Viviamo nel tempo in cui c’è un’impalcatura politica costruita sulla sabbia, perché dimentica del suo valore fondante: la virtù pro bonum facere. Nel pensiero della cultura moderna si è, in qualche modo, ignorata la dimensione essenziale della persona: la sua trascendenza, il suo rapporto con l’Assoluto. L’essere persone etiche, cioè capaci di fare uso del pensiero critico nell'impegno su cosa sia buono per la vita dell’uomo, implica contemplazione e interiorizzazione, richiede d’essere uomini liberi. All'elemento trascendente della persona, si associa, parimenti, una sua importante dimensione: la libertà. La vita morale è autentica unicamente se accompagnata dalla libertà: l’uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà. Tuttavia la libertà è pienamente attuata soltanto nella comprensione della verità.
Ora, in una società alienata dalle verità e dai valori trascendenti, le persone rischiano gli abusi, la prepotenza dell’ignoranza e dei condizionamenti occulti, e la libertà soffoca. Giunge, pertanto, confortante e incoraggiante l’esortazione di Caterina da Siena: levatevi dal timore servile (L. 247). Ecco l’aspirazione della volontà: non già la mera intenzione, ma l’intenzione seguita da un concreto impegno comportamentale, determinato dall'atteggiamento interiore profondo, della mente e del cuore, una peculiarità della virtù della fortezza che, come dice Tommaso d’Aquino, consiste nell’operare fermamente, nel rimuovere ostacoli e nel coraggio con cui affrontare le difficoltà, poiché è, innanzi tutto, una virtù improntata a verità.
Il sistema politico creato, implode del suo stesso male: il
clientelismo. Mi pongo una quaestio e la pongo anche a voi: Dove sono finiti i
doveri? È lecito parlare solamente di diritti? Questo ha portato al garantismo
illimitato che salvaguarda il malfattore a tutti i costi, e mi riferisco ai
malfattori veri, che sembra non hanno mai pena certa. Chi tutela le vittime che
oltraggio hanno subito? Senza pena certa si alimenta sfiducia e rassegnazione e
non più credito, invece, al nobile senso della giustizia umana. Kant sosteneva che ogni motivazione o finalità
utilitaristica corrompe l’atto morale nella sua purezza. Egli intende il dovere
come libertà di un essere razionale che interroga se stesso e obbliga se
stesso, lega così il dovere all'essenza stessa della moralità. Subentra
Nietzsche che alla morale del dovere, sostituisce la morale del volere. Il mio
pensare è volto a unire i due concetti rendendoli utili al tempo attuale, per
cui accanto alla morale del dovere è necessaria la morale del volere. Entrambe
le categorie hanno necessità d’essere e divenire per edificare l’umano, e
intelligenza è guida.
Bisogna, nella costruzione del progetto federativo, di
Solidarietà Popolare, essere innamorati del tema della responsabilità, del suo
rendiconto esistenziale. Educare la propria coscienza, in questo caso, equivale
ovviamente a educare la propria intelligenza alla riflessione morale, a saper
far uso delle capacità argomentative di cui si dispone al fine di individuare
il moralmente buono del proprio atteggiamento e il moralmente retto del proprio
comportamento e, quindi, giungere al passo secondario che consiste nel
generare, attuata la scelta, la funzione volitiva.
È affascinante, seppure ardua, la sfida che si prospetta all'aurora del nostro oggi, l’attenzione deve potersi riaccendere sul dato che non siamo
detentori di verità, semmai custodi perfettibili di un Tesoro Verità che siamo
chiamati, sempre mendichi, a ricercare, ponendoci la questione non solo di cosa sia buono, ancor più di cosa buono sia per la conoscenza della
verità, riportare la Persona al centro del rispetto umano, discernendone il
valore virtuoso, rispettandone libertà e talento. Innamorasi di tale Tesoro
Verità è sia alimento del nostro cammino umano, capace di suscitare il vivere
buono, sia nutrimento primo della carità, della giustizia, dell’amor amicitiae,
attraverso cui il talento trova espressione libera e precipua, e la politica
ritorna a nobilitarsi.
Conviensi
dunque che l’uomo che ha a signoreggiare altrui e governare, signoreggi e
governi prima sé. (Lett. 121). Poiché: Un cieco
non può guidare un altro cieco, e un morto non può seppellirne un altro.
