L'insegnamento che trasmette il mito di Perseo, oltre al senso amabile della conquista della libertà, è l'ammirevole coraggio di un figlio che, per non soccombere all’energia pietrificante, paralizzante, e quindi agli scempi umani, lotta con ardore per il bene, e insegna che non bisogna seguire l’istinto come le bestie, bensì usare la ragione e riflettere con l'ausilio di elementi di ragionevolezza. Perseo, infatti, non incrociò lo sguardo di Medusa, si riparò con lo scudo-specchio che si riflesse sul mostro. Non fu, quindi, impulsivo, irrazionale, iracondo, seguì con ponderazione, pacatezza, la conoscenza della natura superiore. Perseo vince, fieramente, combatte il caos e il male, e propone valori positivi, edificanti, costruendo la pace. Narra, così, la vittoria della luce sull’oscurità, del bene sul male che, in una prospettiva cristiana indica il percorso dell’anima verso la luce di Dio.
Una volta presa la testa di Medusa, l’eroe la ripone in una bisaccia; ma anche da morta Medusa, se esposta, manteneva la capacità di pietrificare chi la guardasse. Fu utile a Perseo che la usò come scudo. Dal sangue che sgorgava dalla testa tranciata nacque Pegaso, cavallo alato che riporterà Perseo a casa.
Pensai che, per analogia, la testa di Medusa, con i serpenti al posto dei capelli, il cui sguardo pietrificava chi la guardasse, si poteva identificare con i consociati a nocumento del territorio, con i manipolatori d'ignara gente, pietrificando al decadimento morale che, pedissequamente alle gorgoni manipolatrici, ammaliavano con l'apparenza.
La scoperchianza, come le modalità agite di Perseo, fa specchiare chiarezza, inducendo il male a uscire dalla tana, come fa la verità con la menzogna.
Tratto da “DISTINTA E DISTANTE. Cammino verso la scoperchianza” (MFCarnea)
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