Eppure compito della Magistratura è quello di fermare mafiosi e criminali, di non interpretare ma applicare la legge che il Legislatore, in Parlamento, promulga. È mai possibile che in Italia si assista a continue contrapposizioni dei poteri istituzionali, vedi questione migranti tra Governo, la Presidente Giorgia Meloni, e la Magistratura, perdendo di vista il bene comune e, soprattutto mi chiedo: la contrapposizione, fine a se stessa, offre soluzioni a problemi? Ne deriva che la cittadinanza rimane confusa, sfiduciata dalle istituzioni.
Per cosa opera la Giustizia? Continuo a credere che operi per il giusto, e non certo per perseguire persone, seppure si riconoscono “non ricattabili e che non inseguono interessi personali”. È giusto operare il giusto, non è giusto contrapporsi senza una ragione oggettiva.
Si può non condividere una posizione politica, una visione politica, siamo in una Repubblica democratica, anche se spesso ho manifestato le mie remore circa applicazione sistemica di antichi ‘retaggi feudali’, corporazioni difficili da espugnare. Tuttavia continuo a chiedermi: è legittimo l’attacco alla persona? Attenzione: l’attacco alla persona è tipico di chi cerca di farsi forte ‘eliminando’ un supposto avversario, non avendo argomenti ragionevoli con cui ribattere, ed è sempre un segno antidemocratico, di prepotenza illiberale, oltre che di incompetenza, ancor più nel non rispetto dei ruoli differenti.
I greci chiamavano demos il Governo del Popolo, ossia la Democrazia, vale a dire quella possibilità di decidere partendo dalla competenza. Si assiste, tuttavia, a tutt’altro nel panorama dei diversi poteri istituzionali: sembra che si decida in base all’appartenenza politica, all’attrazione che suscitano coloro che si presentano in televisione, in base a ideologie faziose, all’appartenenza religiosa, in base, quindi, a uno scenario che Platone avvertiva come nemico sia della filosofia che della stessa democrazia: la retorica, e la sofistica.
Sembra proprio che il fine sia mantenere lo status quo utile a pochi.
I retori che oggi possiamo individuare nei mass media, e coloro che vi compaiono, finiscono per essere gli aggregatori del consenso, e quindi coloro che concentrano sulla base del consenso i processi decisionali, senza che tutto ciò avvenga su base democratica. La democrazia, tuttavia, funziona allorquando coloro che ‘decidono’ sono competenti, diversamente, e automaticamente, abbiamo già rinunciato alla democrazia.
Ne sono persuasa: se abdichiamo al pensiero abbiamo abdicato a tutto, compresa la democrazia. Ci troviamo in un contesto in cui il bisogno del pensiero sembra evidente, direi urgente da praticare. La prima ragione parte dalla necessità di non contrapposizione.
Ergo: pensare induce apertura al dialogo, con esso elementi di ragionevolezza possono dirimere, chiarire, vagliare posizioni. Occorre vivere la politica, e i diversi organi di potere di una Nazione, non come fossero una religione, nessuna religione chiede di pensare, ti chiede semmai di credere. Quando Platone fonda la Città ideale, prevede che tra quelli che devono uscirne, oltre ai retori e sofisti, siano anche i sacerdoti perché costoro esprimono una dottrina non con le strutture del pensiero ma con le strutture della fede, e parlano secondo autorità. Ciò in cui credono non dipende dal contenuto che si fonda su di se, ciò in cui credono dipende dall’autorità di chi pronuncia detto contenuto, va da sé che in questo modo non c’è una possibilità di pensiero. In questo senso ha ragione Nietzsche quando dice Dio è morto, naturalmente non nel senso che non si può più credere in Dio o guai a chi crede in Dio, tutti possono credere, e nel rispetto di tutte le fedi. Tuttavia Dio nella società contemporanea - contrariamente al medioevo che non si può capire senza Dio - non è più ciò che fa accadere le cose del mondo, il mondo accade secondo altre categorie di potere, soprattutto economiche: il denaro è diventato il generatore simbolo di tutti i valori, l’assiologia è spogliata dei suoi tratti fondanti legati alle virtù umane, alla responsabilità etica, morale. E lo vediamo: accade nelle nostre istituzioni ed è anche argomento attuale, cocente nel Medioriente, e nel cuore dell’Europa.
Ecco che occorre fare un passo indietro rispetto alle contrapposizioni che possono degenerare, esondare da margini contenibili, e diventa indispensabile non abdicare al pensiero, per il bene di una Nazione unita, la cui esistenza autonoma è stata frutto di sangue e di sogni di patrioti.
È dovere morale inderogabile: non si attaccano le persone perché non sono ricattabili, perché non agiscono per un interesse personale, o perché non se ne condivide struttura pensante. Gelosie e invidie sono espressioni di infantilismo acuto le cui conseguenze in Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono state evidenti ma sottaciuti dalla stessa classe istituzionale.
Il sistema democratico chiede competenza, equilibrio e rispetto.
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