venerdì 18 maggio 2012

Salus animarum: amore sconfinato



Nella Lettera a Diogneto, (6), leggiamo: “Ciò che l’anima è nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo”. A questo si annette, in supporto, quanto il Codice di diritto canonico, can. 1752 sancisce: “La salvezza delle anime deve essere sempre nella Chiesa la legge suprema”. La salus animarum abbraccia l’intero Corpo, l’intero Popolo di Dio e chiama ogni membro dello stesso a prestare cura e attenzione alla salute e salvezza di ciascuna anima, amore sconfinato cui ogni tensione deve propendere.

Papa Benedetto XVI ha interpretato nell’inappagabile bisogno umano “dell’amore”, l'indole di gratuità tipica di ogni gesto e ufficio che promana dalla Chiesa: “Il ‘comandamento’ dell’amore diventa possibile poiché non è soltanto esigenza: l’amore può essere ‘comandato’ perché prima è donato” (Deus Caritas Est, 14). La testimonianza della verità, contempla il massimo esercizio dell’amore perché s’identifica con il cuore pulsante dell'azione salvifica per eccellenza di Gesù: è esperienza liberante dalla decadenza del peccato e di rinascita spirituale nella Grazia.

Dall'indole sociale dell'uomo appare evidente come il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa, sono tra loro interdipendenti (GS 25). Il rispetto della persona, della salus animarum, non è solamente un portato del Vangelo, ma anche un portato della virtù cardinale della giustizia. Come modo di relazione intersoggettiva, il diritto si struttura come specifica risposta alle esigenze, ontologicamente oggettivabili, della coesistenza. Ci ricorda Tommaso d’Aquino: “La verità si connette con la giustizia, ed è anzi unapars iustitiae” (Sum. Theol., II-II, q. 109, a. 3). Ognuno ha verso gli altri l’obbligo di essere veritiero, e ciò anche perché senza il reciproco credito, sarebbe tolta la possibilità della convivenza imposta all’uomo dalla sua natura sociale. Tutta la vita in comune è cooperazione per cui, sostiene l’Aquinate: “Tra gli uomini non potrebbe mantenersi la società, se uno non aiutasse l’altro” (S.C.G., Liber III, c. 131). E’ impegno della creatura umana approfittare dei propri talenti, ci insegna Caterina da Siena che, sublimando tutto, sublima l’azione come proiezione attiva della volontà. Ciascuno, possiede i talenti che riceve e di quelli risponde, e non d’altro, con la conseguenza che non vi è un metro di perfezione uguale per tutti, ma, anzi, ciascuno ha il proprio “tutto” massimo raggiungibile nel concreto della condizione umana specifica in cui si trova.

In questo contesto il criterio di responsabilità, di riflesso, fa capo alla coscienza della persona. Ogni uomo indagandosi scopre una legge interiore che non è lui a darsi, ma alla stessa deve obbedire. Tuttavia, essendo l'uomo essenzialmente un “animale politico”, così come definito da Aristotele, la dedizione per il prossimo non deve essere solo inclinazione sentimentale, bensì anche un servizio semplice di “amore” politico rivolto all'intera comunità. E' da tenere presente che il cristianesimo non lascia che la salvezza si compia solo nell'ambito esplicitamente religioso, bensì in tutte le dimensioni dell'esistenza umana, quindi anche là dove l'uomo non interpreta le sue azioni attraverso la riflessione religiosa, ma ama con responsabilità assoluta e serve l'uomo in modo disinteressato. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: “Obbedire ad essa è la dignità stessa dell'uomo e, secondo questa, egli sarà giudicato” (Rom 2, 14-16).
           
Nella Gaudium et Spes, si ricorda come nella fedeltà alla coscienza, e dunque all’amore sconfinato, i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere, secondo verità, tanti problemi morali che sorgono tanto nella vita dei singoli, quanto in quella sociale e politica. Quanto più, dunque, prevale una coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio, al fine di trovare un senso nel proprio esercizio attivo nell'ordine pubblico. Giorgio La Pira, personalità politica del campo cattolico che meglio ha saputo incarnare i valori evangelici nel proprio impegno politico concreto, laddove quei valori venivano e vengono troppo spesso sbrigativamente compresi nella sfera delle scelte private e personali, in una lettera a Pio XII del 25 maggio1958, scriveva: “La politica è l’attività religiosa più alta, dopo quella dell’unione con Dio: perché è la guida dei popoli ... una responsabilità immensa, un severissimo e durissimo impegno che si assume ... La politica è guidata non dal basso, ma dall’alto: nasce da una virtù di Dio e si alimenta di essa: altrimenti fallisce, cade, come cade e rovina la casa costruita sulla sabbia”. 

Quale altro metro abbiamo per rendere più umana e amorevole la società civile di ogni tempo se non la profonda bellezza misterica della “Parola”, la consapevolezza della salus animarum nell’amore sconfinato, nell’actio immanens? La comprensione di ciò, fonte di progresso e di dinamismo della vita individuale e sociale, sollecita e svela l’attuazione di una condizione effettivamente umana, emblema dell’amore immenso, follia degli arditi pensatori che da sempre hanno avuto la comprensione che l’Amore smuove le coscienze, animandole di umanità e azione. Una società esanime non è una società, piuttosto la non vita, negazione del motore che tutto muove. E, con la Lettera a Diogneto, (7), assumiamo: “La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita”.


[Foto: A. Kauffmann,  Amore e Psiche]

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