S. Nicodemo è
originario di Sikròs. Lo studio di fonti mette in luce come spesso, nel
passato, errate interpretazioni o affermazioni approssimative, abbiano indotto
molti studiosi in errori che si sono tramandati nel tempo, condizionando una
più autentica lettura della storia. È necessario poter andare oltre quegli
elementi che la pietà popolare ha introdotto nel corso dei secoli narrando
fatti tramandati, spesso oralmente, la gran parte dei quali amplificati o
minimizzati dalla spinta emozionale. Ogni opera ha il
suo tempo adatto, dice il sapiente Salomone. Ciò che si compie
fuori tempo non solo non ha efficacia, ma addirittura riesce riprovevole; di
conseguenza, invece, è assai chiaro che qualunque cosa buona collocata nel suo
proprio ambito, sia utile. Inizia così il Sermone sulla vita del santo padre nostro Nicodemo ad opera dell’umile
monaco Nilo. Forse questo, quindi, è il tempo adatto per tributare giusto
onore al Santo Padre Nicodemo, è questo il tempo attraverso cui la terra di
Calabria si accomodi, con gratitudine e ossequio, a porgere dovuto tributo a un
suo figlio che, come genuino germoglio ha saputo rendersi fecondo in spirito,
alto in virtù umana, protettore dei giusti, amorevole verso quanti di lui, già
in vita, riconoscendone prodigi, potenza e carità, lo hanno venerato.
Di S. Nicodemo, la
vita è conosciuta grazie al sopra citato Sermone ad opera dell’umile monaco Nilo, del monastero delle Saline o di S. Elia il Giovane,
composto in greco nel XII secolo. Esso fu trascritto nel 1307 da un monaco
siculo-greco del Monastero del SS. Salvatore di Messina, di nome Daniele. La
copia originale, quella scritta dal monaco Nilo, è andata perduta, la
trascrizione del monaco Daniele è conservata nel Codice Messinese presso la Biblioteca Universitaria di Messina. Il
manoscritto è un’opera celebrativa che faceva parte di una raccolta di Vite di Santi o Discorsi per le loro
ricorrenze, in uso dei tempi, ed era stato riprodotto per essere letto ai
monaci della comunità nel giorno della festa del Santo, il 12 marzo, giorno
della sua nascita al Cielo. Leggiamo in Apollinare Agresta: Giunto per ultimo al termine della sua
pellegrinatione … avvenne li 25 di Marzo circa l’anno del Signore 990 dell’età
sua 90. E perché detto giorno suol accadere ben spesso nella Settimana Santa,
nella quale non può celebrarsi la festività del Santo; per ciò fu stabilito di
farsi detta solennità il 12 del detto Mese di Marzo, come già si costuma con
universali espressioni d’affetto e divotione di tutta la Terra di Mammola, e
paesi vicini. [Cf. Vita di S.
Nicodemo,
Cap. XII, pp. 102-104].
Ci apprestiamo a penetrare l’aspetto che
più d’ogni altro, è stato oggetto di lunghe controversie: il luogo di nascita
di S. Nicodemo.
Giovan Francesco
Pugliese, nel suo Della Descrizione ed
Istorica Narrazione dell’origine e vicende politico-economiche di Cirò,
scrive che Nicodemo nasce a Ypsicron -
antico nome di Cirò - Di lui si gloria ed onora Mammola, Cirò e la Calabria. Nel
7 dicembre 1737 ottenne Breve dal Pontefice Clemente XII colla conferma della
dichiarazione di cittadino, e Santo protettore fattane da Papa Urbano VIII nel
3 marzo 1630. [Cf. Vol. I, pp. 200-201]. Tuttavia non sappiamo la fonte da
cui attinse la notizia. Ergo: è inesatto quanto Pugliese riporta circa notizie
di un Breve di Papa Urbano VIII datato 23 marzo 1630; questo breve non riguarda
l’elezione di S. Nicodemo a Protettore di Cirò, ma l’istituto del Patronato dei
Santi in genere, che tale Papa volle disciplinare stabilendo: che il Santo da
eleggere come Patrono fosse canonizzato; che l’elezione fosse fatta dal popolo
col consenso del Vescovo e del clero; che l’elezione stessa fosse approvata
dalla S. Congregazione dei Riti. [Cf. Giuseppe Gallucci, Sikros, terra natale
di s. Nicodemo, in Bollettino
della Badia Greca di Grotteferrata, n.s. XXXV (1981), p. 192]. Troviamo
scritto nel testo di G. F. Pugliese: Nel
rione del Portello antico Girifalco, ed antichissimo Ypsicron esisteva la
Chiesa dedicata a S. Pietro Apostolo. Questa è andata in rovina; ma vi sorge
poco discosta una chiesetta che la famiglia Terranova per divozione ha
cominciato ad edificare sulle sdrucite mura della casa in cui nacque il nostro
concittadino e Protettore S. Nicodemo Abate. Ma, anche qui, non ci dice da
dove attinse la notizia riguardo la casa in cui presume nacque il Santo.
