martedì 9 marzo 2021

Un seme di speranza si rinnova nella terra di Abramo

Lo storico viaggio di S.S. Papa Francesco in Iraq, ha riportato l’attenzione nel Paese mediorientale. La storia traccia un segno epocale con un cammino straordinario nel solco dell’amore, del dialogo tra fratelli, che anela alla pace. La visita in Iraq, voluta nonostante i rischi sia di sicurezza che di contagio, è stata sì, per il Papa, un pellegrinaggio, ma come ogni sua azione pastorale si trasforma in qualcosa d’altro. Per la prima volta nella storia in Iraq, un Pontefice di Santa Romana Chiesa, narra concretezza spirituale: il dolce Cristo in terra, così come definito da Caterina da Siena, non lascia sola la martoriata minoranza cristiana, emarginata, perseguitata insieme alle altre minoranze in quei territori, dall’opera terroristica messa in atto dall’Isis. Il buon pastore visita il suo popolo e dona loro un messaggio di coesistenza, di unità, di perdono, di vicinanza.

Siamo di fronte a una comunicazione intercomunitaria, testimonianza concreta di chi si dirige verso la comprensione umanizzante, non alza muri, cerca interazione, lealmente, senza proselitismo, né opera confessionale, di chi predilige il dialogo che costruisce. Dopotutto Cristo non ha fatto proselitismo, la fede è un dono di Dio, che accomuna cuori e menti che cercano di erigere ponti, relazioni necessarie, sincere, per conseguire pace, serenità dei popoli la cui gente, troppe volte, viene sottoposta a sofferenze atroci a causa di interessi che nulla hanno a che vedere con la fede.

Un viaggio questo del Santo Padre, che lascerà traccia profonda, per la visita a Mosul, città in cui sussisteva una consistente presenza cristiana, spazzata via dall’avanzata del Califfato dell’Isis, alla città di Qaraqosh, dove la comunità cristiana fu scacciata e in parte massacrata sempre dall’Isis, ma anche per la preghiera a Ur, nella Piana di Ninive, ai piedi della casa di Abramo.

Papa Francesco ha ribadito la sua convinzione: “La fraternità è più forte del fratricidio, la speranza è più forte della morte, la pace è più forte della guerra”, soprattutto che “Non è lecito uccidere nel nome di Dio”. Nello stesso tempo ha esortato, senza timori di sorta, i ‘potenti’, a che “Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace!”. Ha altresì chiesto rispetto per le donne che nei conflitti in Iraq hanno subito ferite profonde, asserendo: “Vorrei dire grazie di cuore a tutte le madri e le donne di questo Paese, donne coraggiose che continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite. Che le donne siano rispettate e tutelate! Che vengano loro date attenzione e opportunità!”.

L’auspicio è che si manifesti, da parte di tutte le realtà: religiose, politiche, sociali, una concreta volontà nel volersi adoperare per ridurre corruzione, ingiustizie sociali e, soprattutto, la presenza di armi in Iraq. Un seme di speranza si rinnova nella terra di Abramo che accomuna e unisce le tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo -2000 a.C. circa-, Cristianesimo -I sec.-, Islam -VII sec. d.C.-, un segno concreto alimentato nel dialogo, nella fratellanza spirituale, in quell’umanità da cui non si può prescindere per chi in un futuro possibile, vivibile, continua ad avere fiducia.

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