Nato a Roccasecca, muore il 7 marzo 1274 presso l’abbazia benedettina di Fossanova. L’Aquinate vive il suo tempo, ma illumina anche il nostro. Filosofo e teologo cristiano scelse il pensiero di Aristotele che valorizzò. L’intelligenza scopre, scrive Tommaso (S. Th., I-II, q.94, a.2) l’intelligenza coglie l’essere che è nelle cose. E, nel De Anima a. 5, afferma: La beatitudine o felicità suprema dell’uomo consiste nella sua più nobile attività che è l’intelligenza.
Nobilita l’intelligenza Tommaso, nobilita la persona, definendola sostanza individua di natura razionale, dotata, appunto, di intelletto e volontà, sottolineando un elemento caratteristico, fondamentale nell’essere umano: è la volontà che deve seguire l’intelligenza, non viceversa, cui purtroppo assistiamo in questa nostra contemporaneità. Quanto spessore intellettivo, luce che solo un sole può emanare, raccoglie la definizione di persona. Quanto, inversamente, opera invece la persona, la modernità sociale, schiava, spenta, che ha perduto il senso della centralità del proprio essere.
Smarrita, la persona, oggi, nella continua celebrazione della preminenza della volontà -prettamente animale- sull’intelligenza, si è spenta a favore di superficialità e messaggi dell’apparire, estemporanei, discutibili, perduta nell’era del profano mostrarsi, credendola libertà. Una liquidità sociale sempre più fluida, umanità confusa, sprovvista di consapevole conoscenza.
E, circa la conoscenza, Tommaso segue l’insegnamento di Aristotele, secondo cui la prima conoscenza è quella sensibile, che precede e prepara la conoscenza intellettiva. Attraverso i sensi noi percepiamo le cose, e formiamo nella memoria delle immagini sensibili. Successivamente, con un processo di astrazione, l’intelletto ricava da queste immagini i concetti universali, che corrispondono perfettamente alle forme delle cose. L’Aquinate seguendo Aristotele, ritiene che esista un intelletto ‘passivo’ che riceve i concetti universali, e un intelletto ‘attivo’ che li produce per astrazione.
Il Dottore Angelico supera, però, Aristotele che non aveva chiarito questo punto e il filosofo arabo Averroè lo aveva interpretato separando l’intelletto dall’anima individuale. Per Averroè esisterebbe un intelletto unico per tutti gli uomini. Per Tommaso, invece, sia l’intelletto passivo sia l’intelletto attivo sono funzioni dell’unica anima razionale individuale: l’anima ha in sé la facoltà e la capacità di ricavare dalla conoscenza sensibile i principi universali, di contro, per S. Agostino la conoscenza avveniva, per così dire, in direzione inversa, cioè dai principi universali alla conoscenza delle cose, ed esigeva l’illuminazione divina. Per Agostino la mente non aveva una capacità di conoscenza propria, non poteva conoscere se non riceveva da Dio i principi universali e necessari.
Sono molte le suggestioni a cui stimola il pensiero di Tommaso e che, assunti, coinvolgono e interrogano l’uomo portandolo alla valorizzazione, e sua edificazione umana.
Conferma la troviamo nell’esplicitazione dell’espressione ‘sinderesi’: tendenza innata dell’anima umana verso il bene e il rifiuto del male. (S. Th. I-I, q. 94, a. 1).
L’Aquinate, sottolineando il ruolo fondamentale, nella vita morale, dell’azione dello Spirito Santo, della Grazia, da cui scaturiscono le virtù teologali e morali, fa comprendere che ogni cristiano può raggiungere le alte prospettive del Sermone della Montagna, se vive un rapporto autentico di fede in Cristo. Però, aggiunge Tommaso, “Anche se la grazia è più efficace della natura, tuttavia la natura è più essenziale per l’uomo” (S. Th., Ia, q. 29, a. 3), per cui, nella prospettiva morale cristiana, c’è un posto per la ragione, la quale è capace di discernere la legge morale naturale.
La ragione può riconoscerla considerando ciò che è bene fare e ciò che è bene evitare per il conseguimento di quella felicità che sta a cuore a ciascuno, e che impone anche una responsabilità verso gli altri e, dunque, la ricerca del bene comune.
In altre parole, le virtù dell’uomo, teologali e morali, sono radicate nella natura umana. Pertanto, determinante nell’uomo è l’autoaffermazione coscienziale, la conoscenza, ergo la sinderesi come capacità di distinguere il bene dal male.
Tutto ciò che mette l’uomo, che è perfettibile, in contatto con l’assoluta perfezione, che è Dio, gli accresce dignità e grandezza. Lo abbassa, al contrario, tutto ciò che lo subordina interamente a forze impersonali a lui inferiori, quali la materia, i vizi mondani di cui si rende oggetto.
S. Tommaso d’Aquino continua ad essere un sole che mai tramonta.
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