“Per crescere in sapienza si deve ascoltare volentieri, cercare con diligenza, rispondere con prudenza e meditare attentamente”, così Tommaso d’Aquino nel suo sermone Puer Iesus proficiebat. Va da sé che l’attinenza alla coscienza, non è altro che sollecitare l'orizzonte della moralità e, soccorre il sommo poeta Dante: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.
Nell'orizzonte della vita morale si discernono le due facoltà umane: l'intelligenza e la volontà. Vista nella sua funzione intellettiva, la coscienza va alla ricerca, in primo luogo, del giudizio sul moralmente buono e retto in sé. Kant definisce la coscienza un tribunale interno, poiché fa riferimento alla fase di quell’esercizio quotidiano di vita spirituale che è conforme all'esame di coscienza. Nel quotidiano esame di coscienza, il soggetto si prefigge appunto di conoscere, sempre meglio, l'atteggiamento morale in sé per adeguare a esso il proprio atteggiamento, e di conoscere pure quale sia il comportamento autenticamente morale che egli dovrà cercare di attuare. Ovviamente, allorquando la coscienza è considerata come facoltà che attua la scelta morale, a essa è attribuita funzione volitiva. Nel linguaggio biblico, per questa peculiarità, si parla di cuore.
L’Aquinate identifica tale funzione della coscienza come atto volontario interno. Si parla altresì della coscienza anche come luogo sacro, un'intimità sacra della persona, la voce di Dio Padre. In questi casi alla coscienza è attribuito il compito di esortare, di incitare, di spronare la volontà a realizzare sempre meglio quel bene che è capace di realizzare.
Ma cosa significa educare e formare la coscienza?
Un primario compito, che di solito è attribuito alla coscienza, è quello di formarsi in quanto funzione intellettiva. Educare la propria coscienza, in questo caso, equivale ovviamente a educare la propria intelligenza alla riflessione morale, a saper far uso delle capacità argomentative di cui si dispone al fine di individuare il moralmente buono del proprio atteggiamento e il moralmente retto del proprio comportamento e, quindi, giungere al passo secondario che consiste nel generare, attuata la scelta, la funzione volitiva.
Ora, chi forma la coscienza, in ogni caso, è sempre il maestro interiore di cui parla Agostino d’Ippona, che suscita e trasfonde nella persona il desiderio del bene, guida e illumina il suo difficile cammino morale, stimolandolo e incoraggiandolo nei momenti di scoraggiamento, spronandolo sempre verso ideali ancora più alti. Chi raggiunge le alte vette della bontà interiore è chi è consapevole, pertanto, che: “Per crescere in sapienza si deve Ascoltare volentieri, Cercare con diligenza, Rispondere con prudenza e Meditare attentamente”.
[Foto: Raffaello, Socrate - La Scuola di Atene]
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