Giorgio La Pira, in una lettera a Pio XII, scrisse: “La politica è l’attività religiosa più alta, dopo quella dell’unione con Dio: perché è la guida dei popoli [...] Una responsabilità immensa, un severissimo e durissimo impegno che si assume. La politica è guidata non dal basso, ma dall’alto: nasce da una virtù di Dio e si alimenta di essa, altrimenti fallisce, cade, come cade e rovina la casa costruita sulla sabbia”.
Straordinario stimolo per insistere sulla necessità dell’impegno politico, e sulle caratteristiche che esso deve avere. Nessuno può rimanere estraneo a questo importante ufficio. I cristiani non si possono chiamare fuori, né possono considerare gli avvenimenti sociali con distacco.
Lo scopo precipuo della politica è il raggiungimento del bene comune. Il bene comune è il fine della società, tutti i suoi membri sono responsabili nell’instaurarlo e conservarlo. Per Tommaso d’Aquino, il vero bene individuale può essere attuato solamente nella società. Non esiste il bene individuale se non è inserito nel bene comune. In tal modo il bene comune per essere attuato da tutta la comunità deve diventare il bene nostro, il bene di ciascuno di noi. Ora, l’ottenimento di un bene esige un impegno attivo. La politica non può limitarsi all’ambito teoretico: non basta comprendere perché un’azione umana sia buona o cattiva in ordine al bene sociale. Il suo scopo è anche, e in maggior misura, quello di “dirigere” l’agire umano verso il bene. Questa propensione alla prassi è trasformata ed elevata, nell’insegnamento sociale cristiano, dalla forza della Parola di Dio, che è viva ed efficace (Eb 4,12), e mai rimane senza effetto (Is 55,11). La persona, la società conquista la rispettiva pienezza quando mette in pratica gli imperativi morali corrispondenti. Inoltre la teologia, in modo particolare quella morale, e di conseguenza la dottrina sociale della Chiesa, non è un sapere asettico o puramente accademico: la morale interpella personalmente chi la coltiva e la studia. Non basta conoscerla, occorre viverla per poterla capire e, così, meglio trasmettere.
L’insegnamento sociale cristiano possiede un’imprescindibile dimensione pratica, ed è chiamata a evitare una dannosa divisione: quella che separa la fede dalla vita e che oggi, purtroppo, si sperimenta. Un uomo, una società che non reagisce davanti alle ingiustizie, peggio non cerca di alleviarle, non è all’altezza della rispettiva sostanza umana. Papa Leone XIII ricorda che per i fedeli “l’astensione totale dalla vita politica non sarebbe meno biasimevole che il rifiuto di qualsiasi concorso al pubblico bene: tanto più che i cattolici in ragione appunto dei loro principi, sono più che mai obbligati di portare nei propri impegni integrità e zelo” (Immortale Dei, 1885). E, con Paolo VI: “Ciascuno esamini se stesso per vedere quello che finora ha fatto e quello che deve fare. Non basta ricordare i principi, affermare le intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce profetiche: queste parole non avranno peso reale se non sono accompagnate in ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità e da un’azione effettiva” (Octogesima adveniens, 1971). Giovanni Paolo II, poi, evidenziò come il dovere, l’impegno di tutti i cattolici sia oggi sempre più pressante: “Situazioni nuove, sia ecclesiali sia sociali, economiche, politiche e culturali, reclamano oggi, con una forza del tutto particolare, l’azione dei fedeli laici. Se il disimpegno è sempre stato inaccettabile, il tempo presente lo rende ancora più colpevole. Non è lecito a nessuno rimanere in ozio” (Christifideles laici, 1988). Si deve pertanto prendere la decisione di agire positivamente sulla vita politica, evitando una vita cristiana apparente, amorfa, che non può essere autentica se trascura i doveri sociali.
In primo luogo, bisogna curare lo sviluppo delle persone: migliorare la società senza il necessario impegno per il raffinamento e miglioramento delle persone non può che rivelarsi ingannevole. È, invece, dalla conversione del cuore che scaturisce la sollecitudine per l’uomo che fa avvertire come onere l’impegno per risanare le istituzioni, gli organismi, le condizioni di vita antitetiche alla dignità umana.
Una crescita interiore che non s’impegni per i miglioramenti sociali è soltanto apparente e, un impegno politico non sorretto da valori interiori, è debole oltre che di breve durata. Bisogna, quindi, pervadere la modernità di fervori etici, i soli che danno fondatezza all’evoluzione umana completa. La politica è finalizzata a promuovere la dignità delle persone, al raggiungimento del bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo. L’agire politico è legato alle esigenze morali, pertanto la metodologia politica non deve essere sorretta da un’antropologia di tipo quantitativo, che ambisce a un gran numero di consensi, piuttosto deve essere sorretta da un’antropologia qualitativa, che miri a ottenere la fiducia dei cittadini. Principio cardine dell’etica sociale è la dignità di ogni essere umano, il rispetto della persona esige la solidarietà, perché nessuna categoria economica, etnica, religiosa, sia esclusa dal bene comune.
Il principale nemico di una società, del suo essere umanità, è l’egoismo, cioè la ricerca del vantaggio proprio a scapito o, almeno, senza tener conto di quello altrui. Inoltre, unitamente all’egoismo, è da ritenere, oggi più di ieri che, in ogni ambito di responsabilità, soprattutto in quello politico, un comportamento onesto non è efficace. Da ciò nasce non soltanto l’idea che la politica sia sempre un affare bieco, ma ne accresce la disaffezione. Va da sé che quando dilaga la disonestà, dilagano gli svantaggi materiali per tutti. È fin troppo facile, tuttavia, capire che i vantaggi che si possono ottenere mediante una condotta immorale sono ben poca cosa rispetto alla perdita umana di chi così agisce: Socrate sosteneva che è peggio compiere un’ingiustizia che subirla, e lo stesso ha sempre insegnato la dottrina cristiana.
Viviamo oggi un periodo nuovo, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono nell’intero universo; una trasformazione sociale e culturale che comporta necessariamente dei riflessi anche nella vita politica. Mutamenti, cambiamenti cui il ‘cristiano’ può apportare contributi sostanziali, di dedizione intensa ed estesa, sentendosi sempre più obbligato a promuovere il vero bene comune, facendo valere il peso della propria opinione in modo tale che il potere civile sia esercitato secondo giustizia e le leggi corrispondano ai precetti morali e al bene comune. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: “Obbedire a essa è la dignità stessa dell'uomo e, secondo questa, egli sarà giudicato” (Rom 2, 14-16). Bisogna, inoltre, tener conto della libertà dono implicito che, Caterina da Siena ci ricorda essere “Tesoro che Dio dona nell’anima”, dunque, concreto esercizio pratico di scelta, destinata al conseguimento del bene universale.
[Foto: C. Maccari, Cicerone pronuncia in Senato le celebri Catilinarie]
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