Sembra essere sempre più chiaro lo spirito dominante dell'attualità sociale, politica, economica: il libero arbitrio è una potenza passiva, mosso ineluttabilmente dall'oggetto dell'appetito concupiscibile dell'avidità. La quieta ignoranza si ostina a non tener conto dell'intelletto che, invece, tende naturalmente all'esercizio attivo e propositivo delle virtù, e alla comprensione della verità. Nell'intelletto sta la radice della volontà e della libera scelta, ma tutto, nella società, sembra votato allo svuotamento, quand'anche oscuramento del bene preminente: la luce dell'intelletto che ha, come suo oggetto specifico, la conoscenza dell'essenza delle cose.
Eppure di paure, esclusioni, divisioni non fa che nutrirsi questo nostro tempo, in cui alzare i muri, trincerare i confini, difendersi da nessun attacco, offendere la natura e la bellezza del creato, è diventato l’ordinario ‘fare’ dei governi, delle rappresentanze istituzionali. E il continente Europa ancora attende di nascere, attende di essere unità! Si difendono gli interessi della ‘pancia’, dei pochi gruppi influenti, e se ne avallano argomentazioni da conato. Si è spento il lume d’intelletto che permette di fare la differenza nell'operato sociale, e non è stato un distacco volontario ma un subdolo modo trasversale di carpire il potere e gestirlo scriteriatamente, a discapito dell’umanità anelante vita, anelante respiro da respirare.
L’intelletto è orientato all'intuizione immediata della verità, da cui astutamente si guardano bene i detentori del potere dal rendere chiara. La ragione, invece, cui sembra mirare l’attuale
società civile, confusa e scompigliante, cerca il raggiungimento della verità
attraverso il ragionamento discorsivo, appunto da conato. In questo modo,
tuttavia, potrà soltanto stabilire delle connessioni causali, procedendo
discorsivamente, e non potrà mai giungere alla comprensione unitaria del reale.
Ergo: si alimenta la confusione. La ragione non può cogliere l’unità delle
cose, poiché il suo ufficio è di cogliere le divisioni; spetta invece all'intelletto afferrare intuitivamente l’unità che soggiace al molteplice. È,
infatti, l’intelletto che opera intuitivamente, a rivelarci che tutte quelle
cause colte dalla ragione sono effetti di una causa infinita da cui tutto
deriva, cioè Dio.
Nel discernimento, inoltre, constatiamo
e distinguiamo l’intelletto in pratico, orientato all’azione, e speculativo, orientato
alla conoscenza di ciò che è. Ne deriva che l’intelletto speculativo è più
incisivo: quando l’uomo arriva a conoscere la causa delle cose desidera ancora
conoscerne l’essenza. E tale accrescimento di potenza intellettiva la chiamiamo
illuminazione dell’intelletto. A questo ha rinunciato, o si è fatto in modo che
rinunciasse la società moderna. Si è accolto a braccia aperte il senso del
relativismo e qualunquismo, avallato dall'infondatezza di proposte e prospettive
di costrutto per l’edificazione della persona, avendo escluso dalla centralità
dell’azione politica la sua edificazione, e si è optato per il libero arbitrio come potenza passiva, mosso ineluttabilmente dall'oggetto dell'appetito concupiscibile dell'avidità. Si vive così nel non senso dell’indifferenza e si fa in modo che il valore
del merito non sia premiato dignitosamente nel lavoro, piuttosto si persevera
nella illogica forma dell’apparentamento clientelare, mentre mani profughe
cercano aiuto, occhi di bambino liberano lacrime.
Si alza il grido di Caterina da Siena: … la ingratitudine esce dal poco lume che
non si dà a vedere il crociato e consumato amore di Cristo crocifisso, e gli
infiniti benefici da lui ricevuti. Perocchè, se in verità li vedessimo, il
cuore nostro arderebbe di fuoco d’amore; e saremmo affamati del tempo … (L.
368).
E mi domando: dov'è il fuoco d’amore in
questa società? Per cosa il cuore arde, perduto in disumanità sempre più
cruenta? Perduta è la fame del tempo nostro, la fame d’amore per l’altro, il
prossimo senza il quale nulla siamo. Ritrovati umanità: nell'istante stesso in
cui la ragione riconosce il suo limite, lo infrange e lo supera. Avendo fiducia,
l’umanità non rinuncia alla propria razionalità, bensì la trascende, e
comprende con il cuore che non si può rinunciare al domani, che non si può
rinunciare al lume d’intelletto, discriminante di libertà, capace di accendere
il fuoco d’amore assente, la passione per la verità, per la comprensione umana.
Alla silente indifferenza urge reagire
con l’etica della contemplazione e interiorizzazione, con il chiasso fragoroso
dell’umanità che sa ancora emozionare, emozionarsi, sa rendersi fortezza e
mitezza rivoluzionaria per la comunione del bene. Ergo: l’etica, che implica la
contemplazione e l’interiorizzazione, perché sia autentica, ha bisogno di
persone libere e la libertà comprende manifestazione di fascino, di dolcezza,
di immenso incoraggiamento dello spirito, di interiorizzazione di un umanesimo
che non vuole spegnersi, soprattutto non vuole rinunciare al lume d’intelletto
e, con Caterina: … Fa che tu sia fervente
e non tiepido … Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta
Italia (L. 368).
[Foto: Michelangelo, Ignudo]
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