domenica 7 agosto 2022

San Domenico di Guzmán e la tela Acheropita in Soriano Calabro (VV)

È lieta la circostanza dell’odierna festività di San Domenico di Guzmán, patriarca dell’Ordine dei Predicatori, per ricordare l’importanza di Domenico stesso, e del suo Ordine, anche per la Calabria poiché, se il suo corpo riposa a Bologna, il suo spirito è a Soriano Calabro (VV).

Appassionato della verità, s. Domenico, definito da P. Pierre Mandonnet, O.P., “tenero come una mamma, forte come un diamante”, fu Fondatore dell’Ordine dei Predicatori, nacque nel 1170 a Caleruega, in Spagna. S. Caterina da Siena riporta, ne Il Dialogo (c. 158), quanto il Signore disse di Domenico: «… prese l’ufficio del Verbo unigenito mio figliolo. Nel mondo pareva un apostolo, con tanta verità e lume seminava la parola mia, levando le tenebre e donando la luce. Egli fu un lume, che io porsi al mondo per mezzo di Maria». La tradizione ci dice che S. Domenico ricevette dalle mani della B. Vergine Maria la corona del S. Rosario. Questa preghiera consiste in un meraviglioso riassunto di tutto il Vangelo, meditato insieme a Maria.

L’Ordine domenicano, che realizza la perfezione della carità mediante il dono della verità «caritas veritatis», onora la Vergine Maria come Sede della Sapienza e Regina degli Apostoli. Gli episodi più importanti della vita di san Domenico sono connotati dal rapporto con la beata Vergine. Si inizia dalla conversione delle catare, eresia diffusa nel Sud della Francia. Domenico chiede, pregando intensamente la Madonna: cosa posso fare per loro? La risposta non tarda a venire: la Vergine gli indica un luogo, Pruillé, e una chiesa dove realizzare una comunità. Di fatto questo è il primo “atto costitutivo” della fondazione dell’Ordine Domenicano (1206) che vede prima la fondazione delle monache poi dei frati. Quando il pontefice Onorio III dice a Domenico di curare la riforma dei monasteri femminili di Roma, Domenico mette il monastero di S. Sisto, nel quale raccoglie le monache, sotto la protezione di Maria.

Nella lotta contro l'eresia uno degli argomenti principali della sua predicazione è la divina maternità di Maria. I catari negavano la divina maternità di Maria, perché negavano la realtà di Cristo, Dio e uomo; dicevano che Cristo era un angelo mandato da Dio ad insegnare la via della perfezione. Domenico perciò predicava soprattutto la vera umanità di Cristo, la sua nascita come vero uomo, la sua morte come uomo, la sua risurrezione come uomo. Questo comportava necessariamente anche la presentazione di Maria come vera madre di Cristo e perciò come madre dell’Uomo‑Dio.

Ritornando a Soriano Calabro, tra i primi seguaci di s. Domenico vi era un certo fra Giovanni di Calabria, presente in San Sisto Vecchio a Roma, nel momento in cui il Santo resuscitò il giovane Napoleone Orsini. San Domenico fu, pertanto, in contatto diretto con i monaci calabresi e li ebbe come cooperatori nella missione svolta tra il 1220 e il 1221. Non è inverosimile, dunque, che il Santo spagnolo avesse concepito il desiderio di venire in Calabria, e di fondare una fucina di apostoli proprio in Calabria. Non a caso, quindi, il dono della Sacra Immagine di San Domenico di Guzmán al convento di Soriano diede vita a un fermento di fede popolare, che portò alla realizzazione di un complesso monumentale tra i più grandi d’Europa. 

A Soriano, infatti, è legato l’evento miracoloso, avvenuto nella notte fra il 14 ed il 15 settembre 1530, nella chiesa del monastero domenicano. Accadde che la Vergine Maria, insieme a S. Caterina d’Alessandria e a S. Maria Maddalena, apparvero in visione al frate, il sagrestano Lorenzo dalla Grotteria, al quale gli fu consegnata la tela raffigurante San Domenico, che da allora è venerata come miracolosa e non opera dell’uomo. Infatti, la tela Acheropita, la sacra Immagine di San Domenico, fin dalla sua apparizione, ha avuto un forte impatto taumaturgico sul popolo cristiano, dispensando grazie a quanti si sono recati a pregare al suo cospetto. Innumerevoli schiere di pellegrini, da tutto il mondo, si sono recate a Soriano per venerare la Santa Immagine. 

La tela che rappresenta san Domenico con un libro in mano, è l’unica apparizione al mondo in cui la Vergine porta un’immagine di un Santo.

Il Santuario di Soriano è stato illuminato da un ulteriore evento miracoloso, legato ad una scultura lignea raffigurante il Santo Patriarca intento a predicare, scolpita nel 1855 da Giuseppe Antonio Ruffo che la modellò in un solo blocco di tiglio. Questa statua è stata realizzata per sostituire il quadro nelle pubbliche processioni. Nel 1870, a causa della soppressione degli ordini religiosi (1866), dei Domenicani a Soriano era rimasto soltanto il padre Tommaso Saráco, ultimo Provinciale di Calabria, presso una famiglia privata, e senza alcuna giurisdizione, con un frate cooperatore, Giovanni Cardile da Villa San Giovanni. Il 14 settembre di quell’anno la statua di San Domenico posizionata presso la balaustra, dopo le funzioni serali, cominciò ad animarsi. Lo stesso avvenne durante la funzione della «Calata del Quadro». Poco prima di mezzogiorno del 15 settembre del 1870 il pesante simulacro si mosse ripetutamente, quasi a segnare una croce con tutto il corpo intento a predicare. Una gran folla si riversò in chiesa per assistere al miracolo ed osservare i gesti del simulacro. Lo storico Antonino Barilaro O. P. al riguardo scrive: “La stella, fissata al vertice dell’aureola, emetteva bagliori come se fosse reale, e tutt’attorno irradiava un’insolita luce che vinceva quella del mezzogiorno”. Tale prodigio costrinse le autorità, contravvenendo a tutte le precedenti interdizioni, a dare il permesso per la processione con la statua di s. Domenico. In quello stesso giorno avvennero diverse guarigioni.

La preziosa presenza spirituale di s. Domenico impreziosisce, benedicendola, la terra di Calabria, e in Soriano la stella di Domenico continua ad attirare, a brillare sull’idea d’amore di Domenico, sintetizzata nella nota formula espressa da Tommaso d’Aquino: contemplari et contemplata aliis tra­dere (S. th. II II, q. 188, a. 6): contemplare e donare agli altri il frutto della propria contemplazione.

Il fondatore aveva un grande amore per il Verbo incarnato e per la sua parola che ha illuminato il mondo. Dio Padre disse a Caterina da Siena che Domenico «prese l’ufficio del Verbo» (Dial., c. 158). Ne aveva capito il bisogno, per un’intelligente diffusione e difesa della verità divina: ci sarebbe sempre stato chi avrebbe messo in pericolo la fede col fare sfoggio di scienza, o usando impropriamente le sacre scritture, peggio denigrandole.

Val la pena mantenere viva l’opera del Patriarca dell’Ordine dei Predicatori, un’opera improntata sulla carità della verità, il messaggio più alto e quanto mai attuale. Oggi il mondo ha tanto bisogno di verità, di amore e di autorità che conoscano e si lascino possedere dalla verità, dalla giustizia, poiché un’autorità esercitata con un potere senza verità, genera un mondo falso, ingiusto, disumano.

Tenero come una mamma, forte come un diamante: t’ascolterò con il cuore Domenico di Guzmán!

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