sabato 5 aprile 2014

Nostalgia del fanciullino, della grazia poetica nell’uomo

Anche se nel nostro tempo si è un po’ eclissato, in ogni uomo c’è un fanciullo capace di commuoversi, di sperimentare quotidianamente emozioni, sensazioni nuove. Tuttavia, sembra non ci sia tempo per sperimentare emozioni e sensazioni nuove: la corsa forsennata del momento storico che viviamo, iper tecnologico, detta altri ritmi da cui vengono sottratti elementi che più caratterizzano la sostanza umana, ciò che rende Persona non di atto ma di actio.

Spesso il fanciullino che è in noi è soffocato, ignorato dal mondo esterno, una società che ha prodotto rigidità di temperamento, modelli che, di fronte alla fragilità e tenerezza umana, diventano dure maschere quasi impassibili, incapaci di sentire emozioni se non quelle vacue di soddisfare il proprio egoismo e piacere personale, incapaci di reagire al senso alto del sacro che alberga la vita non deputata ai vizi, piuttosto tesa alla meraviglia delle virtù che fanno crescere nella coscienza il senso dell’altro. Il mio prossimo è un altro io!

Il fanciullo nel suo animo prevede sì fragilità umana, ma anche comunione con la natura, con l’interazione dei sentimenti, vuole e sa provare emozioni, sente prima di provarle, con una genuinità incantevole che non lascia spazio a pudori e non ha pudori da cui proteggersi se non l’incanto della sua paura superata, esplicitata da verginità spirituale, fatta da assenza di malizia, estrema semplicità, capacità di meraviglia di fronte ad ogni orizzonte nuovo. Proprio del fanciullo è il mirar le stelle rimanendo affascinato, come dentro a un sogno in cui potersi perdere e rinascere, e si magnifica l’anima d’infinito pensare, di sano sapere, arsura che mai trova sazio, che rapito vive desideroso del domani, del nuovo cielo, nell'immenso di una vita realmente conosciuta.

Giovanni Pascoli riprende, con il suo Fanciullino, il mito platonico del Fedone: "È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi [...] ma lagrime ancora e tripudi suoi". È, dunque, il fanciullino una voce celata nell'intimo di ciascun uomo, che si pone in contatto con il mondo attraverso l'immaginazione e la sensibilità. La voce interiore del fanciullino dà vita alla poesia  negli adulti, ravviva, fa sognare a occhi aperti, scopre il lato attraente e misterioso di ogni cosa, fa volare con la fantasia in universi emozionanti. Rappresenta quella natura pura, ingenua, candida e innocente che, nella personalità di un individuo, può conservarsi anche in età adulta. La persona cresce, avanza negli anni, ma il fanciullino, in essa, rimane piccolo, è colui che sa osservare liricamente il mondo, ascoltandolo, come il poeta che è precipuamente colui che, come il fanciullo, ha mantenuto l'infantile capacità di emozionarsi, di meravigliarsi, di intuire. Quanto amore dona la purezza, il sentire intenso che, fecondo, rigenera verità. Immenso è ciò che ci alberga e con la dolce fanciullezza, nessuna dimensione dell’umano sa contenerTi cuore che avvolge, che rapisce e, mai esausto, ci respira.

L'infantile capacità di emozionarsi, di meravigliarsi e d'intuire trova scarso spazio oggi, il giogo dei poteri, l’arsura di conquiste futili hanno prodotto un’equazione a dir poco disonorevole: la smarrita genuinità umana crea sempre più indifferenza di fronte ai bisogni più elementari, guardando dall'alto dei poteri, come se il potere fosse eterno, come se alcune cariche fossero di derivazione divina, soggetti in via di estinzione con doti soprannaturali, soprattutto quando si tratta di ottenere il proprio beneficio economico. Il problema dell’oggi, del vivere sociale quotidiano, trabocca però di  sofferenze umane, di dolorose situazioni che ledono la dignità della persona, e diventa sempre più inaccettabile l’assenza della genuinità, della verità, che è espressione di umanità e dove v’è umanità, naturalezza, non interviene la speculazione dell’arroganza e dell’ignoranza. “Siamo posti a capo e siamo servi: siamo capi, ma se  serviamo al bene di qualcuno” (S. Agostino).

Si avverte la nostalgia del fanciullo che sa di avere limiti, che sa che crescendo impara, che sa che ogni conquista virtuosa di oggi è actio per la collettività di domani. Nostalgia della grazia poetica nell'uomo che disperde la sua naturalezza, si priva della sua fragilità, che non sono mai segni di debolezza, piuttosto profondo senso di umanità poiché sentendo, provando, commuovendosi si riconosce nell'altro e ne rispetta così il sentire di coscienza. “È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi [...] ma lagrime ancora e tripudi suoi.

[Foto: V. Foppa, Fanciullo che legge Cicerone]

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