Perchè si parla di salus animarum? Nella Lettera a Diogneto, (6), leggiamo: “Ciò che l’anima è nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo”. In questo concetto si specchia l’ultimo canone del Codice di Diritto Canonico, can. 1752, (Libro VII), che sancisce: “La salvezza delle anime deve essere sempre nella Chiesa la legge suprema”. La salus animarum abbraccia l’intero Corpo della Chiesa, l’intero Popolo di Dio, e chiama ogni membro dello stesso a prestare cura e attenzione alla salute e salvezza di ciascuna anima, amore sconfinato cui ogni tensione deve propendere.
Mi innamorai di queste due parole, salus animarum, mi incuriosivano per la profondità: ne ho avvertito poesia, abisso d’intendimento, capace di aprire squarci di cielo, di umanità. Volli approfondire conoscenza, scelsi la scuola dei Domenicani, presi atto dell’importanza e suo fondamento che lo differenzia dal Diritto Civile, che ha una diversa impostazione o, se vogliamo, diverso punto di approdo: se nel Diritto Civile vengono prima i diritti e poi i doveri, nel Diritto Canonico è l’esatto contrario, vale a dire viene prima il dovere e poi i diritti. La categoria morale caratterizza la normativa nell’ambito della Chiesa. Una disposizione che, a mio avviso, sarebbe da applicare al vivere quotidiano. Il ‘dovere’ verso l’altro, categoria morale intesa come rispetto e ascolto, viene prima di ogni cosa, il dovere coinvolge l’agire, responsabilità etica che caratterizza e vincola alla coscienza, virtuosa condizione al discernimento del giusto agire. Nell’ottica, quindi, di un sano rapporto tra giustizia e carità, la legge della Chiesa non può prescindere dal fondamentale principio della salus animarum. Ecco, ancora, la meraviglia di questo assunto: legge suprema della Chiesa, rende l’ordinamento canonico realmente di un genere suo proprio rispetto agli ordinamenti civili, perché -ed è qui l’unicità - non è chiuso nei confini dell’esistenza umana e di una giustizia legale, anzi li trascende e li sovrasta, indicando l’orizzonte della vita eterna.
La salus animarum, dunque la salvezza delle anime, costituisce principio e fine nella Chiesa, la “legge suprema”. Fonte di questa affermazione la rinveniamo nella Prima Lettera di S. Pietro: Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la meta della vostra fede: la salvezza delle anime.
Scorrendo percorso storico legato alle origini del diritto canonico, si evince come Papa Gregorio XIII, nel 1582, fa pubblicare in via ufficiale il Corpus iuris canonici, con il Decretum emendato. È noto che, nello stesso anno, il 1582, Gregorio XIII pubblicò la riforma del Calendario Gregoriano, che fu emendato il 4 ottobre del 1582. Aprendo piccola finestra, nel 1575, Gregorio XIII aveva istituito una commissione composta da nove membri per redigere riforma del calendario giuliano. Furono diversi i progetti di riforma presentati, fu considerata la proposta presentata da Antonio Lilio per conto del fratello Luigi Lilio, il cui libro è rimasto manoscritto ad oggi introvabile. Attualmente, di Luigi Lilio dati biografici permangono incerti, non è dato conoscere dove sia nato, la vita che ha vissuto, dove sia morto. Così come anche del fratello Antonio. Perdurano interrogativi, astrattezze, interpretazioni, ipotesi che non determinano esaustiva conoscenza del misterioso personaggio Lilio. Ecco che, attualmente, addurre appartenenze circoscritta a un territorio, piuttosto che a un altro, è precipitoso oltre che inattendibile. Abbiamo un’unica sola certezza, che oltrepassa le mere fantasie lucrative di inculturazione, cioè la promulgazione del Calendario ad opera di Gregorio XIII, attraverso la bolla Inter gravissima/Tra le cose gravissime, che pose fine all’utilizzo del Calendario Giuliano.
Ora, nel Codice di Diritto Canonico, prima fonte è la Parola di Dio. Oltre alla Parola di Dio è fonte anche la Patristica greca e latina - Origene ed i padri orientali: Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisostomo; Agostino ed i padri occidentali: S. Girolamo, S. Ambrogio. È importante rilevare che il criterio per porre in essere qualsiasi atto canonico in obbedienza alla legge suprema della Chiesa, rispecchia la formula, che si rinviene nelle Decretali di Papa Innocenzo III, divenuta costantemente presente all’inizio delle sentenze dei giudici ecclesiastici: Solum Deum pro oculis habentes/Avendo solo Dio davanti agli occhi.
Va da sé che il rispetto della persona, della salus animarum, non è solamente un portato del Vangelo, ma anche un portato della virtù cardinale della giustizia. Come modo di relazione intersoggettiva, il diritto si struttura come specifica risposta alle esigenze, ontologicamente oggettivabili, della coesistenza. Ci ricorda Tommaso d’Aquino: “La verità si connette con la giustizia, ed è anzi una “pars iustitiae” (S. Th., II-II, q. 109, a. 3). Ognuno ha verso gli altri l’obbligo di essere veritiero, e ciò anche perché senza il reciproco credito, sarebbe tolta la possibilità della convivenza imposta all’uomo dalla sua natura sociale. Tutta la vita in comune è cooperazione per cui, sostiene l’Aquinate: “Tra gli uomini non potrebbe mantenersi la società, se uno non aiutasse l’altro” (S.C.G., Liber III, c. 131). Il criterio di responsabilità, di riflesso, fa capo alla coscienza della persona. È, infatti, da tenere presente che il cristianesimo non lascia che la salvezza si compia solo nell’ambito esplicitamente religioso, bensì in tutte le dimensioni dell'esistenza umana, quindi anche là dove l’uomo non interpreta le sue azioni attraverso la riflessione religiosa, ma ama con responsabilità assoluta e serve l’uomo in modo disinteressato. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: Obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo e, secondo questa, egli sarà giudicato (Rm 2, 14-16).
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