venerdì 28 maggio 2021

Cirò e la ricerca di senso al bene comune

La cura di un territorio passa dall’attenzione al reale. Perché, allora, non pensare anche a un ‘Adotta un monumento, statue, della tua città’? Cosa c’è di più bello che armonizzare una Comunità nel rispetto delle istituzioni civili/religiose, rendendola compiutamente parte della Casa Comune, nel senso del sacro? Tanti potrebbero essere i riferimenti ma, APERTIS VERBIS - visto che il grave tempo pandemico che viviamo ci impone di guardare al Cielo, piuttosto che mantenere lo sguardo basso -, pensare alle statue che la devozione a Cirò denomina come S. Menna e S. Nicodemo, e ai loro aspetti iconografici che meriterebbero innovamento. 

Accade infatti che, nei tempi, e in buona fede, si siano confusi personaggi, storie, sacre raffigurazioni, attribuendogli denominazioni che, nell’immaginario popolare, hanno incarnato figure di riferimento errate. Certo, non si confonde l’errore con l’errante, poiché l’essere umano conserva la sua dignità di persona. Ciò, tuttavia, non esula, verificato l’errore, dal superarlo, agevolando cura devozionale e culturale. Il Bene non è mai miope!

Statua di San Mena, eremita, martire copto
Mi chiedo: la titolazione della Chiesa in Cirò, è dedicata al S. Mena martire, copto, o al S. Menna eremita del Sannio? Prendendo per buona la titolazione della Chiesa al Santo martire copto Mena, è stato rinvenuto che la statua presente non corrisponda nei segni a S. Mena, ma raffiguri S. Espedito di Melitene, (Turchia) martire cristiano del IV secolo. L’iconografia dei due santi Mena e Espedito, dopo il XVII secolo, venne confusa in Occidente, l’unico legame tra i due martiri consiste nel fatto che entrambi sono rappresentati in vesti militari. Di fatto, S. Espedito è raffigurato nelle vesti di soldato mentre calpesta un corvo su cui è riportata la scritta ‘cras’, e con una mano solleva un orologio, che indica ‘hodie’, nel tempo sostituito da un crocifisso. Di contro, il S. Mena copto, nella sua iconografia è rappresentato con ai piedi due cammelli adoranti. Molto interessante è la storia del santo copto, eremita egiziano del III secolo, interessante anche la storia delle ampolle su cui veniva riprodotta la sua effige con cammelli ai suoi piedi.

Ergo: la statua presente nella bella, antica Chiesa di S. Menna, in Cirò, rappresenta S. Espedito. Si può, pertanto, pensare costruttivamente di adottare una nuova statua che raffiguri il titolare della Chiesa, S. Mena, con i suoi segni, rimanendo comunque amici di S. Espedito? Un'Associazione, Comitato, generoso filantropo, non potrebbe farsi carico di adottare questo contributo, al patrimonio comune?

Statua di San Nicodemo da Sikròs, monaco eremita 
Di S. Nicodemo presso la chiesetta-votiva in Cirò, si conservano, custodite in una capsula argentea, le sue Sante Reliquie, una mascella con due molari. Lì presente è l’iconografia del monaco rappresentata nel mezzo busto, che non riproduce le vesti di un monaco abate eremita, ma di un santo vescovo; i caratteri, infatti, possono essere assimilati all’effige di santi vescovi: Lupo, Cataldo, Nicola. 
La statua, dunque, non corrisponde all’iconografia del Santo monaco tra l’altro compatrono di Cirò unitamente a S. Francesco da Paola, Nicodemo veste la semplicità dell’abito monastico, accompagnandosi con un bastone, il cui manico, tipico del monachesimo orientale, è a forma di T. Il bastone pastorale, molto semplice, a forma della lettera greca tau, indica l’autorità dell’igumeno (abate). A partire dal sec. XII, i pastorali a tau tendono a scomparire. Il mondo religioso latino imperversa su quello greco, e subentrano i pastorali con la punta a spirale a caratterizzare i gerarchi della Chiesa che, inoltre, reggono la loro principale arma di salvezza in mano: il libro dei Vangeli.

Ergo: perché non pensare ad una statua che raffiguri S. Nicodemo con i suoi segni, rimanendo comunque amici del santo vescovo di cui è travestito l’attuale mezzobusto? Sarebbe inoltre molto importante se le Sante Reliquie, come l’allora feudatario Francesco Spinelli e il Parlamento di Cirò avevano disposto, venissero poste là dove erano state destinate, cioè nella Chiesa Matrice di Cirò, oggi S. Maria de Plateis, magari appena ci sarà occasione di riapertura al culto. 
Un'Associazione, Comitato, generoso filantropo, non potrebbe farsi carico di adottare questo contributo al patrimonio comune?

Edificare la memoria del territorio attraverso il recupero anche di immagini che incarnano storia, -senza affiggere targhette, inopportune ruote rotary, esterofilie utili solo a privati interessi -, conferisce valore al tempo che viviamo, e definisce l’irrinunciabile necessità di ristabilire quel prezioso legame con la storia stessa del territorio, miglior viatico di costruzione e comunicazione! E, con Aristotele, capita che l'infinito sia proprio il contrario di quello che si dice. Difatti, l'infinito non è ciò al di fuori di cui non c'è nulla, ma ciò per cui si può sempre prendere qualcosa, e quel che si prende, oltre che è finito, è sempre diverso. 
Rinnovo, dunque, invito ai COMPAESANI Cirotani a porsi domande su ciò che realmente accade, oltre ogni ipocrisia, e a mai spegnere l'unica vera luce che illumina la vita di ognuno, la CAPACITÀ CRITICA!

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