Così recita il salmo 89,12: Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del
cuore. Ma a cosa conduce questo ardito intendere, che tipo di carezza
richiede l’anima, cos’è la sapienza del cuore?
Sapienza del cuore implica essere fatti di relazioni umane, unitamente all’esperienza quotidiana, preziosa, di ogni istante scandito dai giorni. Ciò conduce a quella forma di sapere che è saggezza, ovverosia conoscenza dell’intima natura dell’uomo, del suo rapporto con l’alterità, che chiede di vivere ciascun singolo palpito della vita di relazione, non perderne respiro.
Ci si orienta, così, a vivere non a caso, non per caso, ma
alla consapevolezza di quello che siamo, ai sentimenti che ci animano, alle
emozioni che proviamo. Essere consapevoli e, in compiutezza, presenti a se
stessi, consci dei pensieri e dei sentimenti che pervadono il cuore, significa
esserne padroni, fare e dire ciò che veramente si vuole, nel rispetto
dell’alterità, anziché parlare con superficialità o agire stoltamente. Indagare
la vita affettiva risponde alla vocazione originaria della filosofia e si
traduce in una vera e propria filosofia dell’esistenza, più che mai
necessaria al nostro tempo. Prendersi cura degli affetti è una
pratica necessaria non soltanto al benessere mentale e spirituale
dell’individuo, ma anche al bene
pubblico. Essi si traducono in gesti, azioni e sappiamo che per dare forma
a una società buona, bisogna costruire buoni pensieri che sapranno generare buone
passioni, anche se la società odierna tiene in poco conto i sentimenti,
sopraffatti da apparenze, false relazioni, finte fratellanze, forzate quanto
calcolate empatie, sentimenti sottomessi alla freddezza dell’indifferenza e del
tornaconto. Occorre, di contro, curare l’esistenza, trovarne giusto
significato, necessita imparare a contare i nostri giorni, a riempirli di valori,
innestarli nelle relazioni umane, e così avere contezza della sapienza del cuore,
che diviene carezza per l’anima.
Una caratteristica precipua della sapienza del cuore è il valore
della tenerezza, forza temperante della spiritualità e di
un’etica dell’attenzione per l’altro. Tale valore ancestrale, che nutre il
cuore, è considerato una forma di fragilità dell’anima, dannoso al bene pubblico
poiché, a detta dei benpensanti, impedirebbe di vedere con chiarezza politica
cosa è giusto fare per il bene comune. Ad esempio, vedere bambini sofferenti,
ammalati, piccoli profughi che sbarcano, di solito ci muove a tenerezza, per
cui ci è difficile non dare soccorso: il sentimento del cuore ottunde la
ragione. È espressione naturale del bene cui tendiamo: guardare le cose
con occhi diversi, da prospettive diverse da quelli della sola efficienza o
utilità. È una via di salvezza per la nostra società sempre più spaventata,
aggressiva, spogliata di cum
patior, derubata di
verità, di senso del sacro. Per contrastare i mali di oggi, ha detto Papa
Francesco, bisogna immaginare nuove forme di convivenza, fondate su una tenerezza combattiva e su una nuova
poetica delle relazioni.
Affine alla tenerezza è il valore della dolcezza,
che può nascere soltanto in un animo dolce. E dolci non sono soltanto i
cibi, ma anche le parole, gli atteggiamenti, così la dolcezza deve essere intesa
come uno stile, sostanza d’essere, un’estetica
dell’esistere, forza che contrasta la disgregazione dei legami sociali,
piuttosto li protegge. Per sua natura, la dolcezza, esige la giusta misura,
altrimenti se è un sapore disgusta, se è un atteggiamento diventa
stucchevole. Inoltre, poiché stimola la compassione,
la dolcezza, è un ingrediente fondamentale della giustizia, anche per questo
occorre riconoscergli un valore politico.
Va da sé che nutrirsi con elementi di valore dona luce alla sapienza del cuore, ne fa vibrare esistenza, denota l’importanza dell’approccio ai sentimenti, alle emozioni, agli atteggiamenti nel determinare la qualità della convivenza civile, nel senso precipuo dell’agere sequitur esse, e ad operare con convinzione e responsabilità, affinché si rimettano al centro delle relazioni sociali quei modi e quelle disposizioni dell’animo che, come pensavano gli antichi, non solo rendono migliore la vita personale, ma sono anche vere e proprie qualità pubbliche fondamentali per la costruzione di una società civile e giusta, innestata nella sapienza del cuore.
Ergo: nelle navigazioni spirituali, valoriali dei mari socio-politici, indagare, come comunicare sapere, è certo ardito compito, ricco di sorprese, a volte attraversato da quieto entusiasmo, a volte percorso da alte maree. Ma cultura è sensibilità, carezza per l’anima, la stessa capace di penetrare e liberare umanità alla meraviglia, formarla ad una giustizia sociale. Pensare con la propria testa, senza lasciarsi condizionare, insegna Mahatma Gandi, è indice di coraggio. E, la sapienza del cuore, ci rende coraggiosi, capaci di innestarci, con tenerezza, nelle atmosfere valoriali dell’umanesimo.
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