sabato 4 ottobre 2025

Con San Francesco d'Assisi, aprirsi a ciò che ci trascende

L’Amore non è amato”: era questo lo strazio che spesso risuonava nel cuore e sulle labbra di San Francesco di Assisi. “Piango la Passione del mio Signore. Per amore di Lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo” (FF 1413).

S. FRANCESCO D’ASSISI, Patrono d'Italia, nel giorno della sua solennità, sollecita l'umanità a scuotere le coscienze: "L'Amore non è amato".

Sembra un paradosso, ma provocare ingiustizia sociale, e con malversazione, è arbitrio favorito da sistemi invertiti, a determinazione di un errante, quanto delirante libero arbitrio. Tommaso d’Aquino insegna che compito primo della giustizia è ordinare l’uomo nei rapporti verso gli altri, e definisce la virtù della giustizia: “Abito per cui l’uomo è inclinato a dare a ciascuno il suo”. (S. Th. II-II, q.58, a.1). Ma cosa significa «dare a ciascuno il suo», qual'è la proporzione? Quando si cade nell'illegalità?!

Dare a ciascuno il suo significa, innanzitutto, non danneggiare gli altri. È un criterio semplice, di reciprocità, principio etico e giuridico fondamentale, che si basa sull’idea che ogni individuo ha il diritto di godere dei propri diritti, senza però interferire con quelli degli altri. Tale concetto viene spesso utilizzato nella filosofia del diritto e nella teoria della giustizia, in quanto rappresenta uno dei principi fondamentali su cui si basano le leggi e le norme sociali. Ogni persona ha il diritto di godere dei propri diritti, a patto che questi diritti non vengano violati, compromessi, impediti. La giustizia è, dunque, anzitutto virtus ad alterum, la sua materia concerne le relazioni. Ma per vivere correttamente le relazioni con gli altri è necessario essere giusti, in altre parole, essere persone rette, oneste intellettualmente, che sanno dare il corretto e legittimo spazio alle differenti facoltà con elementi di ragionevolezza. Diversamente si cade nell'illegalità. Va da sé che compiere ingiustizia è l’azione più imbarazzante e contraria alla retta ragione (S. Th. II-II, q. 55, a. 8). L'Aquinate, inoltre, inserisce negli atti contro la giustizia l’uso scorretto della parola, come l’insulto, la maldicenza, da attribuirsi anche a chi vi collabora, la mormorazione, la derisione, la menzogna e l’ipocrisia.

Ergo: occorre rimanere Distinti e Distanti dal disumano, occorre indignarsi di fronte l'ingiusto! La libertà implica conoscenza, rispetto e, necessariamente, determinazione al bene comune. Quando il libero arbitrio mal agisce nei confini degli orizzonti umani, cercando di adombrarne irragionevolmente percorsi, è viziato, fuorviante, corrotto. La libertà autentica richiede una più ampia visione, che consiste nell’aprirsi a ciò che ci trascende.

👉 𝑫𝑰𝑺𝑻𝑰𝑵𝑻𝑨 𝑬 𝑫𝑰𝑺𝑻𝑨𝑵𝑻𝑬: 𝑶𝒅𝒆 𝒅𝒊 𝒍𝒊𝒃𝒆𝒓𝒕𝒂'


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