martedì 7 agosto 2012

Tenero come una mamma, forte come un diamante: t’ascolterò con il cuore Domenico di Guzmán!


L’idea di s. Domenico di formare dei predicatori che fossero seminatori di luce nelle tenebre del mondo è una grande grazia resa all’umanità. C’è bisogno che non tramonti il sole della Verità su questa terra, sempre più compiaciuta delle sue piccolezze immonde e sempre più sedotta da errori, nutrimento di vacue e inconsistenti illusioni delle generazioni umane. I figli di Domenico, l’atleta del Signore, furono sempre pronti e in prima fila nell’opporsi a ogni errore, affrontando anche per questo la morte, l’avversione, tenendo fede al motto Veritas.

 Conosciamo meglio, ravvivandone memoria, tale straordinaria figura umana e il carisma da lui generato, anamnesi di un’identità, domenicana, mai strumento, piuttosto perenne ‘servizio’ a Cristo.

Domenico nacque a Caleruega nel 1170, in Spagna. A Palencia frequenta i corsi in arti liberali e teologia. Terminati gli studi è ordinato sacerdote. Nel 1215 Folco, vescovo di Tolosa, lo nomina predicatore della sua diocesi. Nel mentre, Domenico matura un coraggioso progetto, e cioè di dare alla predicazione forma stabile e regolata. Insieme a Folco si reca, nell’ottobre dello stesso anno, a Roma per partecipare al Concilio Lateranense IV e trova occasione per sottoporre il suo progetto a Innocenzo III che lo approva. Il 22 dicembre 1216, Onorio III darà l'approvazione ufficiale e definitiva, e il suo Ordine si chiamerà “Ordine dei Frati Predicatori”. Nel 1220 e nel 1221 presiede ai primi due Capitoli Generali, a Bologna, precisando gli elementi fondamentali dell’Ordine: predicazione, studio, povertà mendicante, vita comune, legislazione, distribuzione geografica, spedizioni missionarie. Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l’aveva.

Domenico fonda un Ordine che ha come scopo la salvezza delle anime mediante la predicazione che scaturisce dalla contemplazione: contemplata aliis tradere sarà la formula con cui Tommaso d’Aquino esprimerà l’ispirazione di s. Domenico e l’anima dell’Ordine. Ardito, prudente, rispettoso verso l’altrui giudizio, obbediente alle direttive della Chiesa, Domenico è l’apostolo che non conosce compromessi né irrigidimenti: “Tenero come una mamma, forte come un diamante”, lo ha definito Lacordaire.

Egli conosceva il valore dello studio e del sapere. Lo studio era voluto per sostenere e sostanziare la  predicazione, prerogativa dei vescovi ma che Domenico volle fosse riconosciuta dal Pontefice come facoltà propria del suo Ordine. Il fondatore aveva un grande amore al Verbo incarnato e alla sua parola che ha illuminato il mondo. Dio Padre disse a Caterina da Siena che Domenico «prese l’ufficio del Verbo» (Dial., c. 158). Ne aveva capito il bisogno, per un’intelligente diffusione e difesa della verità divina: ci sarebbe sempre stato chi avrebbe messo in pericolo la fede col fare sfoggio di scienza, o usando impropriamente le sacre scritture, peggio denigrandole.

La lotta per la purezza della fede e per la sua diffusione è un’esigenza costante nella vita della Chiesa, per cui una solida scienza sacra si dimostra, allora come oggi, indispensabile. Soltanto la conoscenza profonda delle verità rivelate poteva convincere gli erranti, specialmente se accompagnata dall’esempio della vita povera e disinteressata dei ministri della parola. Scopo dello studio, dunque, e della predicazione è il bene delle anime. Essi non sono per una carriera ma per portare le anime a Cristo. Cristo è l’oggetto del frate che studia, il soggetto della parola predicata, è il termine cui portare gli uomini che incontra o a cui parla, Egli è il solo cui essere grati.

La devozione mariana è, altresì, manifesta caratteristica dell’Ordine. Il Rosario è concepito esattamente sulla linea del «contemplata aliis tradere». Esso è un insegnamento e un esercizio di preghiera vocale, unendo la meditazione dei misteri alla recita del Pater, delle Ave e del Gloria. Si prega per invocare Maria SS., ma le meditazioni sono bibliche e cristologiche, collocando quindi il pensiero mariano nel mistero di Cristo, così come emerge dai vangeli e dalla dottrina della Chiesa.

Non è raro che in questi principi i frati predicatori si siano distinti con la parola coraggiosa in difesa dei bisognosi e indifesi, come fecero Montesinos, Las Casas, antesignani della tutela dei diritti umani e strenui difensori della libertà degli schiavi. Molti altri predicatori hanno operato per la verità nella giustizia: Girolamo Savonarola per la libertà di Firenze; Gregorio Rocco per i poveri di Napoli e, per la più grande povertà, quella dei popoli che nelle rivoluzioni hanno smarrito la verità di Dio, in Francia i grandi oratori di Nótre Dame, Lacordaire, Monsabré, Janvier, Carré, hanno rievangelizzato con alta dottrina le genti colte della Francia moderna. Non si può non menzionare la straordinaria opera di Caterina da Siena, mantellata domenicana, nel suo ardimentoso proposito di amore di giustizia e verità, fedele interprete del carisma e della spiritualità domenicana.

Un domenicano non si può chiudere nel proprio io: è chiamato a studiare per gli altri, a predicare e insegnare per gli altri, a soffrire per gli altri. Tutto ciò si riversa nella sua preghiera, preghiera che deve alimentare la sua passione per le anime, altrimenti non è passione ereditata dal dolce Padre Domenico, che pregava e si flagellava ogni giorno per i vivi da convertire e per i defunti da introdurre al più presto nel regno dei beati.

Sull’esempio di s. Domenico siamo tenuti a rendere testimonianza alla verità, a donare la verità che libera, a indicare la via della salvezza, unica meraviglia ineffabile della vita, Gesù. A chi gli chiese quale fosse la fonte principale della sua dottrina, Domenico rispose: Ho studiato sul libro della carità più che in ogni altro. E a questa sua fonte accenna, condividendola, anche Caterina, quando scrive di lui: “Su quale mensa egli fa nutrire i suoi figli col lume della scienza? Alla mensa della croce egli non vuole che i suoi figli ad altro attendano che stare su questa mensa col lume della scienza (Dial., c. 434).

[Foto: S. Domenico]

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