martedì 20 ottobre 2020

Traccia che resta solco: la Traslazione di Don Alessandro Vitetti


Quando ami la tua terra, la sua gente, la sua cultura, in verità, vorresti vedere ogni cosa splendere, con chiarezza, correttezza, gustarne meraviglia. Al contempo, e proprio per amore, quando ci si avvede di poca trasparenza, e inquietudine ti fa riflettere, occorre reagire, e ambire, così, alla comprensione delle realtà che meritano di essere nobilitate in conoscenza. E, affinché non cadi in quiescenza, una realtà su cui porsi domande è la Traslazione del corpo di Don Alessandro Vitetti, da Cirò (KR) a Cariati (CS). Si richiedeva, non assordante silenzio, muta accettazione da chi sapeva, piuttosto e solo, una serena comunicazione di conoscenza che si è voluta evitare. Perché? Per Chi? Porsi domande è un dovere morale! Amo approfondire le questioni, cercarne ragioni, laddove esistano, soprattutto se afferenti al Bene Comune, poiché, con Beethoven, bisogna fare tutto il Bene possibile, amare la Libertà sopra ogni cosa, e non tradire mai la Verità, né, aggiungo, il proprio Popolo.

Non mi sto riferendo al giorno in cui è stata programmata la traslazione, 12 u.s., piuttosto al 'fatto compiuto', quello che è stato maturato prima, senza che il Popolo di Cirò ne avesse sentore, se ne capissero le ragioni, minima conoscenza, da parte di chi invece ne aveva. Si veicolano tante inutili 'comunicazioni', sempre per autocelebrazione, credendo il virtuale reale, e qui parliamo di una Persona, Don Vitetti, bene non più privato, ma comune, proprio a seguito di un processo di beatificazione e canonizzazione in atto. Lo sconcerto rimane vivo per un territorio spogliato del senso di una sana comunicazione, del dovuto coinvolgomento della Comunità, non resa edotta della questione, in seguito all'agire delle parti interessate Cariati/Cirò. Dopotutto si stava trattando di un personaggio illustre, questo sì nativo di Cirò, il cui processo di beatificazione e canonizzazione è in corso. Ricordo che siamo ancora al secondo passaggio non compiuto, quello della venerabilità; solo dopo si passerà al terzo passaggio, la beatificazione, a seguito di un miracolo riconosciuto, che non significa quindi tempi brevi. Siamo, pertanto, in fasi primordiali che nemmeno giustificano l'agire attuato.

A Cirò, si è voluto sproloquiare su certezza di leggenda, rivendicando natali inesistenti a Cirò di S. Nicodemo abate, appurati da studi storici, mai tra l'altro S. Nicodemo è venuto a Cirò, se non con le sue Sante Reliquie, unica reale Sua spirituale presenza. Mentre di Don Vitetti, nativo di Cirò, se ne sono lasciate portare via spoglie, quasi in sordina. La Comunità non viene resa edotta, il fatto compiuto esce fuori per caso. Ed è traccia che resta solco nella storia di Cirò! Tuttavia, è da riconoscere che l'evento traslazione ha, per qualche aspetto, reso reale la storiella fiabesca (alla fratelli Grimm) che raccontava di S. Nicodemo mandato via da Cirò, dai Cirotani. Nel caso di Don Vitetti, però non i Cirotani comunità, ma solo i compiacenti che sapevano, hanno realizzato atto reale, che passerà sì alla storia, e non come favoletta, ma come segno concreto, lascivo e nocivo per Cirò, la sua storia morale.

I punti da tenere presenti:
--- Non vi è alcun canone che preveda traslazione a supporto di processi di beatificazione.
--- Può accadere che si proceda a una traslazione prima di iniziare il processo, ma é sconsigliato perché si può fare culto prima del tempo e così salta il processo. Atteggiamento dunque prudenziale è richiesto poiché nel caso di don Vitetti, servo di Dio, il processo è in itinere! È opportuno non cadere nel culto.
--- È la Chiesa che dispone, c'è un processo in atto, non più la Famiglia, che non può avanzare procedimento di traslazione, ma assecondarlo. È una questione di opportunità il fatto che venga portato dove ha trascorso più tempo, - sarebbe stato luogo naturale dal tempo stesso della sua morte ma, forse, Don Vitetti aveva espresso volontà di tornare nella sua Cirò?! -, questione di opportunità è dove c'è più fama di santità, dove i fedeli teoricamente dovrebbero pregare di più.
E, a scanso di equivoci:
--- La Chiesa, Popolo di Dio, quindi tutti noi, è chiamata a proporre mai imporre decisioni, questo perché opera in modo conciliare, in Comunione con i fedeli, resi partecipi, edotti. La Chiesa è il Popolo di Dio, senza Popolo di Dio la Chiesa non esiste! Così come il Comune è la Comunità, senza Comunità non esiste Comune. 
Ergo: perché allora non interpellare il Popolo? Non renderlo partecipe? Trattare la questione come fatto privato che di privato non ha nulla? Il Popolo ha voce in capitolo, sorregge le democrazie sociali.

