Pensare di creare valore
sociale trascurando o calpestando i valori spirituali e morali, è pura illusione
nel dibattito politico. Opportuna riflessione parrebbe quella di riportare precisione nell'abuso linguistico, che molte volte si fa, dei termini: cultura, libertà,
democrazia. Soprattutto bisogna, in qualche modo, valorizzare il beneficio del
dialogo al fine di una sempre più consapevole civile società. Il rigore
intellettuale non può che soccorrere l’impegno civile: se la cultura non aiuta a
trasformare la società, a migliorarla, a donare prospettive e visioni di futuro
possibile, liberando dalla confusione, non aiuta alla comprensione, essendo la
cultura stessa strumento rivoluzionario. Se non contribuisce a ciò, risulta del
tutto superflua. Solo indossando l’abito deciso, rilucente della scienza, del pensiero
costruttivo, l’uomo potrà abitare le questioni socio-politiche, solo così sarà in
grado di fornire strumenti di alto interesse, concreti punti di sviluppo per l’edificazione
umana e per la vita della collettività.
Deve, altresì, saper applicare il dato
sapienziale dell’indipendenza ma non essere indifferente, incardinarsi sul dialogo,
sul confronto razionale, capace di controllo critico, supportato da elementi di
ragionevolezza, che non si offuschino a contatto con i problemi quotidiani, o interessi
particolari. Il fine del creare valore sociale è impedire chiusure, fratture
ma, contestualmente, saper essere intransigenti sui valori etici.
Chiedersi altresì cosa sia cultura, è formulare domanda sul
fondamento dell'esistenza umana. Vi sono però due tipi di esistenza: quella in
grado di porsi davvero questioni, cercando realmente di capire; e quella che
vegeta, parlando di cose che non conosce, appellandola come cultura. È,
quest'ultima, l'esistenza dei negletti che, purtroppo, alberga gran parte della
società nei più svariati ambiti e rappresentanze. È triste un'esistenza
siffatta, ma è pur vero che si sceglie: o ci si impegna per il sazio
dell'egoismo settario, o ci si impegna per il sazio dell'intelletto libero che
edifica l'uomo e l'umanità, ampliandone orizzonti. Il sapiente non parla però di
cultura, la fa! Il negletto vuole nobilitare l'aspetto vuoto della propria
inconcludenza parlandone, alludendo, confondendo. Cultura viene da 'colere' che
significa coltivare. Coltivare non il proprio orto, a propria immagine e
somiglianza, rendendolo un ghetto di rappresentanza che chiede, vuole, pretende
accettazione. Coltivare è, piuttosto, il variegato giardino di conoscenza e
arricchirne struttura in pienezza, il che esula dai ghetti che ghettizzano ai
soliti ignoti, e dona respiro ampio ad un sapere che cresce solo con il
rispetto del dialogo e nel contraddittorio. Cultura è ancor più sensibilità e
non chiede assolutamente visioni di parte, tanto meno interpretazioni astratte,
strumentali e prive di fondamento. Cultura più d'ogni altra cosa lavora per il
Bene Comune. Richiede altresì il rispetto degli astanti e contestualizza, mai
allontanandosi dalla realtà o alimentando spaccature, poiché ha in sé la
trasmissione della verità. Soprattutto non nega l'evidenza, non è omertosa, ma
urla la sostanza della luce di intelletto. Cultura, come fondamento dell’esistenza umana, unitamente a libertà e democrazia di cui è aspetto sostanziale, chiede
impegno serio, coerenza, costanza, non va d'accordo con la superficialità
tendenziosa e oscurantista, quanto mistificatrice.
Cultura implica, altresì,
generare l’esercizio del dialogo. Ergo: dialogare, entrare in relazione, interagire
è principio di ogni democrazia, oltre che espressione di comprensione del criterio
e rispetto della libertà di ognuno. Restituire alla società la fiducia del dialogo,
resistere alla tentazione dell’isolamento, della parzialità di comprensione, ripristinare
il rispetto del diritto della critica e dell’altrui opinione, sollecitare domande
piuttosto che raccogliere certezze, è compito arduo ma necessario allo sviluppo
del bene comune. Pensare di creare valore sociale nel dibattito politico, significa
pensare sana dialogica cultura di libertà e democrazia.
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