Dal silenzio di innocenti appezzamenti si leva una supplica: Aiutateci!
E se, scrive Tommaso d’Aquino: “L’azione umana accoglie il dono
della creazione e imprime in essa la sua
opera di trasformazione, in qualità di cooperator Dei, senza che questa ne
alteri la sua bontà naturale e il suo fine complessivo” (S. Th. I, q. 65, art. 2), in quel del territorio di Cirò, gioiello
nel cuore di Calabria, stride il rumore del silenzio tragico di innocenti
appezzamenti, dono della Creazione, devastati dai funesti mali degli ultimi
tempi: la morte, decretata con taglio netto, di 79 piante di ulivi e 350 piante
di vigneto. Tale silenzio diventa, ahimè, ancor più stridente se rapportato al
silenzio delle voci rappresentative di una comunità.
Si vive, sommessamente, un
tempo di ‘terrore’ alimentato da azioni di morte operate da gentaglia scellerata, il
rattismo che vorrebbe seminare l’intimidazione forzata prendendo esempio dalle
scuole delinquenziali talebane, con la distruzione tout court e l’alimentare il
silenzio, soggiogando, imponendo prepotentemente violenza. Bisogna saper vivere
l’appartenenza al proprio territorio mai dimentichi che porta in sé il tesoro
di ciò che siamo, le nostre radici, radici consapevoli che esiste il male che,
tuttavia, il fare degli onesti ha sempre aborrito.
Hanno idea i ratti operosi di morte di
cosa comporta la cura di un terreno che sia di piantagione di Ulivi o di Vigneti,
hanno idea di quanto lavoro, sudore alimenta la coltivazione nei campi, lo stare chinati verso la terra e rialzarsi
solo dopo che il sudore ha preso il posto degli indumenti che si indossano?
Hanno idea del tempo, degli anni, che chiede la crescita, la fecondità del
frutto? Avete cognizione, ratti immondi, di cosa
significa ferire gente che lavora e molte volte vive di questa risorsa? Avete
idea del fatto che il territorio è un bene comune, che l’uomo è per natura
essere di relazione e che, pertanto, non si può rimanere indifferenti quando
nel proprio territorio si operano oltraggi e ferite? La nostra terra, che voi
figli indegni disonorate per viltà, seminando morte e distruzione, vive
dell’opera del Creato, è un territorio a carattere agricolo e le sue specialità
sono prettamente legate alle produzioni di questo genere: volete distruggere
ancor più l’economia della gente che onestamente lavora? Credete di intimorire,
mantenere il mutismo armati di motosega, accetta e tracotanza?!
E’ mai possibile che il silenzio degli
innocenti non debba fare rumore?! E’ mai possibile che non si sia in grado,
care istituzioni, e varie coroncine associative, di dare un segnale, risposte
civilmente condivise, alzandosi dalle proprie poltrone o intendimenti di comodi
‘fatti loro’, e non rendersi conto che
questi gesti inconsulti non sono un fatto personale ma condizionano il vivere
di un’intera comunità, l’economia di un territorio in perdita, il benessere
della produzione agricola, qualsivoglia intenzionato investitore? Ci vuole
cosa per indignarsi? Ancora morte, distruzione, perdita economica, per riuscire
a muoversi verso la sostanza del problema ‘intimidazioni’ e affrontarlo
compatto prendendo posizioni di distanza, soprattutto alimentando un’educazione
alla legalità, all'azione trasparente del fare bene comune, che il pane si
guadagna con il sudore, non certo quello degli altri! E’ mai possibile che il
silenzio degli innocenti non trovi modo per ottenere giustizia?
In uno dei testi illuminati dall'opera del pensiero: “Il Piccolo Principe” emerge come gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla, comprano
dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli
uomini non hanno più amici.
Ritroviamo
il senso del fare amicizia, comunità, ritroviamo il sano rispetto nella sana
concezione della legge che è concepita
come elemento capace di stabilire amicizia tra le genti di una comunità civile,
non di distruggerla, né separarla.
Ogni azione malevola necessita di essere
rigettata, diversamente si permette di innestare una comoda consociata
tiepidezza d’intenzione, che non ferma ma alimenta l’agire del rattismo
talebano. La dignità dell’uomo vive nell'azione del buon fare, costruttivo
e rispettoso, nel suo
agire.
Ergo: poiché siamo cooperator Dei, destiamoci dal sonno della
negligenza, leviamoci dal timore servile!
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