Si è oggi consapevoli, nel contesto politico, dell’assenza
di un pensiero che pensi in nome di verità, che sappia non mentire di
professione ed essere portatore sano di capacità valoriale, soprattutto di fronte
ai bisogni della società civile? La cosa pubblica, il bene comune che ci lega
nella società, è disponibilità di ricerca di ognuno, nessuno può sottrarsi dall'esserne parte viva e di voce autorevole nella società e, pertanto, si è chiamati ad impegnarsi per migliorare la
vita pubblica, organizzandola in modo conforme alla dignità della persona
umana.
Non è proprio del cristianesimo un malinteso distacco
che porta a vedere le cose del mondo come estranee ai propri interessi, né una
lamentazione sterile che nulla risolve. È necessario che i cristiani apportino
alla vita sociale l’elemento vivificatore dei principi evangelici, rispettando
l’autonomia delle realtà terrene. Ora, riprendendo le parole che S.S. Benedetto
XVI, pronunciò durante l’apertura dell’Anno Paolino, il 28 giugno 2008 : “In un mondo in cui la menzogna è potente, la
verità si paga con la sofferenza. […] Non c’è amore senza sofferenza, senza la
sofferenza della rinuncia a se stessi, della trasformazione e purificazione
dell’io per la vera libertà”, viene naturale porsi delle questioni,
soprattutto, per la comprensione della vera libertà.
Ci si trova immersi in un sistema politico in
cui esponenti smaniosi di posizioni di potere, nella spartizione per lo stesso,
nella tutela degli interessi egoistici, di qualsiasi posizione politica, hanno
condizionato il vivere civile e sociale. Mi chiedo come anche esponenti della
politica cattolica riescano in questo a rimanere silenti e accondiscendenti, manifestando
vuoto morale e spirituale inquietante, ancor più quando parlano vanamente e
ripetutamente di senso di responsabilità per il paese. Permane l’assenza di una
‘base’ umana in grado di considerare il grande ‘non presente’ di tutto questo,
mancano persone in grado di manifestare, con coraggio, un taglio netto con ciò
che denota il nulla nello sviluppo del pensiero, pensiero però che, se
alimentato nella crescita al dovere morale e spirituale, arriva, invece, a
rendere concreti i fatti, comunicandosi e realizzando progetti, rasserenando la
società che è stanca di frenetiche parole pronunciate da chi, molto
generosamente, è pagato e mantenuto. Considerare questa mancanza già denota
grande coraggio, e un minimo di pensiero; ridimensionare altresì l’arsura del
concetto di potere, che ha dato vita a una catena pericolosissima di poltrone
su cui si sono inchiodate le negazioni dell’io penso, sarebbe un ulteriore
grande passo avanti.
Perché chiedere ai cittadini di accettare disposizioni
di palazzo, o di andare al voto e non dare loro la facoltà di scegliere il
proprio candidato? Che sistema è dare voto a rappresentanze di segreterie
scelte e poste a servizio di chi lì li pone e non del cittadino che li sceglie?
Che sistema è questo che dice di dare voce e allo stesso tempo ti fa rimanere
muto? Vorrei vedere quanti di quelli che oggi favoriscono questi stadi di
appartenenza di fare mafioso, nella disponibilità del cittadino di scegliere il
proprio candidato, verrebbe a mantenere la poltrona che da anni occupa nella
nullafacenza. Perché l’Italia si trova così mal ridotta? Perché il popolo
italiano deve sottoporsi a continui sacrifici, a privazioni gravissimi a fronte
di personaggi che non pensano minimamente di venirgli incontro? Come mai la
nobile arte del fare politica è diventata la nobile arte di entrare nelle
grazie di ‘qualcuno potente’?, e nessuno si schioda da questa mentalità nefasta.
Come si fa ad essere lontani dai problemi quotidiani ordinari, e dire di volerli
risolvere intanto che le sofferenze aumentano e nelle necessità prime come il pane
quotidiano. Facciamo per i giovani, favoriamo i giovani dicono, progettiamo per
i giovani e il loro futuro, ma a entrare nelle Camere sono i soliti vecchi, non
parlo di dato anagrafico, ma di vecchi nello spirito, incapaci di avere
prontezza e audacia, se non per loro stessi, che si sono portati avanti fino ai
nostri giorni senza nulla combinare se non la tutela della loro posizione, con
sistemi clientelari, consociativi, lobbistiche. Se non si rinsavisce la sana
coscienza e si rimandano le colpe non si uscirà da questo disastro, non dare
voce al cittadino nello scegliere da chi essere rappresentato è la forma più
ignobile che una Repubblica che si dice democratica possa applicare. Ci vuole
coraggio per la propria rappresentanza, per metterci la faccia e togliere
questa facoltà dice già che non c’è coraggio nei sedicenti politici che non si vogliono
staccare dal macabro sistema in cui si sono messi e ci hanno messi tutti,
lasciando così spazio all'inconsistente e all'irresponsabile essere.
Pensare è libertà, conoscere, sapere è il
dovere, piuttosto che diritto di ogni essere umano, molti errori ed orrori verrebbero
evitati e molte persone non ne soffrirebbero per inique rivendicazioni. A
questo pensare alto, tuttavia, si arriva in seguito alla crescita della
coscienza, nel senso inteso da Tommaso d’Aquino, ovverosia conoscenza, al fine
di volersi mantenere autonomi pensieri pensanti e non, come invece oggi
constatiamo, masse di opinionisti derivati: ecco la cultura del ‘clonato’. Chi
siamo noi? Anime anonime nemmeno degne di carità cristiana, e in mano di chi?
Eppure è nell'essenza del pensiero che si manifesta la sostanza della nostra
natura. Cercare di risolvere le difficoltà legate alla mancanza di lavoro, tutelare la dignità dei lavoratori onesti, la giustizia sociale, l’equità,
l’assiologia, è segnale di fiducia per le aspettative di chi non rinuncia al
sogno della propria vita.
Presupposto peculiare è Pensare per Costruire pro
bonum! Animarsi per il benessere comune, è un dovere, adoperarsi per esigere
giorno per giorno ciò per cui si è deputati, non è bene personale, piuttosto bene preso in prestito, per gestirlo con onore,
e a servizio di gente che con fiducia si affida. Sapere, conoscere e, nel
pensare, costruire è desiderare il bene dell’altro come fine. «L’azione
politica è “degna di lode e di considerazione” (Gaudium et Spes, 75), è “forma esigente di carità” (Octogesima
adveniens, 46).
[Foto: Juan Antonio Ribera, Cincinnato abbandona l'aratro per essere eletto e combattere per Roma]
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