Chiesa Madre non è realtà astratta, entità irraggiungibile, che non deve dare conto, ma realtà spirituale composta da umanità valoriale. Concreto è il Popolo di Dio, che ha voce, battezzato in Cristo è chiamato alla crescita e comunione fraterna, collaborativa. Ma, attenzione: si cresce nella Verità!

Esistono alcune forme di agire, che fanno capo a sistemi di dubbio gusto, che non possono, non devono appartenere a Madre Chiesa, non fanno parte della sua natura, della sua visione umana, ancor più quando si tratta di argomentazioni di comunione di popoli. Ricordo che la Chiesa non opera nelle catacombe, le ha sofferte, se ne è liberata con la grazia di Dio, venendo alla luce molti secoli fa. Altrettanto non hanno fatto alcuni sistemi settari, che continuano a rimanere nelle catacombe oggi tecnologiche, operando disposizioni da imporre, trascinando, chi si fa trascinare, negli stessi nefasti sistemi malsani. Ecco, queste realtà catacombali, in coerenza con se stessi, danno conto al loro sistema, mica rendono partecipi le Comunità civili che vivono alla luce del sole. O mi sbaglio?

Nei serafici toni di conciliazione, che hanno voluto indicare il Cimitero di Cirò luogo non consono a Don Vitetti, dove però ha dimorato per 25 anni, si doveva tenere conto che a Cirò abbiamo tante Chiese in grado di dare la dignità che merita il Servo di Dio, Don Vitetti. E non dopo 25 anni ricordarsi, Rossano-Cariati Diocesi/Cirò, che c'era un corpo da traslare, come se fosse un mezzo - per il processo -,  non il fine - dono spirituale per i territori, testimone di fede -. Il Bene è universale, e si caratterizza con l'agire consono, dato dal senso del dovere, - più che dal diritto di avere -, categoria morale, il dovere, imprescindibile per la determinazione corretta, costruttiva della società, e ancor più in Madre Chiesa il cui unico fine è la salus animarum di tutti.

Va da sé che saremo orgogliosi dovunque si trovi un figlio così speciale di Cirò. Ciò che inquieta, torno a sottolineare, è l'AGIRE, che ha condotto ad una espoliazione silenziosa, come se fosse cosa da non far sapere, da parte di chi, pur sapendo, non ne ha dato conoscenza alla propria Comunità. Cariati è cittadina amica, benevolente nei confronti di Don Vitetti. Cirò è una Comunità di brava gente, dotata di enorme pazienza, e ci conosciamo Tutti, anche chi nega di sapere chi siamo, o chi semina falsità. Se le cose vengono dette con chiarezza, con verità, il Popolo non è affatto incapace di apprenderle, e il Popolo lo si serve non lo si usa!

Nelle ombre dell'agire si rischia di inciampare e malamente, poiché i territori sono da edificare, non solo materialmente, ma soprattutto eticamente, spiritualmente. Nel momento in cui coglie se stesso come esistente, l’uomo è chiamato a prendere posizione, a rispondere all'esistenza concretamente, supportato da elementi di ragionevolezza, da sana coscienza, poiché male assoluto è l’abbandono alla povertà intellettuale. L’inerzia del giusto, prima di corrompere la politica, la società, corrompe la sua stessa persona, la impoverisce nel suo essere, inducendo a una deriva umana, alla sua involuzione. 

Ti auguro, terra mia, di rinnovarti nell'immagine che più ti appartiene: il cuore generoso che si specchia nella tua bellezza; ti auguro l'amabile coraggio della verità, luce che nobilita ogni Comunità, in storia e cultura; ti auguro la non quiescenza della conoscenza. Et sursum corda Calabria, cum libertatem conscientiae

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