La politica, impegno civile di costrutto sociale, nonché espressione più alta della carità, deve poter riprendere il senso del sacro, e di serietà che custodisce in nuce. La modernità, vessata da una grave pandemia, vive una realtà socio-politica confusa, a mio avviso volutamente veicolata alla confusione poiché del tutto votata all’ottenere, senza scrupoli, priva di senso del sacro, troppe volte distante dall’attenzione alla persona, al suo bene, che è l’unico fine dell’agire politico. Prende il sopravvento l’autocelebrazione, l’inetto protagonismo che lascia il tempo che trova, l’idea dell’illusione che, trascorso, l’attimo di gloria, evapora nell’inconsistenza della superficialità che non trova continuità di costrutto amministrativo. Urgono, di contro, riforme per un servizio sanitario efficiente, equo, una giustizia che superi le sperequazioni, riconosca il giusto e la certezza di pena, tutelando i diritti dei più deboli, prime vittime di un sistema ingiusto, urgono reali politiche attive sul fronte lavoro.
Va da sé che il credente agisce come cittadino nello spirito e nella lettera della Costituzione. E occorre scommettere sulla responsabilità politica, capace di condurre a un livello di prosperità sociale, e in virtù di un maturo agire, di buone azioni reciproche. Nell’antica Grecia le divinità che simboleggiavano la reciprocità erano le tre Grazie, tre sorelle chiamate Bellezza, Gioia e Prosperità. Spesso nell’arte venivano rappresentate in cerchio mentre incrociano le loro mani, dando vita a una serie complessa di transazioni che formano il nucleo di una società. Per analogia con la politica, questo circolo virtuoso rispecchia il flusso di mutua assistenza che circonda le comunità umane. E l’apertura di legami di amicizia tra cittadini, comporta una concordia civica, atteggiamento fatto di benevolenza, di impegno alla reciproca responsabilità. Il fine è assicurare l’utile per tutti, in modo moralmente scrupoloso. Si parte dunque dalle Comunità, dal reinnestare dalle radici dei Comuni, il sentimento di reciproca responsabilità ripensata e potenziata.
Scrive Tommaso d’Aquino: l’amor amicitiae è rivolto all’identità personale dell’altro, non a qualche sua bella qualità che ci procura vantaggio. L’amor concupiscientiae, di contro, è fondato sull’utile o sul piacere che viene dall’altra persona; quando da questa persona non viene più utile, o quando abbiamo trovato di meglio altrove, questo amore finisce. (S. Th. I-II, q. 26). Ecco, non occorre nutrire la politica di amor concupscientiae, incapace di intendere la continuità d’opera concreta, l’approfondita ricerca di bene comune.
La storia, anche recente, ha fatto conoscere l’oppressione dell’oligarchia e, in alcune aree, anche la tirannia, seppure sia vigente uno stato di diritto e democratico, tirannia si manifesta laddove viene tolta la parola, viene messa in atto azione denigratoria, si cerca di oscurare il giusto intendere, laddove i media sono a servizio e busta paga di malaffare e massomafie. Attualmente, è come se fossimo di fronte a una forma di subordinazione volontaria che travolge le nostre società democratiche, nelle quali viene chiesto di dare un libero assenso a chi comanda, così, in automatico.
Giova riflettere: c’è una area di mistero nell’essere umano, da coltivare con cura, come massima risorsa. Il sentire politico, nel contenuto di laicità, diventa una risposta di pensiero, che supera il comando subordinato, supera l’amor concupiscientiae, e induce a pensare con senso compiuto, rispetto alla parzialità di concetto cui oggi assistiamo, soprattutto politicamente. E, prendendo spunto dall’idea di Caterina da Siena di riforma della Chiesa: “togliere dal ‘giardino’ i fiori fradici e maleodoranti dei cattivi ministri e piantarvi ‘fiori odoriferi’ di ministri veri e santi”, per analogia, dedurne: “togliere dal vivaio politico le piante fradicie e maleodoranti dei cattivi politici, e piantarvi piante odorifere di politici seri e pensanti”.
Sappiamo bene che l’economia di mercato ha seminato il deserto all’interno dell’uomo, ha reciso le radici dell’anima all’interno della persona, e solo questo rappresenterebbe un grande motivo culturale di lotta per la ripresa del senso sano dell’economia di mercato, equo e solidale, rispettoso dell’ambiente. Inoltre, le democrazie occidentali hanno raggiunto il grado di più perfette dittature del potere finanziario, tuttavia, mentre le antiche dittature venivano individuate nella figura del leader dittatore, l’autocrazia del potere finanziario annessa, invece, non ha una figura incarnata, una sorta di mafia senza volto, e quindi è difficilissima da essere riconosciuta come tale. Va da se che ci ritroviamo a vivere in un’autocrazia convinti di essere in una democrazia politica.
Vi è, pertanto, un contrasto tra i tempi esterni imposti alla vita e il tempo interno alla persona. E qui nasce una contraddizione fondamentale che è una contraddizione politica: coloro che comandano non sono tanto i governi, i partiti, i parlamentari che appaiono come figuranti, e che troppo spesso dimenticano di essere a tempo determinato. Chi comanda è la logica illogica di sistema, che impone un circuito di elaborazione, diffusione, ripartizione, consumo. Questo è il potere reale che ci comanda, di cui siamo sudditi, un potere che non vuole che ci fermiamo a pensare, non ci concede i tempi tecnici della riflessione interiore, annienta ogni capacità critica. Un’indagine sociologica, più vicina alla gente, darebbe senz’altro l’opportunità di una comprensione effettiva, reale, dell’assenza politica di costrutto, assenza di idea di laicità, assenza di senso del sacro che, di contro, rende valore alla persona nella società. Il bene non è mai miope!
Urge pertanto riconquistare, nel pro bonum facere, non la furia del tempo, ma la furia di una passione politica che abbia capacità di fagocitare il senso di una politica lungimirante, provvista di idee, che dia modo di pensare compiutamente al bene comune, al bene nella casa comune. Ergo: la laicità è un disegno di vita, fondato sul rispetto della complessità della persona, sulla memoria storica, sulla fiducia nella capacità della politica di trovare un punto di conciliazione, che non sia la rinuncia a ciò in cui si crede. Laicità è anche comprendere che è sempre meglio lottare per abbracciare il bene, farsi portatori sani di valori etici, in grado di fare la differenza. Val la pena tentare, val la pena amare per rinnovare mitezza rivoluzionaria, atta a superare faziosità e confusione di valori. Val la pena l’amor amicitiae in politica!
Cf. Monastica.eu
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