mercoledì 5 novembre 2014

Coraggio e risolutezza per il bene intendere l’azione politica


Profetico fu Giorgio La Pira quando scrisse: “La politica è l’attività religiosa più alta, dopo quella dell’unione con Dio: perché è la guida dei popoli [...] una responsabilità immensa, un severissimo e durissimo impegno che si assume. La politica nasce da una virtù di Dio e si alimenta di essa, altrimenti fallisce, cade, come cade e rovina la casa costruita sulla sabbia”. Viviamo nel tempo in cui c’è un sistema politico, un’impalcatura politica costruita sulla sabbia, perché dimentica del suo valore fondante: la virtù pro bonum facere. L’esercizio pratico della politica ha perso il suo scopo precipuo, cioè il raggiungimento del bene comune nel superamento dell’ego, portatore insano di valori inconsistenti, e l’identità dei ‘popolari’ non è più discernibile per quello che vediamo in coloro che si collocano tra i ‘popolari’.

L’insegnamento sociale cristiano possiede un’imprescindibile dimensione pratica, ed è chiamata a evitare una dannosa divisione: quella che separa la fede pratica, l’azione che nasce dalla passione politica di coscienza, dalla vita effettiva, separazione che oggi, purtroppo, si sperimenta. Un uomo, una società che non reagisce davanti alle ingiustizie, peggio non cerca di alleviarle, non è all'altezza della propria sostanza umana. Principale nemico di ogni società, del suo essere umanità, è l’egoismo, la ricerca del vantaggio proprio a scapito degli altri, tarlo antico dell’ignominia. Unitamente all'egoismo, è da ritenere, oggi più di ieri, che in ogni ambito di responsabilità, soprattutto in quello politico, un comportamento onesto non è efficace. È doloroso questo percepire. Da ciò nasce non soltanto l’idea che la politica sia sempre un affare bieco, ma ne accresce la disaffezione, rendendo innaturale e distante dall'uomo, invece, il suo essere animale politico. 

E, allora, come sostiene Papa Francesco: non si può rimanere con le braccia incrociate. Si deve prendere la decisione di agire positivamente nella vita politica, evitando una vita cristiana apparente, amorfa, che non può essere autentica se trascura attenzione ai doveri sociali che anelano urgentissima azione pratica, dal lavoro, alla sanità, alla giustizia. È impellente la necessità di testimonianze concrete, del buon fare, di modi di agire che siano specchio del sentire e che superino le sperequazioni perpetrate ignobilmente. È impellente rinnovare del suo fervore il ceppo della tradizione cattolica, c’è bisogno di sapienza, di cognizione di causa, di capacità di pensare, non di idee prevaricanti, di cattedre inamovibili, di nemmeno troppo velate campagne marketing, ma di comunione di idee, di edificante dialogo pro bonum.

Il sistema politico creato implode del suo stesso male: il clientelismo. Mi pongo una quaestio e la pongo anche a voi: Dove sono finiti i doveri? È lecito parlare solamente di diritti? Questo ha portato al garantismo illimitato che salvaguarda il malfattore a tutti i costi, e mi riferisco ai malfattori veri, che sembra non hanno mai pena certa. Chi tutela le vittime che oltraggio hanno subito? Senza pena certa si alimenta sfiducia e rassegnazione e non più credito, invece, al nobile senso della giustizia umana. Kant sosteneva che ogni motivazione o finalità utilitaristica corrompe l’atto morale nella sua purezza. Egli intende il dovere come libertà di un essere razionale che interroga se stesso e obbliga se stesso, lega così il dovere all'essenza stessa della moralità. Subentra Nietzsche che alla morale del dovere, sostituisce la morale del volere. Il mio pensare è volto a unire i due concetti rendendoli utili al tempo attuale, per cui accanto alla morale del dovere è necessaria la morale del volere. Entrambe le categorie hanno necessità d’essere e divenire per edificare l’umano, intelligenza è guida.

Ergo, prendendo spunto da un concetto propositivo cui esorta l’immenso Tommaso d’Aquino, che faccio mio: “la fede emotiva non è fede, le emozioni non sono il soggetto della fede, soggetto della fede è l’intelletto speculativo”, si può pensare a un’analogia propositiva per l’arte del governo della cosa pubblica e, quindi, affermo ed esorto: la politica emotiva non è politica, l’emotività non è il soggetto della politica, soggetto della politica è l’intelletto speculativo che induce all'azione responsabile, capace sicuramente di emozionare, toccare profondamente l’anima, ma nell'esercizio pratico della “carità intellettuale”, che pone al centro della sua azione la Persona. Credere di migliorare la società senza il necessario impegno per il raffinamento delle persone non può che rivelarsi ingannevole. È dalla conversione del cuore, da una presa di coscienza, che scaturisce la sollecitudine per l’uomo che fa avvertire come onere l’impegno per risanare le istituzioni, gli organismi, le condizioni di vita antitetiche alla dignità umana. Una crescita interiore che non s’impegni per i miglioramenti sociali è soltanto apparente e, un impegno politico non sorretto da valori interiori, è debole oltre che di breve durata. Anelare al senso sano della libertà è un dovere. Bisogna, quindi, permeare la modernità di fervori etici, i soli che danno fondatezza all’evoluzione umana completa. La metodologia politica deve essere sorretta da un’antropologia qualitativa, che miri a ottenere la fiducia autentica dei cittadini sempre più lasciati soli e sfiduciati. Principio cardine dell’etica sociale è la dignità di ogni essere umano, il rispetto della persona esige la solidarietà, nessuna categoria è esclusa dal bene comune.

Nella grande opera di mediazione politica Caterina da Siena nei sui tempi, ed è impressionante verificarne l’attualità, evidenziò e mise in guardia dai tre peccati fondamentali dell’uomo politico: evitare la contesa, rimandare la decisione, tollerare il male, peccati che ella riassume nel: sonno della negligenza. Caterina, nel giudizio sulla politica ci ricorda altresì: niuno stato si può conservare nella legge civile e nella legge divina in stato di grazia senza la santa giustizia. Quest’affermazione della fragilità di ogni costruzione umana, che prescinda dalla grazia, è la radice di un giudizio negativo anche su di ogni politica che sia priva di santa giustizia; essa, piuttosto, può essere il principio informatore, capace di risanare l’attività umana in tutti i campi, anche in quello politico.

Coraggio, risolutezza per il bene intendere l’azione politica, diventano ricchezza morale, patrimonio praticabile, fuoco che dona il brivido della volontà che segue l’intelligenza, mai viceversa, poiché nessuna intelligenza può seguire l’irrazionale se non l’egocentrico sistema della consociazione e corruzione, come dolorosamente vediamo praticare oggi, e che certamente non denota intelligenza. Si anela ad un fuoco di verità nell’azione politica, di pulizia, che doni calore, che incendi l’anima e che sani le ferite, un coraggioso e vigoroso stimolo di speranza, per un orizzonte di decisa lungimiranza costruttiva, affinché la parola ‘popolari’, ‘cristiani’, ‘cattolici’ abbia un senso di costrutto valoriale concreto, poiché concrete sono le persone per cui si opera. Ecco che le piccole gocce sono pronte per formare un oceano di rinnovata sana vita.

[Foto: Ignoto, Le tre virtù teologali]


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