Come una vigna rigogliosa, terreno in cui i vitigni possono anche coesistere con altre colture, voglio figurare l’Europa, immaginarla in un quadro: un esteso vigneto i cui Stati/filari di viti, legati/federati, si sorreggono, dialogando gli uni con gli altri, e le cui radici ramificano nei rispettivi territori, favorendo politiche per la vita, la crescita di un nettare identitario da integrare nel reciproco rispetto di Bene Comune. Sono diverse le sfide con cui misurarsi per risultare credibili: doveri prima che diritti, patriottismo e non nazionalismi, principio di sussidiarietà da attuare, lotta alla criminalità, rispetto della vita, della famiglia, del lavoro, la pace da agire con determinazione.
La storia certo non cade nell’oblio: per i Popoli del XXI secolo, soggetti alla mentalità dei nazionalismi esasperati, dei confini politici divenuti barriere, non è semplice pensare a un'Europa nella quale tutti si consideravano concittadini di quello che era o era stato un medesimo Impero e si muovevano liberamente da un paese all'altro; le tante città-stato di quel tempo erano in relazione per i loro commerci con i maggiori centri d'Europa; il latino era ancora la lingua ufficiale comune a tutto l'Occidente, nonostante l'affermarsi delle lingue volgari. La cultura europea era unitaria, malgrado le divisioni politiche e comunali. Pur serbando ognuno la propria nazionalità, che anzi comincia allora ad accentuarsi, gli uomini del secolo XIV non si consideravano ancora come forestieri l'uno con l'altro; si sentivano coinvolti in un destino piuttosto comune e non avevano difficoltà a vivere insieme. Vi era un'Europa divisa politicamente, nelle naturali forme di pensiero, ma unita dalla cultura umana e cristiana, che i secoli precedenti avevano elaborato.
L’Europa ha, dunque, un retaggio storico antico, e oggi occorre sostenerne importanza attraverso una politica che offra costruttiva mediazione, al fine di ritovare una cultura realisticamente unitaria, non ipocritamente servile ai soli sistemi economici. Un lavoro che impegni a capire cause oggettive di conflitti, spesso espressioni di complessi rapporti che rimandano alla storia intra popoli fratelli. Il fine rimane la deteriminazione di una grande Europa politica: collocare l’umanità in una tensione unitiva fra storia del futuro e memoria della speranza, aiuta a trasformare la politica in una geniale opera umanizzante. Far crescere la coscienza nazionale è un fondamento della sociologia cattolica e liberale di don Luigi Sturzo, costruita attorno al primato dello spirito popolare, che collega una nazione libera alla memoria dei propri padri per progettare al meglio il suo futuro.
Alcide De Gasperi, nel suo discorso alla Conferenza Parlamentare Europea di Parigi, il 21-04-1954, asseriva: “Tutta la nostra costruzione politico-sociale presuppone un regime di moralità internazionale. I popoli che si uniscono, spogliandosi delle scorie egoistiche della loro crescita, debbono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati”. Pertanto, un’Europa priva di riferimenti etici, di idee, di valorizzazione morale della vita, spogliata di politiche di giovamento alle famiglie, di spirito di integrazione aperto e equo sulle frontiere del mondo, non potrà realizzare la vocazione più profonda cui è chiamata dalla sua storia.
Lo sguardo al senso del sacro che alberga l’umano, rende sacralità a un disegno politico in cui pensiero e azione di costrutto ne sono propulsori per ogni renovatio. Non è ammissibile ignorare le fonti storiche che hanno motivato il progetto Europa, tantomeno supportare il relativismo strisciante, e imperante. Il futuro dell’Europa è legato alle sue radici etiche e spirituali. E, con Cicerone, Pro aris et focis, semper!
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