S. Tommaso d’Aquino ha mostrato una particolare finezza psicologica nella parte pratica della Summa Theologiae. L’Aquinate, infatti, pur non essendo un giurista, si occupò del diritto, come filosofo e teologo, con il fine di salvare il carattere morale del diritto e dell’ordine giuridico, problema questo tra i più importanti della filosofia del diritto. Diritto naturale, legge naturale e verità sono una identica cosa. Senza verità anche il diritto diventa privo di giustizia e di moralità; anche la verità è, infatti, legge di giustizia (S. Th., I, q. 21, a. 2).
Leone XIII, asserì: “La legge naturale, scritta e impressa nell’animo di ciascuno, non è altro che la ragione stessa, che ci comanda di fare il bene, e proibisce di fare il male [...] Legge naturale [che] è la stessa legge eterna, ossia la stessa eterna ragione di Dio creatore e reggitore del mondo, inserita nelle ragionevoli creature, e motrice di queste agli atti debiti e al fine” (Encicl. Libertas).
Intesa in questo senso la legge naturale, come legge divino-naturale, appare chiaramente la superiorità della concezione tomistica in confronto di quella aristotelica, perché sopra la lex umana vi è, per s. Tommaso, la lex naturalis, e sopra questa la lex aeterna o legge divina. Lungi dall’oscurare la grandezza e la libertà dell’uomo, questa dipendenza dalla legge di Dio, nostro creatore e legislatore, ne è al contrario la garanzia e il fondamento: libera da ogni altra schiavitù. Tutto ciò che mette l’uomo in contatto con l’assoluta perfezione che è Dio, gli accresce dignità e grandezza. Lo abbassa, al contrario, tutto ciò che lo subordina interamente a forze impersonali a lui inferiori, quali la materia, i vizi mondani di cui si rende oggetto.
Con Cicerone (Pro Cluentio, LIII, 145) possiamo ripetere che “Noi dobbiamo essere tutti servitori della legge per poter essere liberi”, e questo vale non solo nei riguardi della legge umana, ma soprattutto nei riguardi della legge naturale e della legge divina. Solo così è rispettata la vera autonomia della persona umana ed anche della legge giuridico-morale, in quanto è la ragione stessa che la indica all’uomo, ma il fondamento ultimo di essa sta in un’autorità che è fuori dell’uomo e che ha stampato questa legge nell’anima umana, per la quale è sorgente di libertà e di crescita spirituale. E ciò è vero poiché la legge di Dio o legge naturale è conosciuta e va osservata attraverso la «mediazione» della nostra coscienza che è l’annunziatrice della legge di Dio a ciascun uomo, come dicevano i teologi classici. Di conseguenza, solo chi opera secondo la legge opera secondo ragione, opera nella luce della Verità, e solo allora sarà massimamente libero e padrone di se stesso, sarà veramente uomo, perché sarà nella Verità. La Verità, infatti, fonda la libertà e la libertà vive solo nell'ambito della Verità. Così è l’errore che ci rende schiavi, fuori della Verità non c'è libertà.
La Verità ci renderà liberi, anche nel campo giuridico morale, «Veritas liberavit vos» (Gv. 8, 32). E, con Savonarola: La verità è la perfezione del nostro intelletto, e la purezza della coscienza è la disposizione necessaria per ricevere la verità, quanto più l’uomo è purificato dagli attaccamenti terreni, tanto più conosce e abbraccia le verità e allontana le falsità da se stesso.
Cfr. M. F. Carnea, Il Concetto di giustizia in S. Tommaso d’Aquino, in Reportata, 2012.
[Foto: Michelangelo, Giudizio Universale, Cristo giudice]
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