Circa il tema del
luogo di nascita di S. Nicodemo, vi è un documento prezioso - atto del notaio
Giuseppe Fortuna del 14 gennaio 1696 -, che si trova nell'Archivio di Stato di
Catanzaro, da fogli 1-2v del relativo protocollo. D. Carlo Francesco
Spinelli, Principe di Tarsia e Marchese di Cirò - il Feudo di Cirò nel 1569 venne messo in vendita e
acquistato dalla famiglia Spinelli di origine napoletana [Cf. G. F. Pugliese, Della Descrizione
ed Istorica…, p. 179] -, avanti al notaio, al regio giudice e ai testimoni,
presenta una reliquia, cioè una mascella
con due molari del Corpo di S. Nicodemo, abate basiliano che visse nella
terra di Mammola. (Il testo per esteso nell'articolo*).
Trattandosi di un
Santo cui molti si rivolgono per ottenere miracoli e che per giunta si diceva cittadino di Cirò, detto Principe, volendo
anche dimostrare il suo ‘paternum
affectum’ verso questa cittadina, promette di consegnare la sopradetta
reliquia ai suoi abitanti; la consegna avverrà purché la reliquia stessa venga
custodita in una ‘capsula argentea’ che sarà donata dal medesimo Principe, da
chiudersi con due chiavi diverse e da tenersi nella chiesa matrice in un luogo
idoneo alla venerazione; le due chiavi dovranno rimanere in possesso,
rispettivamente, dell’arciprete e del sindaco. Il popolo di Cirò, all'unanimità decide di proclamare S. Nicodemo suo Protettore
e Patrono. (doc. per esteso*). Allegata al documento notarile
è la lettera autografa, che si trascrive, del Padre Apollinare Agresta, Abate
Generale Basiliano, diretta all’“Ecc.mo Signor Principe di Tarsia”, cioè a D.
Carlo Francesco Spinelli, che appunto gli aveva chiesto la reliquia dell’osso
mascellare: Messina 15 Agosto 1695 (doc.
per esteso*). Altri due documenti sono riportati sull'autenticità della reliquia in questione, e sulla profonda devozione a S. Nicodemo. Segue, ancora, l’esposto del sindaco
dei nobili di Cirò, (doc. per esteso*), diretto a D. Francesco
Verchio, vicario generale della diocesi di Umbriatico, a quel tempo dimorante
nel palazzo vescovile di Cirò. Il vicario diocesano, visti gli attestati
sull'autenticità della reliquia prelevata dal Corpo di S. Nicodemo, custodito
nel monastero basiliano di Mammola e sulla venerazione verso tale Santo, in
data 14 gennaio 1696, dal palazzo
vescovile di Cirò, concede il suo beneplacito su quanto sopra richiesto dal
sindaco. (Testo riportato*).
Dall'Archivio di
Catanzaro un dato risulta veritiero: la consegna dell’osso mascellare, avvenuta
nel 1696, il che si verifica per interessamento del feudatario del tempo, il
Principe D. Carlo Francesco Spinelli, legato ai suoi sudditi di Cirò da un
particolare affetto, e non a titolo di transazione tra le due Università, di
Cirò e Mammola e, cioè, come conclusione di un processo che mai ci fu per la
custodia delle spoglie mortali di S. Nicodemo. E, come risulta dal documento,
la proclamazione di San Nicodemo a
Patrono e Protettore di Cirò, risale al 14 gennaio 1696.
