Ancora oggi, San Benedetto fruttifica sia nel suo operato dell’istituzione monastica, sia attraverso l’attualità del suo messaggio. Prodigiosa la scritta che accoglie il visitatore che sale sino allo Speco di Subiaco: “Nonnisi in obscura sidera nocte micant” - “Le stelle brillano di più, quanto più fonda è la notte “. Quanto più profonda è la ‘decadenza’, quanto più imprevedibili gli sbocchi, tanto più ricchi di luce le lezioni e le opere.
Pio XII, nell'Omelia del 18 settembre 1947, (Cf. AAS XXXIX (1947), 453), definì san Benedetto il Padre dell’Europa, Pater Europae. “Mentre l’Impero romano - disse -, corroso dalla vecchiaia e dai vizi andava in rovina e i barbari ne invadevano le province, Benedetto, chiamato l’ultimo dei grandi romani, unendo insieme la romanità e il Vangelo, vi attinse la forza che contribuì moltissimo ad unire i popoli dell’Europa sotto il vessillo auspicale di Cristo e a formare la cristianità”.
Paolo VI, riprendendo e sviluppando il pensiero di Pio XII, il 24 ottobre 1964 proclamò san Benedetto Patrono d’Europa: “Egli con il suo lavoro personale e con l’opera dei suoi figli aveva portato la civiltà cristiana dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall'Irlanda alla Polonia, con la croce, con il libro e con l’aratro”. (Cf. AAS LVI (1964), 965).
Giovanni Paolo II, nell'Omelia del 1° gennaio 1980, (Cf. Oss. Rom., 2-3 genn. 1980), sottolineò l’importanza di lasciarsi illuminare da un astro di prima grandezza, quale è S. Benedetto, per rileggere e interpretare, alla sua luce, il mondo contemporaneo.
L’originalità della istituzione benedettina, come l’essenza del messaggio di san Benedetto, trova sorgiva nella sintesi tra fede, cultura e lavoro: l’innesto tra croce, libro e aratro, dimora l’idea stessa e lo sviluppo dell’Europa.
Dal Prologo della Regola di San Benedetto:
Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore […] Alziamoci una buona volta, dietro l’incitamento della Scrittura che esclama: È ora di scuotersi dal sonno! [...] Chi cammina senza macchia e opera la giustizia; chi pronuncia la verità in cuor suo, e non ha tramato inganni con la sua lingua; chi non ha recato danni al prossimo, né ha accolto l’ingiuria lanciata contro di lui; chi ha sgominato il diavolo, che malignamente cercava di sedurlo con le sue suggestioni, respingendolo dall'intimo del proprio cuore e ha impugnato coraggiosamente le sue insinuazioni per spezzarle su Cristo al loro primo sorgere; gli uomini timorati di Dio, che non si insuperbiscono per la propria buona condotta e, pensando invece che quanto di bene c'è in essi non è opera loro, ma di Dio, lo esaltano proclamando col profeta: Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria! Come fece l’apostolo Paolo, che non si attribuì alcun merito della sua predicazione, ma disse: Per grazia di Dio sono quel che sono, e ancora: Chi vuole gloriarsi, si glori nel Signore. [...] Parlare ed insegnare spetta al maestro, tacere ed ascoltare si addice al discepolo.
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