La società familiare, quella civile e quella religiosa, è indispensabile al pieno compimento della vita umana. Tuttavia ciò implica una dipendenza, relativamente a tutto ciò che è necessario alla vita umana stessa. Ogni società trova nell' "autorità" la sua armonia e peculiarità. L'armonia che ogni società realizza è un'armonia di ordine. Questo, pur essendo una forma debole di armonia, è tuttavia un'armonia vera e propria e, come tale, ha bisogno di un principio. Tale principio oggettivo è il bene comune stesso, mentre, dal punto di vista soggettivo, è una prerogativa dell'autorità essere causa dell'ordine e del dinamismo sociale, cioè principio di direzione.
Partendo da queste asserzioni, non possiamo fermarci allo stato di diritto, seppur centrale dell'ordinamento dello società, piuttosto, puntare ad un senso più compiuto, di comprensione autentica, di ciò che oggi sembra sfuggire nella visione della società familiare, del suo bene stare, per il bene comune sociale.
Leggiamo nella Gaudium et Spes: principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana; come quello che di sua natura ha sommamente bisogno della vita sociale" (25/1396); continua: come "intima comunità di vita e d'amore coniugale"(GS 48) il matrimonio è un luogo e un mezzo capace di favorire il bene delle persone secondo la loro vocazione (GS 26). S. Tommaso d’Aquino, ponendo il matrimonio "in genere relationis" (Summa Theol. Suppl., q. 44, 0.1), afferma che "matrimonium non est consensus, sed quaedam unio ordinato rum od unum quam consensus facit" (Summa Theol., q. 45, 0.1): unione di due esseri ordinati ad un unico obiettivo che prende vita dal consenso. Giovanni Paolo II, nel discorso tenuto al Tribunale della Rota Romana il 21/1/1999, evidenzia come l'amor coniugalis non è soltanto né soprattutto sentimento; è essenzialmente un impegno verso l'altra persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà. Proprio questo, dice, qualifica tale amore rendendolo coniugalis. Una volta dato e accettato l'impegno per mezzo del consenso, l'amore diviene coniugale e mai perde questo carattere. Impegnandosi l'un l'altro nel dono di se stessi, gli sposi esprimono il passaggio alla vita coniugale in cui l'amore diventa una condivisione assoluta. La sacralità del matrimonio ci fa comprendere la totale comunione di vita, evocando il realismo dell'incarnazione in cui Gesù diventa uno con l'umanità nello carne, un'unione coniugale, quindi, che vive sotto lo facoltà di colui del quale la chiesa annuncia il mistero. Questa visione cristologica del matrimonio permette di comprendere perché la chiesa non riconosce a se stessa nessun diritto di sciogliere un matrimonio “rato e consumato”, ossia un matrimonio sacramentalmente contratto nella chiesa e ratificato dagli sposi stessi nella loro carne.
Per il credente, il significato del matrimonio deriva innanzi tutto dall'azione di Dio Creatore e Redentore. Non si deve dimenticare la distinzione tra natura e grazia; nella storia della salvezza, vi è una particolare continuità tra il matrimonio, voluto dal Creatore per la "natura creata" e il matrimonio rinnovato dal Redentore e dalla sua grazia per la "natura redenta". Viene detto da Paolo, quando proclama che il matrimonio cristiano si fa "nel Signore" (1 Cor 7, 39) secondo la logica della fede e della grazia che realizza una nuova creazione (2 Cor 5,17). Efesini 5 colloca il matrimonio cristiano nel quadro del mistero pasquale. Ecco perché la morte e la resurrezione di Cristo per gli uomini (Rom 4, 25) vengono presentati qui nella categoria dell'amore sponsale del Signore per il suo popolo. E' in questo mistero pasquale, visto nell'ottica sponsale, che è inserito l'amore coniugale fra un uomo e una donna. Quest'unione è ricca di doni e di esigenze morali, da riferire innanzitutto a un amore redento, secondo il desiderio di Dio Creatore (Ef 5, 31), ed elevato dalla grazia, come afferma la Gaudium et spes: "l'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto ed arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dall'azione salvifica della chiesa, perché i coniugi, in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nella sublime missione di padre e madre" (48/1472). L’unione totale di un uomo e di una donna, nel patto coniugale, corrisponde alla natura umana e alle esigenze in essa poste da Dio Padre. E' questa la ragione profonda per cui il matrimonio, favorisce la maturazione personale degli sposi. La donazione fisica totale sarebbe inganno se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente (Familiaris consortio, 11).
L'unione intima nel matrimonio, del dono reciproco, l’unione coniugale e il bene dei figli esigono l'unità indissolubile di queste persone. Da qui deriva, per gli sposi, l'impegno morale di proteggere lo loro unione, custodirla e di farla germogliare. L'atto umano attraverso il quale gli sposi si donano e si ricevono scambievolmente, crea un legame profondissimo. Questo legame è inscritto nello stesso atto creativo e supera lo volontà degli uomini, per questo è intrinsecamente indissolubile. Visto nelle prospettive cristologiche, l'indissolubilità del matrimonio cristiano ha un fondamento ultimo, ancora più profondo: consiste nel fatto che è immagine, sacramento e testimonianza dell'unione indissolubile tra Cristo e lo chiesa. Ciò è stato chiamato il bonum sacramenti. In questo senso, l'indissolubilità è avvenimento di grazia e in ciò trova senso il "totius vitae".
La fedeltà a cui gli sposi si affidano reciprocamente nell'amore, deve essere sostenuta dalla società stessa. "Per tutta la vita", nella visione complessa di una sintonia armoniosa, è manifestazione del bisogno che l'essere umano ha di trovare compiutezza, e acquista quel senso assoluto di unità profonda che tende alla continua scoperta dell'altro, scelta della sua vita e dell'amore che per esso ha.
(Cf. Riv. “Parola”, Pontificia Università San Tommaso, ed. A.S.P.U.S.T., Roma, 2005)
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