Ne consegue che,
la tradizione che vuole S. Nicodemo nativo di Cirò non è antichissima, perché
affonda le sue radici nella seconda metà del XVII secolo; a comprova di ciò,
concorre un altro fatto. Dal documento notarile, più volte citato, risulta
chiaramente che il popolo di Cirò volle proclamare S. Nicodemo suo Patrono e
Protettore proprio perché convinto che fosse suo concittadino - [come si evince
dai testi riportati*]. Per cui si può dedurre che il popolo stesso
non era a conoscenza di questo dato della cittadinanza almeno fino al 1663,
anno in cui elesse S. Antonio di Padova a suo Protettore e, per giunta, dopo
che nel 1634 aveva già eletto un altro Santo Patrono, cioè S. Francesco di
Paola.
Ora, come emerge
dal documento d’archivio, nel 1696 san Nicodemo era considerato cittadino di
Cirò. Da dove si apprese che fosse nativo di Cirò? La risposta è data dal
libro di Apollinare Agresta, Vita di S.
Nicodemo Abbate dell’Ordine di S. Basilio Magno. Prima del 1677, la notizia
di Nicodemo cittadino di Cirò non era conosciuta. Tanto è vero che, Gabriele
Barrio nel 1571, in De antiquitate et
situ Calabriae, parla di S. Nicodemo di Locri, e Girolamo Marafioti nel
1601, in Croniche et Antichità di Calabria,
scrive: è stato nativo cittadino Locrese il Beato Nicodemo monaco dell’ordine
di S. Basilio; e ancora, ricorda Gallucci, nel 1630 Paolo Gualtieri, in Glorioso trionfo over Leggendario dei Santi
di Calabria, lo menziona come S. Nicodemo di Mammola. Se a tali studiosi,
ai loro tempi, fosse stato noto che S. Nicodemo era originario di Cirò,
senz’altro l’avrebbero riferito, come pure ne avrebbe dato notizia Ottaviano
Pasqua, vescovo di Gerace che, invece, ebbe modo di indicare S. Nicodemo come
cittadino di Gerace - Civis …Hieracensis
fuit - nell’Editto che emanò nel 1588 in occasione della seconda
traslazione delle reliquie del Santo e, cioè, dalla chiesetta di S. Biagio, che
sorgeva presso l’abitato di Mammola nell’attuale cimitero, alla nuova chiesa
abaziale costruita nel 1583. Lo stesso Editto è anche riportato nel testo di
Apollinare Agresta, e Agresta stesso, lo riporta.
Dove, quindi, l’Abate Agresta apprese la notizia che
Nicodemo fosse nativo di Cirò?
Egli consultò
il Logos. Esiste una copia trascritta dal
calligrafo Daniele nel 1307, che si trova nel codice 30 della biblioteca universitaria
di Messina. Dal manoscritto, Agresta lesse - e si legge nella copia dell’ateneo messinese - che S. Nicodemo nacque nelle Saline (en salinais), in un villaggio denominato
Sikròs. Nel 1600 si sapeva che Cirò nel passato era detta Ipsycrò o Psycrò;
tale denominazione era ancora ricordata nel XVI secolo; si sapeva pure che non
lontano da tale cittadina, esistevano le saline del fiume Neto; d’altra parte
non si avevano notizie del villaggio di Sikròs che ‘non figurava nemmeno
nell'elenco delle località distrutte o sparite’. In questo stato di cose
l'Agresta, in perfetta buona fede,
fu indotto ad identificare Sikròs con Psycrò e le Saline del fiume Neto con le
Saline menzionate nel Logos di S.
Nicodemo.
