venerdì 17 ottobre 2014

Il decalogo della lungimiranza: un precetto di fratellanza compiuto dentro a un fremito di coscienza

La più alta forma di libertà, un fremito alla coscienza cui l’uomo può ambire, fu comunicata, scritta su di una pietra, naturalmente radicata dentro ogni essere umano che prontamente ne nega l’esistenza, soffocando la coscienza e assoggettandola all'egoismo più sfrenato e deleterio. Non è difficile, purtroppo, verificarne il dato reale nella società, che si trova, per la gran parte, sofferente a causa di pochi detrattori della coscienza. Legge donata con gratuità e tenerezza, scritta nei nostri cuori e che, per eccesso di amore, Dio Padre volle inciderne su pietra dettame, affinché chi non ascoltasse il suo ‘dentro’, eludesse il cognoscimento di se, potesse leggerne contenuti nel Libro dei libri la Sacra Bibbia. 

La sua lettura, l’accostarsi a tanta sempre nuova magnificenza di contenuto, costituisce il viaggio più incantevole da intraprendere, dove poter entrare, rifugiarsi, e rinnovati uscirne, vivificati dalla parola che sempre innova l’umano nostro essere sostanza individua di natura razionale dotata di intelletto e volontà.

Sono dieci, semplici ma efficacissimi e profondi insegnamenti, un decalogo che inneggia alla libertà e al rispetto tra gli esseri umani, conviventi lo stesso pianeta e non necessariamente legati ad un atto di fede religiosa. Un Padre desidera il bene e fa di tutto per farsi comprendere, la meraviglia di questo Padre è che non esige l’ubbidienza ma lascia che la nostra volontà segua con intelligenza il Suo illuminato dettame. Tuttavia i suoi figli, imperterriti, vogliono rimanere adolescenti, dire di no, quindi entrare nel vizio e nel peccato, piuttosto che, in coscienza, conoscersi e conoscere, rinnegando l’Amore e non avendo comprensione dell’importanza della libertà che, se compresa, determina il rispetto e il perseguimento del bene più alto da raggiungere nella polis, nella società civile, che è la pace.

Estirpare la mala erba dell’egoismo, della disonestà, è dato assai arduo da perseguire, se c’è poi una manifesta volontà a pretendere di far sopravvalere l’ego al noi, ancora più arduo è il monte da scalare. Si dimentica però che l’esistere dell’essere umano ha un termine, nessuno ha il dono dell’eternità di vita, fatta salva l’anima, si rischia, però, di dannarsi all'eternità del male.

Fu donata la Legge dell’amore dal Padre ai figli, affinché non avessero rigide regole ma consapevolezza che essere umani significa avere il dono prezioso dell’intelligenza e della volontà, quest’ultima che segue la prima, e che, nella dimensione della relazione sociale, avessero, i figli, consapevolezza e conoscenza responsabile della libertà di scegliere, come anche l’amore verso i propri fratelli, la fratellanza oggi del tutto assente, magari portandoli a fare dei passi indietro, di rendersi umili, riconoscendosi supponenti primigeni.

Illuminò il Padre, verso un senso profondo di epicheia, con un decalogo sano e lungimirante:
1.    Non avrai altro Dio fuori di me.
2.    Non nominare il nome di Dio invano.
3.    Ricordati di santificare le feste.
4.    Onora il Padre e la Madre.
5.    Non uccidere.
6.    Non commettere atti impuri.
7.    Non rubare.
8.    Non dire falsa testimonianza.
9.    Non desiderare la donna d'altri.
10.  Non desiderare la roba d'altri.

Quanto nobile è il Padre che ama i figli, quanto meschino sa essere il figlio che, indifferente, persegue la negazione dell’Alto insegnamento, pensando di farla franca, credendo di saperne di più, tuttavia si ritrova miseramente stolto.
Con uno sguardo alla società civile, al modo di gestire la polis, di amministrarla laicamente, civilmente, ci rendiamo immediatamente conto che, parafrasando i dieci comandamenti, basterebbe raccomandare all'amministratore della cosa pubblica di seguire il decalogo del politico:

       1.     Non dissipare, piuttosto avere il massimo rispetto per il dono della rappresentanza di cui si è                   investiti e di cui si deve rispondere; rispettare la sovranità popolare, i tempi dell’umano                             vivere nella cultura e sua tradizione.
2.   Non avere il dio ego/&danaro come proprio referente.
3.   Rispettare la vita, dono naturale indisponibile.
4.   Rispettare i propri genitori, padre e madre, testimoni naturali di fecondità.
5.   Non consociarsi al male, mai colludersi con esso diventando così sporchi e commettendo       nefandezze indicibili, le conseguenze sono sempre di coloro che non si possono difendere e che molte volte lasciano il sangue a gridare l’ingiustizia.
6.   Non rubare, guadagnarsi il proprio compenso dopo aver lavorato veramente e dato frutto al  lavoro.
7.   Non mentire, non c’è modo più baldanzoso per alimentare il male e mancare di rispetto al   prossimo se non raccontando bugie, illudendo, promettendo, adulando, ingannando, mai   essere qualunquisti o trascinarsi secondo il ‘vento potere’ che tira.
8.   Ambire alla verità dei fatti, dire e ricercare sempre la verità che mai inganna e che solo      nobilita l’umano in purezza e trasparenza.
9.    Rispettare il prossimo e la sua Famiglia, l’invidia, il desiderio della carne, di ciò che non è       proprio e non ci appartiene, deprime e fa permanere l’esistenza nella povertà del vizio.
10.  Rispettare il prossimo e i suoi averi, essere felici del bene dell’altro, il desiderio delle cose,     la bramosia, è pernicioso vizio dell’egoismo che mai sazio finisce per morire nella propria       deleteria ambizione: l’avere il nulla!

È alto e profondo il senso della libertà che scaturisce dal decalogo del politico, quella libertà che esprime in verità il senso sano del fare, agire, costruire per il bene comune, precetto di fratellanza compiuto dentro a un fremito di coscienza!

[Foto: Eugène Delacroix -La l iberté guidant le peuple]

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