Anche se nel nostro tempo si è un po’ eclissato, in
ogni uomo c’è un fanciullo capace di commuoversi, di sperimentare quotidianamente
emozioni, sensazioni nuove. Tuttavia, sembra non ci sia tempo per sperimentare
emozioni e sensazioni nuove: la corsa forsennata del momento storico che
viviamo, iper tecnologico, detta altri ritmi da cui vengono sottratti elementi
che più caratterizzano la sostanza umana, ciò che rende Persona non di atto ma
di actio.
Spesso il fanciullino che è in noi è soffocato, ignorato dal mondo esterno, una società che ha
prodotto rigidità di temperamento, modelli che, di fronte alla fragilità e
tenerezza umana, diventano dure maschere quasi impassibili, incapaci di sentire
emozioni se non quelle vacue di soddisfare il proprio egoismo e piacere
personale, incapaci di reagire al senso alto del sacro che alberga la vita non deputata
ai vizi, piuttosto tesa alla meraviglia delle virtù che fanno crescere nella
coscienza il senso dell’altro. Il mio prossimo è un altro io!
Il fanciullo nel suo animo prevede sì fragilità umana,
ma anche comunione con la natura, con l’interazione dei sentimenti, vuole e sa
provare emozioni, sente prima di provarle, con una genuinità incantevole che
non lascia spazio a pudori e non ha pudori da cui proteggersi se non l’incanto
della sua paura superata, esplicitata da verginità spirituale, fatta da assenza di
malizia, estrema semplicità, capacità di meraviglia di fronte ad ogni orizzonte
nuovo. Proprio del fanciullo è il mirar le stelle rimanendo
affascinato, come dentro a un sogno in cui potersi perdere e rinascere, e si magnifica
l’anima d’infinito pensare, di sano sapere, arsura che mai trova sazio, che
rapito vive desideroso del domani, del nuovo cielo, nell'immenso di una vita
realmente conosciuta.
Giovanni Pascoli
riprende, con il suo Fanciullino, il mito platonico del Fedone:
"È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi [...] ma lagrime
ancora e tripudi suoi". È, dunque, il fanciullino una voce celata nell'intimo di ciascun uomo, che si pone in contatto con il mondo attraverso
l'immaginazione e la sensibilità. La voce interiore del fanciullino dà vita
alla poesia negli adulti, ravviva,
fa sognare a occhi aperti, scopre il lato attraente e misterioso di ogni cosa,
fa volare con la fantasia in universi emozionanti. Rappresenta quella natura
pura, ingenua, candida e innocente che, nella personalità di un individuo, può
conservarsi anche in età adulta. La persona cresce, avanza negli anni, ma il
fanciullino, in essa, rimane piccolo, è colui che sa osservare liricamente il
mondo, ascoltandolo, come il poeta che è precipuamente colui che, come il
fanciullo, ha mantenuto l'infantile capacità di emozionarsi, di meravigliarsi,
di intuire. Quanto amore dona la
purezza, il sentire intenso che, fecondo, rigenera verità. Immenso è ciò che ci
alberga e con la dolce fanciullezza, nessuna dimensione dell’umano sa
contenerTi cuore che avvolge, che rapisce e, mai esausto, ci respira.
L'infantile capacità di emozionarsi, di meravigliarsi
e d'intuire trova scarso spazio oggi, il giogo dei poteri, l’arsura di
conquiste futili hanno prodotto un’equazione a dir poco disonorevole: la
smarrita genuinità umana crea sempre più indifferenza di fronte ai bisogni più
elementari, guardando dall'alto dei poteri, come se il potere fosse eterno,
come se alcune cariche fossero di derivazione divina, soggetti in via di
estinzione con doti soprannaturali, soprattutto quando si tratta di ottenere il
proprio beneficio economico. Il problema dell’oggi, del vivere sociale
quotidiano, trabocca però di sofferenze
umane, di dolorose situazioni che ledono la dignità della persona, e diventa
sempre più inaccettabile l’assenza della genuinità, della verità, che è
espressione di umanità e dove v’è umanità, naturalezza, non interviene la
speculazione dell’arroganza e dell’ignoranza. “Siamo posti a capo e siamo servi: siamo capi, ma se serviamo al bene di qualcuno” (S.
Agostino).
Si avverte la nostalgia del fanciullo che sa di avere
limiti, che sa che crescendo impara, che sa che ogni conquista virtuosa di oggi
è actio per la collettività di domani. Nostalgia della grazia poetica nell'uomo che disperde la sua naturalezza, si priva della sua fragilità, che
non sono mai segni di debolezza, piuttosto profondo senso di umanità poiché
sentendo, provando, commuovendosi si riconosce nell'altro e ne rispetta così il
sentire di coscienza. “È dentro noi un
fanciullino che non solo ha brividi [...] ma lagrime ancora e tripudi suoi”.
[Foto: V. Foppa, Fanciullo
che legge Cicerone]
Nessun commento:
Posta un commento