Nel 1954 Giuseppe
Schirò tradusse dal greco e pubblicò la Vita
di S. Luca, vescovo di Isola Capo Rizzuto, il cui manoscritto, composto fra
il 1116 e il 1120, si conserva nel codice 29 della biblioteca universitaria di
Messina. A pg. 85 del testo, nella versione italiana, si legge questa precisa
indicazione sull'ubicazione del territorio delle Saline: “Nella regione calabra delle Saline (Chora Salinòn) vi è un paese
chiamato Melicuccà”, cioè la patria di S. Luca; quindi le Saline si
trovavano nell'attuale provincia di Reggio Calabria, nel versante del mar
Tirreno. Ma perché si avesse piena convinzione dell’errore geografico commesso
dall'Agresta, bisogna aspettare fino al 1962, anno in cui Giuseppe Rossi Taibbi
pubblicò il testo greco del Bios di
S. Elia il Giovane, che costituisce una pietra miliare nel campo
dell’agiografia bizantina. L’autore dopo aver
esaminato le varie fonti storiche in cui è menzionata la regione delle Saline -
Vita di S. Elia il Giovane, Vita di S. Luca d’Isola, Vita di S. Filareto, Vita di S. Nicodemo, Vita di S. Elia lo Speleota, Le cronache di Goffredo Malaterra, un
cronista normanno del secolo XI -, conclude che il territorio delle Saline
corrispondeva al circondario di Palmi, per cui il villaggio di Sikròs, ricorrente pure in due passi
della Vita di S. Elia lo Speleota,
non può essere identificato con Cirò sul versante del mar Ionio. Inoltre, che
le Saline ricorrenti nelle agiografie sopra indicate, non sono quelle del Neto,
lo conferma anche il fatto che queste ultime, sin dai tempi antichi, vengono
indicate con la specifica ‘del fiume Neto’ -salina Neti-, specifica che non
esiste nelle agiografie medesime. (Registri della Cancelleria Angioina
ricostruiti da Riccardo Filangieri, Napoli, 1967, p. 106, anni 1266-1270:
“Mandatum pro abbate et conventu monast Floris, qui exponerunt debere consequi
unc. Auri X super salina Neti annis singulis”). In Vita di san Nicodemo di Kellerana, Melina Arco Magri scrive: nel bios si legge che la famiglia del Santo dimorava in Saline, in un villaggio chiamato
Sikròs. Si trattava di un borgo della Valle delle Saline, vale a dire
dell'attuale Piana di Gioia. Sikròs sorgeva nei pressi di Palmi, nella località
denominata Sigrò. Nel volume
Storia dell’Italia bizantina (VI-XI): da Giustiniano ai Normanni, di Salvatore
Cosentino, è
menzionato Nicodemo di Cellerana, senza alcun riferimento a Cirò, ma si afferma
che fosse nato a Sigrò presso Palmi, nella Calabria Citeriore. Se quanto esposto non fosse sufficiente a fugare ogni residuo dubbio, giungono opportune
47 pergamene greche del periodo 1050-1065, relative alla diocesi di Oppido,
pubblicate dallo storico francese André Guillou nel 1972 (La Théotokos de Hagia-Agathè, Oppido, -1050-1064-1065-, Città del
Vaticano, 1972): in esse figurano cinque atti di donazione riguardanti beni
situati nel villaggio di Sikròs, nella regione delle Saline (eparchia Salinòn);
tale regione, in linea di massima, corrisponde all'area geografica -
circondario di Palmi - proposta da Rossi Taibbi, come si può evincere dal confronto
delle cartine geografiche pubblicate dai due studiosi.
Da ciò deriva che S. Nicodemo è originario di Sikròs.
Superata la
questione ‘nascita’, rimando all'articolo* riguardo la narrazione della sua vita, e i numerosi prodigi.
Va da sé che la
preziosa potenza benedicente di S. Nicodemo continua a vegliare sul territorio
di Cirò (KR), cittadina che si pregia e custodisce sua Reliquia autentica. La
presenza spirituale del Santo nel territorio di Cirò, valica ogni desiderio di
arroccarsi a una tradizione che ha portato avanti un credo, in assoluta buona
fede, ma che necessita di convertirsi al lavoro di attendibilità della storia,
senza nulla togliere alla devozione che semmai si arricchisce. Un tributo che diventa nota di merito per la Cittadina di Cirò che
onora altresì il Santo Patrono e Protettore Nicodemo. È
dalla conversione del cuore, da una presa di coscienza, che scaturisce la
sollecitudine per l’uomo di
avvertire, come onere, l’impegno per prodigarsi verso l’umile servizio alla verità, alla storia. Un impegno culturale, non sorretto da
valori interiori, è debole.
Ringrazio S. Nicodemo, cui
rimango vivamente grata: mi ha dato la forza, quando sono entrata nella
profondità della sua conoscenza, e invito tutti ad entrarci, mi ha dato la
forza di capire che i diletti umani sono diversi, gli interessi particolari
anche, che il limite umano è abissale, ma che il dato spirituale, la luce di
intelletto che si accende in purezza, riesce a convogliare il vero del cuore e
la compiutezza dell’intendere, e sa coglierne contenuto di senso intero e mai
interessato.
* Parte tratta dall'articolo: San Nicodemo monaco di Calabria. Fuoco manifesto di
magnanimità,
Rivista di Ascetica e Mistica - 1/2018, Ed. Nerbini, Firenze, pp. 87-120.
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