produsse la controriforma, cioè l’insieme di misure di rinnovamento spirituale, teologico, liturgico. Si discusse dell’esigenza di un nuovo Calendario, ancor più perché la festività della Pasqua, si stava progressivamente spostando oltre primavera. Divenne pregnante pensare a una riforma del calendario. E, il Giubileo indetto con la Bolla “Dominus ac Redemptoris” del 1575 fu una felice occasione per Papa Gregorio XIII, di attuare la riforma del calendario. Istituì una Commissione incaricata di risolvere il problema. Fu considerata e poi accolta la proposta di Antonio Lilio per conto del fratello Luigi Lilio. Il 24 febbraio del 1582 Gregorio XIII promulgò la riforma del calendario, attraverso la bolla Inter gravissimas, lo stesso fu emendato il 4 ottobre del 1582. Il libro di Luigi Lilio è rimasto manoscritto ad oggi introvabile. Perdurano interrogativi che non determinano esaustiva conoscenza del misterioso personaggio Luigi Lilio, e del fratello Antonio: tasselli storici sono stati posti (3), ma occorre ancora approfondire conoscenza.
Con la riforma del calendario Gregoriano, la Pasqua si celebra sempre la domenica successiva al primo plenilunio di primavera. La conseguenza di questa decisione fu che, da allora, le Chiese in Occidente calcolano la data di Pasqua secondo tale calendario, mentre le Chiese in Oriente continuano a celebrare la Pasqua secondo il calendario Giuliano, che era usato in tutta la Chiesa prima della riforma del calendario Gregoriano, sul quale si era basato il Concilio di Nicea.
La felice circostanza legata all’anniversario del Concilio di Nicea sollecita concretamente a unire le radici comuni della fede, anelare l’unità con i fratelli d’Oriente. E l’incontro a Istanbul segna una svolta: il mondo ha assistito alla firma della dichiarazione congiunta tra Papa Leone XIV e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, in cui confermano il loro impegno verso la piena comunione. La dichiarazione congiunta non nasconde ferite aperte, incomprensioni nei secoli, ma si offre un’opportunità storica assumendo tre impegni concreti:
- custodire la fede di Nicea: il Figlio consustanziale al Padre, la Trinità santa, la Risurrezione del Signore;
- la dottrina non si negozia, si chiarisce, ciò impegna a continuare il dialogo teologico sui punti che ancora impediscono la piena comunione;
- lavorare per una data comune della Pasqua.
Messaggeri di Pace
La concentrazione su Cristo, camminare insieme in Lui e per Lui, fa emergere un’unità più profonda delle divisioni, e l’unità si riconosce in Colui che è Via, Verità Vita, Cristo. E, nel clima solenne dell’incontro Ecumenico ed Interreligioso, Papa Leone XIV ha indicato la via che il cristiano può percorrere in ogni incontro: la via del Vangelo, la via della dignità dell’uomo, del rispetto e della verità detta senza aggressività e senza paura, la via capace di contrastare l’intolleranza, superare la violenza, bandire l’esclusione. Il Papa ha consegnato Cristo come chiave di lettura dell’uomo e della storia. È Cristo che guida la sua Chiesa che dialoga e rinnova speranza nell’umanità.
Il viaggio del Santo Padre ha avuto epilogo storico. Le sue parole concrete rendono consapevoli della realtà in cui versano i territori, ma incoraggiano a guardare alla certezza della promessa che Cristo stesso pronuncia, «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt, 28, 20).
Nota Bibliografica
(1) Cf. Leone XIV, Lettera Apostolica, IN UNITATE FIDEI. NEL 1700° ANNIVERSARIO DEL CONCILIO DI NICEA, dal Vaticano, 23 novembre 2025, n. 5.
(2) Cf. Maria Francesca Carnea, Concilio di Nicea, Calendario: congiuntura per le Chiese cristiane, in Il Domani d’Italia, 18 aprile 2025.
(3) Cf. Maria Francesca Carnea, Luigi Lilio, un italico matematico mistero, il Calendario Gregoriano e Cirò, antica Chone (KR), in Revue Internationale en Sciences Humaines et Sociales, Observatoire des Processus de Communication, eBook n. 1, 2024, pp. 63-77; Il calendario Gregoriano, Luigi Lilio, l’Umbria e Frascati: la strada della conoscenza, in Academia.edu, 31 ottobre 2025.


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