Per morte vale la mancanza di vita nella grazia divina, per cecità il non
vedere oltre se stessi e il proprio tornaconto. L’amor proprio, difatti, è
fonte di tutte le ingiustizie: la sensualità, amore sensitivo nel senso ampio
di egocentrismo, fa l’uomo ingiusto e verso Dio e verso il prossimo, perché
inverte l’amore loro dovuto al proprio ed esclusivo interesse.
L’attuale amministratore della cosa pubblica, smarritosi
rispetto al ruolo nobile che lo caratterizza, lo potremmo definire antitesi
della parabola del buon samaritano, ovverosia colui che responsabile della
società, fa confluire lenitivo nelle piaghe dei bisogni umani invece di
inciderle e curarle; di fatto, mantella, vale a dire copre i loro difetti, per
paura di perdere lo stato di potere. Sono il singolo e la società a formare un
corpo etico politico, insieme. Tutti gli uomini
possono agire razionalmente se posti in condizioni di farlo, cioè se educati.
La condizione fondamentale perché questo avvenga sta tuttavia nella
trasmissione non tanto del sapere, ma del modo in cui si perviene al sapere,
cioè facendo domande e ottenendo in risposta una definizione esaustiva. La
domanda consiste nel chiedere: «Che cosa è questo?», ergo: «Che cosa è la
giustizia?». È solo sapendo che «cosa è», che possiamo comportarci giustamente.
E,
mentre giustizia è intesa come volontà perpetua e costante di dare a ciascuno
quanto gli spetta, l’autoconoscenza,
nella luce della giustizia, pone la persona nell'appropriato rapporto con Dio e
con gli uomini: esclude cioè l’egoismo che è forza centripeta, non coordinata
con la propensione all'amore per Dio Padre, gli uomini e il bonum facere.
Esortare all'alterità è un’urgenza sociale, poiché l’isolamento egocentrico, il non prendere responsabilmente
posizione, non è solo un attentato verso gli altri, nella società, ma un
attentato verso se stessi: l’inerzia del giusto comporta nocumento di amore
verso Dio Padre, verso se stessi, verso il prossimo. È necessario dunque
impegnarsi con verità e carità per la giustizia, mancare d’amore per
la verità è mancare di giustizia. E, poiché non c’è niente di
peggio che l’abbandono alla povertà intellettuale, proviamo a tornare luce, a
illuminare culturalmente, spiritualmente l’opera uomo, nel creato: la
centralità della persona, la solidarietà, sono antinomie etiche, e la loro
soluzione deve fondarsi su di una trasformazione etica, sulla
disposizione di mutare abiti mentali, sulla consapevolezza che cultura è
sensibilità. L’insieme
Vive, l’anima è chiamata a vivere, ad ardere come fuoco, e a comunicarsi nel
corpo, singolarmente con le sue peculiarità, collettivamente rendendosi unità
che persegue lo stesso obiettivo: l’uomo e i suoi bisogni, la Persona
prima di tutto!
È la presenza del bene comune che costituisce il vincolo
profondo che lega le persone: la dissoluzione della società in monadi, che
operano egoisticamente per conseguire un vero o presunto bene privato, dissolve
l’unità organica della società e crea, in suo luogo, una dannosa dialettica che
conduce ad accordi fittizi, basati sull'equilibrio compromissorio degli egoismi
privati. Il bene privato non può essere fine della società, in quanto tale, in
quanto cioè non subordinato al bene comune. La
tiepidezza comportamentale testimonia mancanza di amore per se stessi e per il
prossimo, mentre l’essere sentitamente ‘animale sociale’ dell’uomo è sinonimo
di presa di posizione, risposta all'essenza esistenza della vita, di fronte a
un quadro di valori che stimola a prendere in mano la propria vita e a essere
pienamente se stesso.
Ergo: Leviamoci dal timore servile! Ciascuno deve fare secondo le sue forze; è impegno della creatura umana
giovarsi dei propri talenti poiché, esorta la Patrona d’Italia: se sarete quello che dovete essere
metterete fuoco in tutta Italia!
* Intervento alla
Costituente “Verso la Federazione”
Nessun commento:
Posta un commento